Rivista "IBC" XVIII, 2010, 4
Dossier: Sono vecchie queste regioni? - Dalla politica di Augusto all'Italia della Costituzione
Il lungo testo inciso sulle pareti del tempio di Ankara dedicato alla dea Roma e ad Augusto, noto come monumentum Ancyranum, riporta l'elenco delle imprese dell'imperatore nella forma in cui questi volle che fossero ricordate dai posteri. Si tratta delle famose Res gestae Divi Augusti: una sorta di testamento politico ed etico che oltre a celebrare le benemerenze dell'imperatore ne lascia trasparire la strategia che adottò nella sua generale riorganizzazione dello Stato romano.
Si trattò allora di un rinnovamento degli assetti politici e insediativi di ampio orizzonte programmatico, attuato attraverso molteplici azioni, tra le quali rientrò anche la riforma amministrativa con la quale, agli inizi del I secolo dopo Cristo, il principe suddivise la penisola in undici regiones. Il termine "regione" venne allora a designare una circoscrizione territoriale e demografica tendenzialmente omogenea e caratterizzata da qualità comuni; un ambito geografico non polarizzato solo sulle principali città, da sempre oggetto di considerazione civile, ma anche sugli ambiti extraurbani, con il loro popolamento minore e rurale, in una visione organica che potremmo definire di sistema.
Tra le varie regiones rientrò dunque anche quella octava che Plinio, nel descrivere la geografia italica, definisce Aemilia, dal nome della via consolare che l'attraversava. La sua estensione, dal crinale appenninico al Po e fino al litorale adriatico, corrispondeva sostanzialmente all'odierna Emilia-Romagna; nel rispetto delle identità locali ne restava esclusa solo una parte dell'Appennino forlivese-cesenate, con i centri di Sassina e Mevaniaola, attribuita alla regio sexta in quanto popolata da genti di origine umbra.
Le premesse che si ponevano alla base del nuovo ordinamento regionale erano del tutto coerenti con la prospettiva politica e sociale elaborata da Augusto, improntata a un pragmatismo che lo induceva a operare concretamente nelle varie realtà territoriali, comprese quelle minori o marginali. Una volta acquisito il potere assoluto, egli si propose di pacificare una nazione che per più generazioni, dai tempi di Mario e Silla fino a quelli di Marco Antonio, aveva subìto gli effetti devastanti di continue crisi politiche e di sanguinose guerre civili. Anche le singole comunità coloniali e municipali dovevano partecipare alla nuova stagione del saeculum aureum; era il tempo di garantire all'Italia pace, stabilità e benessere, facendola crescere attraverso una nuova e più efficace organizzazione delle strutture insediative ed economico-produttive.
In tale scenario si collocava dunque l'Aemilia, regione che può essere considerata tra le più emblematiche come testimone dei positivi effetti della politica augustea. Qui, più che altrove, risultano infatti evidenti gli indirizzi del progetto riformatore e l'entità delle azioni che ne conseguirono, in primo luogo rivolte al riordinamento delle vecchie istituzioni municipali. In tal senso, nella regio octava, l'imperatore rinnovò lo statuto coloniale di Placentia, Parma, Bononia e Ariminum, probabilmente promuovendo anche altre città, tra cui Brixellum.
Oltre che con le ricolonizzazioni, il potenziamento degli ordinamenti civici fu perseguito attraverso altre risoluzioni, ben documentate da alcune lapidi iscritte che confermano come nel panorama politico dell'epoca anche aree "periferiche", quale la Cispadana, assumessero una significativa importanza, suscitando l'interesse personale dello stesso imperatore e delle grandi aristocrazie urbane. Nel caso di Bononia, per esempio, si segnalano le epigrafi in cui Augustus viene ricordato come pater e come parens della città, ad attestare il ruolo di patrono della colonia che egli ricoprì, al pari di quanto Agrippa fece nei riguardi del piccolo municipio di Claterna.
In linea di massima i provvedimenti governativi adottati alle soglie dell'impero a vantaggio delle amministrazioni locali non rivestirono una valenza solo onorifica e formale; al contrario, solitamente essi ebbero concrete ricadute sulla vita delle comunità. Il rinnovamento costituzionale di cui allora godettero numerose città sarà così da valutare non solo nelle sue implicazioni amministrative ma anche in quelle di natura insediativa e sociale; le ricolonizzazioni urbane - insieme a quelle viritane, di tipo individuale - avviarono infatti un massiccio processo di immigrazione, con nuovi cittadini che si stanziarono nei centri abitati e nei territori rurali, modificando sensibilmente il precedente panorama demografico.
Tra l'età triumvirale e quella augustea le assegnazioni coloniali favorirono soprattutto i veterani dell'esercito che avevano fedelmente militato accanto ai grandi personaggi politici della tarda repubblica, tra i quali lo stesso Ottaviano, assecondandone la scalata al potere e venendo perciò congedati e ricompensati con la concessione dei più fertili terreni di pianura e di collina. L'archeologia regionale offre una concreta testimonianza di tali presenze attraverso i tanti monumenti sepolcrali di età giulio-claudia, sparsi sul territorio, che esibiscono rilievi raffiguranti armi e insegne militari: immagini celebrative e di simbolica autorappresentazione, con le quali i vecchi soldati, qui stanziati e arricchiti grazie al lavoro nei campi, intesero ricordare con orgoglio quel servizio di leva che aveva permesso loro di raggiungere un rispettabile livello sociale.
L'arrivo di nuove genti, fedeli al progetto politico dettato da Augusto, comportò benèfici effetti sui suoli agricoli di tutta la Cispadana, consolidando o incrementando l'assetto fondiario che era stato costituito fin dai tempi della prima romanizzazione. Da Rimini a Piacenza l'agro centuriato fu ampliato, integrato e ripopolato, arricchendo il precedente tessuto insediativo e dando un forte impulso alla produzione e alla redditività colturale, a beneficio dell'intera regione.
La rivitalizzazione dei comprensori extraurbani non ebbe peraltro solo effetti economici, assumendo significativi risvolti anche di tipo ideale; la popolazione rurale rappresentò infatti un efficace tramite per la diffusione dei princìpi etico-politici allora dominanti. Una splendida testimonianza del fenomeno è offerta dalla famosa epigrafe forlivese di Castricius Calvus: nei suoi precetti testamentari, volti a esaltare la buona vita e la buona conduzione dei lavori agricoli, il ricco possidente richiama esplicitamente i valori fondamentali della nuova morale augustea; tra questi risalta soprattutto la pietas, vale a dire la virtus che primeggiava tra quelle che si ponevano alla base del programma ideologico imperiale.
Come si è accennato, per tradurre in pratica e sostanziare il suo progetto di riforma dello Stato, il principe avviò una nutrita serie di iniziative concrete. Anche in questo senso l'octava regio ci offre un emblematico riscontro attraverso numerosi ritrovamenti archeologici che delineano i contorni di un articolato piano di sviluppo infrastrutturale, esteso all'intero territorio. Al riguardo sarà sufficiente ricordare i numerosi interventi di potenziamento della rete stradale: il tracciamento di nuove arterie si accompagnò al restauro di vecchie consolari, come la via Aemilia e quella via Flaminia il cui rifacimento fu celebrato dall'erezione dell'arco di Rimini. Un'iscrizione riminese ricorda pure la lastricatura delle strade urbane promossa da Caio Cesare, nipote di Augusto; nei medesimi anni, assecondando un disegno che appare sistematico, lo stesso genere di intervento venne attuato nella maggior parte dei centri emiliani, che videro sostituire le vecchie massicciate in ghiaia e ciottoli con solidi basolati in trachite.
Nel processo che all'epoca portò al rinnovamento delle principali strutture di servizio civico, un ruolo fondamentale fu indubbiamente rivestito dalle amministrazioni locali, cui si dovette la realizzazione di numerose intraprese di interesse pubblico; per emulazione, o per condivisione ideale, i vari senati e le aristocrazie municipali fecero infatti propri i modelli urbanistici e architettonici ispirati da Augusto ed elaborati nell'urbe e nelle maggiori metropoli dell'impero, applicandone i princìpi fondamentali nell'ammodernamento delle rispettive città.
Grazie alla convergenza politica e operativa che sussisteva tra l'imperatore, la sua cerchia e le classi dirigenti della regione, nei primi tempi del principato si crearono dunque condizioni particolarmente favorevoli alla riorganizzazione e all'abbellimento degli abitati. Si registrò allora una piena adesione al nuovo concetto di urbanitas con cui si volevano caratterizzare i centri cittadini, ormai percepiti non solo come organismi funzionali ma anche come contesti civili di alta valenza ideologica, simboli periferici dello Stato e dell'autorità imperiale; l'immagine urbana era da valorizzare in quanto strumento di identità culturale e di coesione sociale per gli abitanti del luogo e al tempo stesso come elemento di riconoscimento e legittimazione del potere centrale da cui le città dipendevano.
L'archeologia dell'Aemilia dimostra che la maggiore rappresentatività civica era riconosciuta al comparto forense. L'esempio da imitare era quello, innovativo, delineato da Augusto a Roma, nella creazione del proprio foro e di quello di Cesare, con la piazza chiusa affollata di monumenti onorari, contornata da portici e sviluppata longitudinalmente, come asse di riferimento per architetture religiose e civili tra le quali primeggiava la basilica, sede di rappresentanza politica e di celebrazione dinastica.
Questo tipo di articolazione, destinato a propagarsi in tutto l'impero, fu dunque adottato in numerosi centri della Cispadana. Veleia ne è la dimostrazione più puntuale, con il suo foro pedonalizzato, affiancato da colonnati e tabernae, chiuso dalla basilica e da edifici civili affacciati su un'area sacra templare. In tal caso le contenute dimensioni dell'intervento, pianificato ai tempi di Augusto e ultimato sotto Tiberio, consentirono la piena applicazione del modello originario. Altrove, come a Bologna e a Rimini, a causa del preesistente tessuto urbanistico, consolidato ormai da secoli, non fu invece possibile un intervento tanto radicale; nelle due città si intese allora valorizzare la soluzione che meglio esprimeva la nuova concezione della piazza come luogo specializzato, distintivo della vita politica della comunità: obiettivo raggiunto escludendo l'area forense dal traffico pesante di tipo commerciale e nobilitandone l'ingresso con un grande arco.
Sempre in età augustea, queste due colonie godettero di un significativo rinnovamento degli spazi e dei servizi pubblici grazie al restauro o alla costruzione di considerevoli monumenti, spesso gravitanti sullo stesso comparto forense; è il caso della basilica, abbellita a Bononia e realizzata ex novo ad Ariminum, dove un recente scavo ne ha restituito i ruderi all'imbocco del cardo maximus cittadino; o altrimenti del teatro, in quegli stessi anni pure realizzato presso il foro del capoluogo adriatico, mentre a Bologna la scenae frons del vetusto complesso sillano venne decorata da splendide membrature marmoree.
L'interesse dedicato a queste e altre architetture per spettacoli rivela un'ulteriore caratteristica delle intraprese monumentali del periodo, tese a garantire alla cittadinanza impianti non solo di natura funzionale ma anche di svago, dal momento che le attività ricreative erano ritenute determinanti per la crescita culturale della comunità e al tempo stesso per la creazione di consenso politico e per la stabilità sociale. In tale prospettiva rientrò così anche l'edificazione delle terme pubbliche di Bologna, dovuta al personale intervento dell'imperatore, cui si dovette pure la costruzione di una grande condotta in galleria, che garantì l'approvvigionamento idrico dei bagni e di gran parte della città.
Con azione ancora una volta metodica, acquedotti per il rifornimento di acque potabili vennero allora edificati in diversi altri centri della regione, a confermare l'interesse per tutte quelle dotazioni infrastrutturali di pubblica utilità che potevano rappresentare un importante volano per lo sviluppo urbano, sia dal punto di vista economico e igienico, sia nel senso del miglioramento delle qualità abitative. La forte crescita del livello insediativo fu del resto un tratto comune del periodo, coinvolgendo anche l'ambito privato; emblematica, in proposito, appare la generalizzata riqualificazione dell'edilizia residenziale, costituita da domus di elevato pregio architettonico decorate da raffinati mosaici e affreschi.
Come si può immaginare, considerandone i presupposti ideologici, il fervore che in gran parte del territorio italico e dello stesso impero condusse al radicale rinnovamento delle forme e dei princìpi di vita aveva un retroterra di natura eminentemente politica. Non a caso la rifunzionalizzazione e la monumentalizzazione delle città si accompagnò costantemente a iniziative di chiara valenza propagandistica; gli intendimenti di glorificazione del potere si esprimevano attraverso l'erezione di innumerevoli monumenti celebrativi: epigrafi dedicate ai più alti esponenti del governo statale o locale; rilievi che raffiguravano membri della gens Iulia, ben esemplificati dal fregio ravennate con Augusto e Tiberio; ritratti ufficiali dello stesso Augusto e dei suoi familiari, destinati nel tempo a essere affiancati da altri personaggi, fino a comporre vere e proprie gallerie dinastiche.
I luoghi deputati a questo genere di esibizione onoraria erano i fori e gli edifici pubblici più importanti e frequentati: i teatri e, meglio ancora, le basiliche civili, come documentano i cicli scultorei rinvenuti in quelle di Bononia e Veleia. Altrimenti erano gli stessi monumenti, nella loro strutturazione architettonica e nei loro apparati decorativi ricchi di significati simbolici, a esaltare la figura del principe e il prestigio dell'impero; esemplari, nel sintetizzare la comunanza tra Stato e città e nell'illustrare le benemerenze imperiali e la rappresentatività civica, appaiono i più insigni monumenti riminesi: l'arco di Augusto e il ponte di Tiberio, la cui valenza comunicativa è enfatizzata dai tanti apparati celebrativi e dalla particolare collocazione ai principali ingressi della colonia.
Assecondando una tendenza generale, a partire dall'età augustea anche in Aemilia si osservano poi certe manifestazioni di devozione verso l'imperatore talmente profonde da rientrare addirittura nella sfera religiosa. Caratteristica, come forma di esaltazione individuale, fu la sua assimilazione agli dei: da Veleia, al Bolognese, a Rimini, le più auliche divinità dell'Olimpo, in primo luogo Apollo, come certe entità minori, quali le Ninfe o i Geni, sono ricordate nelle dediche epigrafiche con l'apposizione del termine Augustus, in un'associazione nominale che in modo indiretto, ma chiaro, conferiva al princeps un'aura trascendentale.
In definitiva, la visione ideologica dello Stato maturata da Augusto, e il piano di ristrutturazione sociale e insediativa con cui egli intese metterla in pratica, trovano nella regio Aemilia una concreta e sistematica testimonianza; il raggiungimento degli obiettivi prefissati si misura, qui, non solo nelle positive ricadute che gli interventi promossi o ispirati dall'imperatore ebbero nelle città e nelle campagne, ma anche nella sostanziale condivisione dimostrata dalla popolazione.
A tal riguardo, da ultimo, si potrà segnalare l'efficacia del processo di acculturazione e integrazione indotto dalla politica augustea, quale traspare dalla cosmopolita compagine che gravitava sul porto militare di Ravenna, dove era stanziata la flotta imperiale del Mediterraneo orientale e dove giungevano genti fin dalle regioni più remote dell'impero. Nelle necropoli del Ravennate colpisce il variegato e spesso esotico repertorio onomastico che compare sulle epigrafi, specchio di origini etniche lontane e delle differenti tradizioni culturali dei defunti; a ciò, peraltro, corrisponde una sostanziale omogeneità delle pratiche sepolcrali evidenziate dagli scavi, dalle tipologie dei monumenti e dei corredi alle più intime manifestazioni del culto funerario, pienamente omologate ai modelli concettuali romano-italici. Ancora una volta emergono i segni di una coesione civile che trovava rispondenza nell'unitarietà della regione e nella sua attiva partecipazione allo Stato imperiale creato da Augusto.
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