Rivista "IBC" XXI, 2013, 3

musei e beni culturali / linguaggi, pubblicazioni

G. A. Morini,  Vocabolario faentino e italiano, a cura di G. Bellosi, Ravenna, Libreria Antiquaria Tonini, 2013.
In faentino si dice così

Ivan Orsini
[IBC]

Secondo il comune sentire, i dizionari custodiscono un sapere nominale, enciclopedico, decontestualizzato. Andrebbero compulsati solo all'occorrenza, alla ricerca del significato di parole "oscure", e poi subito richiusi per proseguire la "vera" lettura: un romanzo, una poesia o altro. Vi sono però casi in cui si impone l'eccezione, viene accantonata la scelta consueta, e si finisce per seguire, inaspettatamente, un nuovo sentiero. Se ne può fare la prova con ilVocabolario faentino e italiano di Giorgio Antonio Morini, ripubblicato a cura di Giuseppe Bellosi, dalla Libreria Antiquaria Tonini di Ravenna.

Se si comincia a leggerlo "per filo e per segno", gli occhi si appassionano ai singoli lemmi, si scoprono a soffermarvisi sopra e li ponderano, come se fossero sospesi sul fondo paglierino della carta, che, insieme ai caratteri tipografici e alla copertina rigida elegantemente screziata, contribuisce a un'accurata riproduzione del manoscritto risalente alla prima metà dell'Ottocento. La scelta delle parole e l'impaginazione del testo - impostata su due colonne (quella di sinistra per il dialetto, quella di destra per l'italiano) con le righe opportunamente discostate le une dalle altre per invogliare alla lettura - consigliano di rallentare la corsa dello sguardo.

I termini faentini sono proposti senza particolari accorgimenti grafici funzionali alla restituzione del corpo fonetico della parola, e questo agevola molto l'immediata comprensione. Sintetiche note esplicative, racchiuse tra parentesi, spesso indirizzano al campo tematico in cui va ricompreso il termine. Paradossalmente sembra che la vera sorpresa di quest'opera provenga non tanto dalle forme vernacolari, quanto piuttosto dalle parole italiane che Morini selezionò per renderle comprensibili. La lingua italiana maneggiata dal compilatore faentino era quella a lui coeva; tuttavia, egli ha svolto un notevole lavoro di scavo e ricerca tra i vocaboli, nel loro precario rapporto con i corrispettivi dialettali, un lavoro che merita di essere ricordato.

In molti casi alcuni termini italiani adoperati da Morini sono classificati come desueti da un moderno dizionario. Altre volte vi mancano del tutto (per esempio, "ranniere" per il faentinobugadur, oppure "anguillare" per lazzara [delle viti]). Oppure, su di una stessa riga, si trovano due termini o espressioni, entrambi italiani: per esempio, "dolare gli alberi" e "asciarli", benché in tal caso (ma si tratta di supposizione nostra) "dolare" possa essere l'italianizzazione del faentino dulê.

Il parroco e professore Morini, inoltre, nel momento in cui cita un lemma dialettale presente anche in italiano, riporta nella seconda colonna la sigla "b.d.", ossia "ben detto"; lasciando così intendere una superiorità di fondo della lingua rispetto al vernacolo, il che si sposa con la finalità prima di questo sforzo editoriale del primo Ottocento: l'avvicinamento al toscano letterario dei dialettofoni, che a Faenza, come nel resto della penisola a quel tempo, spesso non avevano dimestichezza con la "lingua della cultura alta". Donde nasce il motivo per cui il vocabolario è diretto solo dal faentino all'italiano e non viceversa.

Per la comprensione di diversi termini italiani occorre quindi, come si può immaginare, un valido dizionario. Questa complicazione costituisce però un surplus qualitativo che impreziosisce l'opera, perché il fuoco dell'attenzione non è univocamente concentrato sul versante dialettale, ma ricomprende quest'ultimo e il versante italiano, invitando così a riconoscere le movenze di un dialogo a due voci, dove ciascuna misura e precisa meglio, grazie all'altra, il proprio perimetro semantico. A titolo esemplificativo, citiamo due coppie di termini: "arzdora, sost. - castalda" e "arlichinada, sost. - zannata".

Un altro elemento da sottolineare, comune a tanti vocabolari orientati dal dialetto all'italiano, è la fortissima componente materica di tutto il lessico vernacolare, che riflette appunto l'esistenza materiale, "terragna" del popolo, preoccupato del quotidiano soddisfacimento dei bisogni elementari e quindi interessato a tutto quanto sia, a vario titolo, coinvolto in questa dinamica. Possiamo definire, pertanto, questo vocabolario come una sapidissima carrellata di immagini di persone, piante, animali, cose e concetti; immagini colte da due angoli prospettici, quello dialettale e quello italiano, "quello della strada e quello del salotto", che consentono letture del reale distinte ma destinate inevitabilmente - e, aggiungiamo noi, fortunatamente - a interagire.


G. A. Morini, Vocabolario faentino e italiano, a cura di G. Bellosi, Ravenna, Libreria Antiquaria Tonini, 2013, 38 pagine di introduzione + 72 carte non numerate e 2 carte di guardia (una iniziale e una finale), 25,00 euro.

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