Rivista "IBC" XX, 2012, 2
musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni, storie e personaggi
"C'è anzitutto una sorta di attenzione impietosa, di ricerca sottile che penetra tra le fibre di un soggetto, ne mette in luce le zone, per pudore o ipocrisia, nascoste, e rasenta a volte la crudeltà, o sarebbe meglio dire la crudezza, senza mai però arrivare, ed è quel che conta, a un giudizio [...]. E del resto le nature morte del 1965 non sono ridotte, con crudele violenza, alle loro spoglie più misere, non palpitano talvolta come ferite o restano schiacciate da una combustione? Ecco, proprio in queste nature morte è all'opera l'altra qualità psicologica di Mattioli, qualità della sua azione, del suo metodo, del suo modo di creare l'immagine. È il modo della spoliazione, una necessità di semplificare, di ridurre, di 'impoverire', di cercare così le essenze delle cose".
Così scrive Roberto Tassi (Carlo Mattioli. La terra e l'ombra, Bergamo, Moretti & Vitali Editori, 1996, pp. 23-24). Ed è proprio la ricerca dell'essenza il punto d'incontro tra le nature morte di Carlo Mattioli e di Giorgio Morandi, il cardine del chiasmo tra i due artisti - così lontani, così vicini - posti a confronto nella mostra allestita al Museo Morandi di Bologna, "Carlo Mattioli. Nature morte" (10 febbraio - 6 maggio 2012).
A metà degli anni Sessanta del secolo scorso, il pittore modenese, ma parmense d'adozione, sostituiva al nudo gli studi sulla natura morta, confrontandosi, anche, con l'archetipo caravaggesco della Canestra ambrosiana. "Anti/Morandi per definizione" (Cesare Garboli), le affinità elettive dell'espressione figurativa di Mattioli, in quegli anni, vanno ricercate negli esponenti dell'informel francese, come indica in catalogo Simona Tosini Pizzetti. L'esposizione da ella curata ha rilevato le differenze della prassi artistica dei due emiliani, i quali, sullo stesso tema dello still life, sviluppano esiti formali e compositivi discordanti, ma che giungono ad analogie poetiche risultanti dalla medesima ricerca sull'essenza delle cose, una riflessione del proprio io più profondo e della propria spiritualità attraverso la rappresentazione pittorica.
La metamorfosi della forma, dallo stato organico a quello inorganico, attraverso un processo di astrazione morfologica e concettuale del dato di natura, connota questo periodo di Mattioli; periodo in cui, da un'esplicita narrazione degli oggetti e della natura, il suo discorso si fa sempre più enunciato nella rinuncia alla descrittività per valori formali di sintesi, che facciano emergere dalla materia, intesa come "involucro" delle cose, il nucleo, la sostanza essenziale di esse, con una pittura drammatica, pastosa e graffiata, dai toni cupi, che sfiora gli esiti di Nicolas De Staël e Jean Fautrier.
Nel catalogo, un potente saggio di ekphrasis di Marco Vallora arricchisce la letteratura artistica di Mattioli e Morandi, scandendone le differenze e avvicinandoli ut pictura poësis; e l'interessante volume bilingue si conclude con gli accurati apparati e la biografia a cura di Anna Zaniboni Mattioli.
Carlo Mattioli. Nature morte, a cura di S. Tosini Pizzetti, Cinisello Balsamo (Milano), Silvana Editoriale, 2012, 96 pagine, 22,00 euro.
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