Rivista "IBC" XX, 2012, 3

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / didattica, itinerari, progetti e realizzazioni

Un museo che dialoga con il territorio può essere una risorsa preziosa, anche per ricucire gli strappi inferti da una catastrofe. Il caso siciliano di Gibellina.
Rialzarsi con la forza delle arti

Mercedes Auteri
[storica dell'arte, collaboratrice del Museo delle trame mediterranee della Fondazione "Orestiadi" di Gibellina (Trapani)]

Messina 1908, Emilia 2012: negli ultimi cento anni, da sud a nord, l'Italia ha rischiato ogni giorno di sfigurare la sua bellezza, fragile. Il paese dell'arte, dove il patrimonio culturale è l'identità di un'intera nazione e di ogni singolo cittadino, dove il genius loci rivive in ogni campanile, torre, pianura, spiaggia, dove non esistono architetture minori ma un immenso paesaggio da tutelare (basterebbe seguire la strada indicata dall'articolo 9 della Costituzione), questo paese è in costante pericolo. In Emilia sono crollati chiese e capannoni, beni spirituali e beni materiali. Qualcuno ha giudicato che fosse più importante risollevare al più presto i secondi ma, come ha detto Salvatore Settis, "non può esistere gerarchia, non c'è una gara tra cultura ed economia, devono andare di pari passo, anche e soprattutto in tempi di crisi".1

Ne ha parlato anche un altro luminare della cultura italiana, Alberto Asor Rosa, spiegando come l'ideologia delle "grandi opere" e la perdurante, ciclopica distruzione del territorio nazionale da parte della speculazione immobiliare - le "grandi opere" sono inutili, costose, altamente remunerative solo per alcuni e soprattutto altamente distruttive - poggia su un gigantesco ricatto: per lavorare bisogna fare danno, alla salute, all'ambiente, al territorio e alla fine anche all'economia, rischiando moltissimo.2

A un'educazione civica e civile che insegni a tutelare, rispettare, valorizzare l'ambiente, i beni comuni, il patrimonio, e in questo modo noi stessi, oggi vengono chiamati anche i musei. Con questa intenzione il 7 ottobre 2012 gli storici dell'arte italiani si incontreranno all'Aquila, in Abruzzo. Hanno scelto questo luogo perché molti di loro hanno visto nell'abbandono del centro monumentale della città, devastato dal terremoto, uno dei luoghi in cui la Repubblica italiana ha tradito sé stessa, rinunciando radicalmente a "tutelare il patrimonio storico e artistico della nazione" (articolo 9 della Costituzione). Lo stato terribile della città, divisa tra monumenti annullati e new towns di cemento, è una metafora perfetta di un paese che affianca all'inarrestabile stupro edilizio del territorio la distruzione, l'alienazione, la banalizzazione del patrimonio storico monumentale, condannando così all'abbrutimento morale e civile le prossime generazioni. Gli storici dell'arte provano a dire con forza che è giunto il momento di ricostruire, restaurare e restituire alla vita quotidiana dei cittadini il centro dell'Aquila; ricostruire il tessuto civile della nazione; ricostruire il ruolo della storia dell'arte come strumento di formazione alla cittadinanza e non come "alienante ancella dell'industria dell'intrattenimento culturale".3

A L'Aquila saranno presenti testimonianze dai luoghi dell'Emilia colpiti dal recente sisma e i lavori verranno aperti con la visita al centro storico, ai monumenti rimasti, alla piazza del duomo, al teatro, ai musei. I musei, appunto. Luoghi dell'apprendimento informale (cogliendo questa definizione non nell'accezione che la differenzia dai luoghi di apprendimento formale, come scuola o università, ma nel senso che l'informalità è una dimensione in cui ci si può sentire più liberi, fuori dal canonico, dall'ordinario, dal prestabilito), i musei parlano a una società bisognosa di stimoli culturali, della propria storia, che nelle opere d'arte può riconoscere lo specchio di molte sue ambiguità, e trovarvi sollecitazioni trasversali che riguardano tutti, nessuno escluso.

Oggi - dopo avere avuto l'importante sostegno della pedagogia, della psicologia, della psichiatria e di molti studiosi che hanno visto nel rapporto tra arte e individuo la possibilità di rielaborazione di sé, delle proprie esperienze, dei propri traumi - i musei incontrano anche i consensi della neuroscienza cognitiva. Così i servizi educativi diventano un banco di prova per la sperimentazione e alcuni progetti pilota, già da qualche anno, monitorizzano i benefici sul cervello derivanti dall'esperienza del museo da parte di pubblici differenti (bambini, adolescenti, adulti, studenti, professionisti, visitatori diversamente abili, malati con particolari patologie, anziani affetti da demenza).4

Proprio nelle zone colpite da calamità naturali, i musei possono rivelarsi fondamentali: come simboli identitari del territorio nella ricostruzione post-terremoto, come luoghi in cui rielaborare il tempo individuale e il trauma collettivo, come promotori di rapporti significanti, di coesione sociale, di educazione culturale.


Nell'estate del 1977, mentre nel resto della penisola cadevano i morti del terrorismo e si preparavano le bombe delle stragi, anche in Sicilia il tempo era greve. Ma, proprio in quei mesi, nasceva il Candido di Leonardo Sciascia e sorgeva la nuova Gibellina, più di dieci anni dopo il sisma che l'aveva completamente distrutta. Nel settembre di quell'anno le prime cento famiglie dalle baracche si trasferivano nelle case vere, Pietro Consagra lavorava alle sue Porte e Candido, mentre dormiva, parlava con i fantasmi:


"Propriamente parlò; e, come sdoppiato, ascoltandosi. Era come un delirio: ma si poteva assomigliare, visivamente, a quelle rovine di antiche costruzioni di cui nessun pezzo manca, solo che bisogna uno a uno alzarli e giustapporli. Compito cui siamo scarsamente adatti, non amando nessuna specie di rovine. [...] Possiamo dire solo questo: che dai frammenti che Candido raccontò e si raccontò, restava un senso di gioia, di felicità che quella fine non riusciva a turbare e intorbidare. Soltanto i fatti contano, soltanto i fatti debbono contare. Noi siamo quel che facciamo. Le intenzioni, specialmente se buone, e i rimorsi, specialmente se giusti, ognuno, dentro di sé, può giocarseli come vuole, fino alla disintegrazione, alla follia. Ma un fatto è un fatto: non ha contraddizioni, non ha ambiguità, non contiene il diverso e il contrario".5


Furono tanti i rimorsi, le colpe, i dubbi nella ricostruzione di Gibellina Nuova, a più di quindici chilometri di distanza dalla vecchia, secondo direttive piovute dall'alto e con estremo ritardo da un governo che a Gibellina non aveva mai messo piede e per mano degli artisti chiamati dall'allora sindaco Ludovico Corrao. Un fatto però è, oggi, l'enorme patrimonio artistico che riempie quelle terre e, anche, il forte legame che hanno gli abitanti con alcune (anche se solo alcune) opere presenti nella loro città, come la Porta del Belìce (la Stella in acciaio inox, alta ventotto metri, finita di costruire da Pietro Consagra nel 1981). Seguire la Stella è anche seguire il pensiero che il suo autore legava alla terra, alla vita, al carattere che


" è un diritto umano a non subire le sopraffazioni, è il patrimonio della propria esistenza, la possibilità di scegliere e reagire con una propria coscienza che proviene dai contatti umani, dagli oggetti vicini e sognati, dall'avversità e dagli amori, dai propri sensi, dagli odori e dal tatto, dalla memoria dove si attacca, dall'attenzione dove si posa, dalle voglie, dai desideri che si rinnovano, dal cervello che fantastica, dalla sofferenza e dall'accondiscendenza, dai genitori e dai fratelli, dagli amici, dai vicini di casa, dai parenti, dalle letture, dalle identificazioni, dal piacere e dal dolore, dal modo di sederti su un gradino, dal modo di correre e saltare, da quello che ti piace guardare a quello che ti piace fare".6


Seguendo questo insegnamento, a quaranta anni dal terremoto del Belìce e a cento dal terremoto di Messina, con l'Istituto magistrale "Ainis" di Messina è stato pensato un progetto che i docenti hanno intitolato "Rinascere dalla cenere" e che prevedeva la visita, in chiave multidisciplinare, di diverse città di ricostruzione post-terremoto di differenti epoche: Pompei, Catania, Messina, Gibellina.7

Il percorso gibellinese è stato studiato seguendo alcune opere simbolo della ricostruzione della città e raccontando di volta in volta:

· "Quello che non c'è più": il vecchio paese oggi interamente ricoperto dal Grande Cretto di Burri;

· "Quello che resta": l'ottocentesco Baglio di Stefano (sede della Fondazione 'Orestiadi' che ospita la più importante e storica collezione d'arte contemporanea dell'isola e il Museo delle trame mediterranee) affiancato dalla Montagna di Sale di Paladino;

· "Quello che potrebbe esserci": la sinergia tra arti e mestieri (infopoints turistici, negozi d'artigianato locale, prodotti tipici belicini) dentro le botteghe, oggi vuote, che costellano il Sistema delle piazze di Purini e Thermes.

Il compito della ricostruzione è dunque anche culturale e a questo ha fortemente contribuito il museo della Fondazione "Orestiadi" di Gibellina. La Montagna che lo affianca fu realizzata come scenografia teatrale per le Orestiadi del 1990 da Mimmo Paladino, uno dei più noti esponenti della Transavanguardia. Il movimento, teorizzato alla fine degli anni Settanta del Novecento da Achille Bonito Oliva (da diversi anni consulente del Museo delle trame mediterranee), elencava tra gli aspetti salienti dell'attività creativa alcune finalità che sono, anche, le stesse perseguite dalla Fondazione: la valorizzazione del genius loci, delle radici locali e popolari; la volontà di liberarsi da qualsiasi norma di potere dominante; il nomadismo degli artisti e la commistione dei linguaggi; la predisposizione verso fenomeni marginali e inattesi ma, anche, nei confronti del recupero di un artigianato pittorico, di tecniche e simbologie iconografiche antiche.

Posta a Gibellina, la montagna che si sgretola evoca la terra che ha tremato travolgendo e, insieme, invoca la forza di risollevarsi dalla catastrofe; mostra la capacità che ha l'arte di conservare (come il sale, appunto) e continuare allo stesso tempo. En plein air, con altre opere di Consagra, Cucchi, Leto, Romano, Briggs, Taravella, Legnaghi, Cuschera, Canzoneri, Jacober, Long, La Montagna fa della Fondazione un'installazione totale, capace di rivelare al visitatore uno spazio composito e unico, che induce a una nuova organizzazione degli stati d'animo individuali, delle memorie collettive, delle considerazioni sull'arte. Esempi come questo mostrano come i musei possano contribuire a creare l'identità di un luogo.8

Con lo stesso obiettivo è stato promosso un progetto che ha curato la formazione della comunità locale, rivolto a giovani laureandi o laureati in discipline storico-artistiche, abitanti nella Valle del Belìce. A essi la Fondazione "Orestiadi" di Gibellina ha offerto tre cicli da tre giorni ciascuno, di studio, teorico e pratico, di educazione e comunicazione del patrimonio. I laboratori si sono svolti presso: gli spazi del Baglio di Stefano; le strade e le piazze dove sono collocate le opere en plein air della città; alcuni siti rilevanti delle città limitrofe, in sinergia con la neonata rete dei musei belicini; l'Istituto comprensivo "Papa Giovanni XXIII", unica scuola presente nel territorio di Gibellina.

L'intento del workshop è stato quello di continuare a formare all'arte quei giovani che sono cresciuti ispirati proprio dall'arte di questi luoghi, nel tentativo di superare il trauma del terremoto e gli anni difficili della ricostruzione che avevano sconvolto la precedente generazione, cercando nuovi legami con la comunità locale, risorsa indispensabile per un museo che intende essere un presidio attivo del territorio a cui appartiene. Si è cercato, così, di rinnovare l'ideale con cui Gibellina, grazie alla guida di Corrao, era stata pensata dai più importanti artisti del panorama internazionale della seconda metà del Novecento. Artisti chiamati a collaborare con gli abitanti della città, che, in occasione dei festival teatrali delle Orestiadi e della costruzione delle opere, diventavano attori, comparse, artigiani.

Il risultato delle tre edizioni è stata la selezione di tre giovani del posto, poi coinvolti e remunerati, che collaborano con la Fondazione nella realizzazione di visite guidate e laboratori per le scuole, e seguono le attività di segreteria organizzativa e promozione dell'attività educativa e della rete dei musei belicini. I giovani hanno anche instaurato proficui rapporti con l'Istituto comprensivo, che ha aderito interamente, dalla prima elementare alla terza media, all'offerta proposta dalla Fondazione, permettendo a tutti i bambini di Gibellina di visitare consapevolmente, e con un adeguato accompagnamento, il patrimonio pubblico di questa città di cui per tanti anni erano stati eredi spesso inconsapevoli.9

I percorsi guidati sono stati strutturati in modo da evocare la storia del luogo, la sua vocazione agricola prima e dopo il terremoto (i vigneti antistanti il museo e il Granaio), la sua ricostruzione attraverso l'arte (le opere en plein air e la Casa baronale), le sue potenzialità. I primi tre laboratori realizzati, legati alle opere di arte applicata presenti nel museo, sono stati ispirati ai tessuti, alle ceramiche e ai gioielli, con l'obiettivo di riportare valore alle mani, all'artigianato, a quelle arti (erroneamente considerate minori) che rappresentano un altro grande patrimonio per la comunità. Per ricordare, insieme alla Stella di Consagra, che la rinascita in nome dell'arte, della cultura, della bellezza, è stata ed è "aiuto a stare al mondo".


Note

(1) M. Auteri, Il terremoto secondo Salvatore Settis, "Artribune", 19 giugno 2012, www.artribune.com/2012/06/il-terremoto-secondo-salvatore-settis.

(2) A. Asor Rosa, Operai e padroni, strana alleanza, "Il Manifesto", 28 luglio 2012, pp. 1,15.

(3) www.italianostra.org/?p=23690.

(4) M. Auteri, Museoterapia, arte e mente. Come i musei migliorano la vita, "BTA. Bollettino Telematico dell'Arte", 9 gennaio 2011, www.bta.it/txt/a0/05/bta00580-bis.html.

(5) L. Sciascia, Candido. ovvero Un sogno fatto in Sicilia, in Id., Opere. 1971-1983, a cura di C. Ambroise, Milano, Bompiani, 2001, pp. 430-431.

(6) P. Consagra, Vita mia, Milano, Feltrinelli, 1980, p. 80.

(7) Il progetto ha coinvolto: la Fondazione "Horcynus Orca" di Messina; il Comitato "Alluvionati di Giampilieri Superiore"; la Protezione civile di Messina; l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia - sedi di Napoli e Catania; la Soprintendenza speciale per i beni e le attività culturali di Napoli e Pompei; l'Università di Siena; la scrittrice e collezionista Giovanna Giordano; la Fondazione "Puglisi Cosentino" di Catania; il Museo civico, il Museo "Belice epicentro della memoria viva" e la Fondazione "Orestiadi" di Gibellina.

(8) M. Auteri, Il Museo luogo geografico e luogo dell'anima, "Ricerche", 12, 2008, 2, p. 23.

(9) M. Auteri, L'alto e altro valore dell'arte: sui "valori" del patrimonio culturale con tre esempi virtuosi dal profondo sud, "BTA. Bollettino Telematico dell'Arte", 29 maggio 2011, www.bta.it/txt/a0/06/bta00606.html.

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