Rivista "IBC" XX, 2012, 1
Dossier: Quattro passi fra le carte - Itinerari attraverso il mondo di Alessandro Blasetti
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Non ricordo dove ho letto che "il futuro non è più quello di una volta". Non ho potuto resistere alla tentazione di prendere spunto da questa frase per fare qualche riflessione sulla trasmissione sulla fantascienza che Alessandro Blasetti, con tanta eleganza e senso dell'umorismo, ha realizzato per la RAI nel 1979. In questo caso, invece, nella trasmissione, il futuro è, se così si può dire, quello di una volta. Nel senso che da un lato, oggi, qui, restituisce a noi spettatori un immaginario di possibili futuri rielaborato secondo il gusto e gli obiettivi didattico-culturali della televisione italiana della fine degli anni Settanta. Dall'altro, la trasmissione ci propone una selezione di racconti sulla necessità dell'uomo di spingersi oltre i limiti della sua conoscenza, selezione tratta dalla letteratura di fantascienza prodotta tra gli anni Cinquanta e Sessanta, per lo più di area anglofona: George Orwell, Aldous Huxley, Isaac Asimov, Herbert George Wells, Ray Bradbury per citare alcuni degli autori più conosciuti.
Il punto di partenza è, per Blasetti, un'antologia curata da Sergio Solmi e Carlo Fruttero, Le meraviglie del possibile, pubblicata per la prima volta in Italia da Einaudi nel 1959. Carlo Fruttero, infatti, e l'inseparabile Franco Lucentini, sono tra i primi scrittori italiani che si interessano alla letteratura di fantascienza trattandola come un genere di tutto rispetto e facendola conoscere al pubblico nostrano attraverso un impeccabile lavoro di selezione e traduzione dei testi. Tra la corrispondenza sulle produzioni televisive di Blasetti è conservato un documento di particolare rilievo: è lui stesso che ci lascia le sue considerazioni scritte sulle motivazioni che lo spingono ad accettare questa sfida piuttosto insolita. Il dattiloscritto, riportato integralmente, è del 30 settembre 1974:
"Uno scrittore che ne sa molto più di me a proposito di fantascienza - ed è lui che mi ha deciso con questa sua frase a occuparmi della trasmissione che sto curando - Sergio Solmi, nella sua prefazione al bel libro di Fruttero e Lucentini Le meraviglie del possibile, ha scritto che, nella nostra epoca, quale è venuta formandosi da un centinaio d'anni a questa parte, la fantascienza, grande calamita popolare scaturita nell'ultimo quarto di secolo, è forse la sola che può tornare 'ad aprire all'uomo le porte del meraviglioso'. Le porte del meraviglioso che sono quelle della fantasia, del sogno, anche della poesia; meraviglioso, esigenza umana di sfuggire al dominio del positivismo, del materialismo, della lucida ma arida speculazione razionale. Come la musica e il canto che niente mai impedirà all'animo umano di sgorgare; come del resto l'arte tutta. Studiando la materia, sintomatico mi è subito apparso il fatto che gran parte dei più affermati scrittori di fantascienza siano degli scienziati: astronomi, chimici, fisici nucleari, matematici. Un'aristocrazia di cervelli orientati verso la scienza, affermati nel campo della conoscenza che non si soddisfano nei limiti che la conoscenza impone e che si proiettano, d'istinto, nel campo dell'intuizione cioè appunto della fantasia. Ciò rivela un bisogno, ad alto livello umano, di metafisica, di sovrannaturale cui l'apparenza di giocare alla favola non riesce a fare da paravento. L'uomo sa di essere un atomo addirittura ridicolmente infinitesimale nell'immensità dell'universo; ma sa anche che, per il solo fatto di rendersene conto, il suo pensiero può abbracciare l'universo tutto nello spazio e nel tempo. E da secoli chiede una spiegazione a questi due termini reali e così apertamente contraddittori; e cerca nella fantascienza un appoggio che tanto più spera valido quanto più finge di prenderlo a scherzo. È sempre Solmi che dice: forse l'anima d'oggi insegue la speranza che il silenzio infinito degli spazi, alla fine, si desti e risponda. L'uomo è stanco di sentirsi solo in un universo vuoto".
Grazie alla cospicua documentazione conservata nel fondo (24 fascicoli e 33 volumi tra soggetti, sceneggiature realizzate e non, e liste dialoghi), è stato possibile seguire passo per passo la genesi del programma, le sue alterne vicende produttive, e soprattutto comprendere appieno l'immenso lavoro preparatorio affrontato da Blasetti.
Il 7 dicembre del 1974 il regista invia a Emanuele Milano, della Direzione culturale della RAI, una lettera a cui allega un sostanzioso elenco di romanzi, racconti e film dei quali chiede i diritti, perché intende utilizzare questo materiale per la realizzazione della sua trasmissione. Blasetti non sa ancora che dovranno passare altri quattro anni prima di riuscire a dare corpo alle sue idee. A causa di alterne vicende politiche, che in quel periodo spingono la RAI a un profondo rinnovamento strutturale e dirigenziale (nel 1977, la nomina di Paolo Grassi a direttore generale ne sancisce il nuovo assetto), la produzione è sospesa più volte. Blasetti si trova costretto a ridimensionare a tre puntate il suo progetto, inizialmente articolato in sei, rinunciando a integrare gli sceneggiati e le letture di alcuni testi da parte di Arnoldo Foà con un ricco repertorio di sequenze cinematografiche e con l'intervento di scienziati come Paolo Maffei, Carlo Bernardini e Franco Graziosi.
Tra la documentazione in proposito spicca un dattiloscritto dal titolo "PROMEMORIA PER LA SITUAZIONE BLASETTI - TV" in cui sono sintetizzati i punti salienti dello sfortunato iter toccato a questa produzione. Si evince che, tra il maggio 1974 e il gennaio 1977, le cause del rinvio sono dovute, da un lato, all'impossibilità finanziaria, da parte della RAI, di acquistare i diritti d'autore di molta letteratura fantascientifica e del materiale cinematografico di repertorio; da un altro lato, i motivi della sospensione e del ridimensionamento del progetto sono dovuti alla riforma interna all'azienda, che impone un cambiamento radicale tra gli esponenti della classe dirigente. Il promemoria si conclude con questa dichiarazione che, da una nota manoscritta a margine, sappiamo essere stata sottoposta all'attenzione del neopresidente della RAI, Grassi, il 30 marzo 1977: "Senza alcuna sua deficienza, fatto o colpa: anzi con sua costante comprensione e riduzione dei suoi diritti fiscali, Blasetti corre il rischio di perdere anche questo quarto anno il suo contatto col pubblico con quale grave pregiudizio è superfluo sottolineare."
A 79 anni Blasetti si reinventa, dimostrando una padronanza assoluta del mezzo televisivo che il suo sguardo disincantato trasforma in un potente veicolo divulgativo. La povertà dei mezzi produttivi ha lo straordinario effetto di trasformare gli sceneggiati in deliziosi camei satirici della società contemporanea, in una sorta di "telegiornale fantafilosofico". La messa in scena è essenziale. Niente ricostruzioni di mondi immaginari, né di astronavi intergalattiche, niente marziani, e se ci sono atterrano direttamente nel salotto buono di casa nostra. Nanni Loy, che dà il benvenuto agli alieni infilato in un'improbabile tuta spaziale, sembra il sindaco di un paesino di provincia in occasione della visita del primo ministro. Viene trattato con ironia anche il tema della resurrezione umana a stadi più evoluti, grazie a un Paolo Poli che emerge dall'involucro funebre di una crisalide leggiadro come una farfalla (così lo descrive Bevilacqua sul "Corriere della Sera"). Blasetti - dice Buzzolan sulle pagine della "Stampa" - "offre una fantascienza da camera, raccolta, mediata, ragionata". La fantascienza diventa un ottimo pretesto per riflettere sull'immenso mistero che circonda l'uomo, la sua infinita piccolezza, i suoi limiti di fronte a ciò che non conosce.
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