Rivista "IBC" XX, 2012, 2

musei e beni culturali / pubblicazioni, storie e personaggi

"La Mùsola... e viandare", XLVI, 2011, 88.
Passeggiando con l'avvocato

Ivan Orsini
[IBC]

Il "Rugletto" (italianizzazione di parola dialettale che significa un circolo, un crocchio di persone che parlano tra loro) "dei Belvederiani" (ossia degli abitanti del Belvedere, terra dell'Appennino tosco-emiliano) è, come recita l'omonimo sito web, "un'associazione culturale senza scopi di lucro costituita a Lizzano in Belvedere (Bologna) il 7 maggio 1967 da 27 soci fondatori; promotore dell'iniziativa fu l'avvocato Giorgio Filippi, di Lizzano, che ha ricoperto l'incarico di Massaro dal maggio 1967 fino al novembre 2001" (www.rugletto.it). Fin dal principio, Filippi promosse la conoscenza del suo territorio attraverso il periodico "La Mùsola... e viandare", che nel decennale della scomparsa ha voluto tributargli un omaggio commosso e doveroso con il numero speciale 88, uscito nel novembre del 2011.

Nel volume, una selezione degli articoli di Filippi giudicati più significativi si accompagna a una serie di testi commemorativi dell'uomo e dello studioso, firmati da autorevoli esponenti del mondo della cultura, accademici e non: spiccano su tutti i nomi di Ezio Raimondi e Andrea Emiliani. Come dicevamo, Giorgio Filippi fu, oltre che avvocato, studioso dei luoghi e della comunità in cui nacque, e narratore, nelle forme della parola scritta e della fotografia, delle "scoperte" e delle esperienze vissute. L'area di Lizzano in Belvedere e dei comuni limitrofi venne attraversata dai suoi passi e dai suoi interrogativi, e fu arricchita dai suoi incontri con i conterranei come con i "foresti" (questi ultimi individuabili in tutti i non belvederiani: quindi, a mo' di esempio, sia inglesi sia bolognesi). Incontri che si svolgevano presso i protettivi "balchi" (le loggette inserite nel corpo delle abitazioni montanare), presso le case dai caratteristici comignoli tondi o le fontane, o anche vicino ai cognomi di genti ignote incisi sulle pietre sommerse del torrente Dardagna.

Le indagini di Filippi sono altrettante camminate, che lo conducono talora a ricognizioni solitarie di luoghi, teatri di sanguinose battaglie in cui fu protagonista l'esercito romano, talora a colloqui con personaggi bizzarri e intrigantissimi: basti pensare al mondo stralunato e chiuso in sé stesso dell'anziana Palmina, governato da ferrei ritualismi religiosi, oppure a quello di Armido di Soliva, a suo agio tra l'orizzonte nativo di Lizzano e quello scelto per la vita in Etiopia, dove, anche per le esigenze dettate dal suo ruolo di prete missionario, ha potuto esercitare e approfondire la padronanza di numerose lingue, semitiche e cuscitiche. Nell'arco di più di trent'anni di attività "etnografica" volontaristica, l'avvocato cercò con questo lembo di Appennino un dialogo che ha portato frutti importantissimi: pagine sospese tra l'attualità e il passato, dove un intelletto assennato interroga - secondo le cadenze di una comprensione partecipe e, perciò, affettuosa - una pluralità di vissuti e di testimonianze, e da ogni voce ottiene una nuova tessera per il mosaico che va componendo, una chiave interpretativa del quotidiano, talora così opaco.

Il paesaggio locale, umano e naturalistico, appare agli occhi di Giorgio Filippi come uno scrigno prezioso, benché spesso trascurato, dentro cui vale la pena, anzi rappresenta un dovere verso sé stessi e la collettività, muoversi alla ricerca di segni, di tracce preziose perché utili a illuminare le persone, le cose e i fatti del presente, ma anche quelli del passato e addirittura del futuro.


"La Mùsola... e viandare", XLVI, 2011, 88.

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