Rivista "IBC" XVII, 2009, 1

biblioteche e archivi / immagini, media, mostre e rassegne, progetti e realizzazioni, restauri

Dal 2002, a Bologna, l'Archivio nazionale del film di famiglia raccoglie, cataloga e promuove i film "fatti in casa" provenienti da tutta l'Italia.
Millimetri di famiglia

Rebecca Rossi
[laureata in Sociologia della letteratura all'Università di Bologna]

Questa biblioteca è nata perché si sentiva il bisogno e il desiderio di un luogo simile. Doveva esserci, ecco, una biblioteca così. Quel desiderio ha fatto esistere quest'edificio, non molto grande, e il personale a esso dedicato, al momento rappresentato interamente da me.1


C'è a Bologna l'Archivio nazionale del film di famiglia. È la prima realtà creata per raccogliere, catalogare e promuovere i film "fatti in casa" o amatoriali, di tutta Italia. È nato nel 2002 e i suoi tre genitori (fondatori) Paolo Simoni, Karianne Fiorini e Mirco Santi, che inizialmente custodivano bobine e cineprese nei loro armadi personali, l'hanno chiamato Associazione Home Movies. Dal 2005 è insediato presso l'Istituto storico Parri in via Sant'Isaia. Qui il progetto ha finalmente cominciato a crescere, grazie alla possibilità di creare un laboratorio per il restauro dotato di un sistema per il trasferimento dalla pellicola al digitale, e grazie a locali a temperatura e umidità controllate, ottimali e necessari per la conservazione delle pellicole.

Non tutti i film, infatti, giungono all'archivio in buone condizioni. Il recupero dei circensi "ricordi di famiglia con elefanti", che oggi costituiscono il Fondo Togni, ricorda quello messo in scena nel film The forgotten silver di Peter Jackson. La storia fantastica, tra gli anni Quaranta e gli anni Settanta, del leggendario Darix Togni e della sua allargatissima famiglia, giaceva in condizioni disastrose in un groviglio di tanti 8 millimetri, coperti di muffe, polvere e sporcizia, ritrovati dentro un carrozzone del circo. Ma dopo un lavoro certosino e quasi miracoloso, svolto con il fondamentale contributo del laboratorio di restauro cinematografico La Camera Ottica di Gorizia (Università di Udine), una selezione musicata di immagini recuperate è stata presentata con successo al "Torino Film Festival" del 2006.

Oggi l'Associazione Home Movies conserva pellicole provenienti da ogni dove, il 30% dal territorio emiliano-romagnolo e il 70% dal resto d'Italia, di autori e su soggetti noti e meno noti. Svolge un'azione simile a quella dell'Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano in provincia di Arezzo. A Bologna, però, si conservano appunti e diari filmati. Vacanze, viaggi, feste comandate, riti sociali, primi passi di un bambino e piccoli episodi di eventi che poi si rivelano storici. Ogni pellicola restituisce una testimonianza privata sulla memoria della società italiana. E il ruolo dell'archivista è molto più complesso di quanto si possa immaginare. Oltre a competenze filmologiche e biblioteconomiche, richiede doti umane, talvolta coincidenti con quelle di un "terapeuta familiare".

Il contenuto dei film di famiglia è, per sua natura, molto privato e domestico. Chi decide di devolverlo a uno sguardo pubblico ha bisogno di prendere innanzitutto consapevolezza del valore collettivo del proprio pezzo di memoria, e poi di fidarsi dell'utilizzo che se ne potrebbe fare. A tale scopo esiste un contratto, attraverso il quale l'Associazione Home Movies acquisisce i diritti sul film, ma ne garantisce la conservazione e l'uso ai soli fini culturali, oltre a regalare alla famiglia una copia in digitale dell'originale in pellicola. E quasi tutti accettano di buon grado tali condizioni, perché è una maniera per valorizzare ancora di più chi effettivamente "lascia eredità d'affetti", strappando "alle ortiche di deserta gleba" risorse sulla storia e sulla società italiana, utili a ricercatori, storici, sociologi e antropologi, e accessibili a chiunque attraverso un servizio di consultazione on-line, nel sito www.homemovies.it.

Ma cosa si intende esattamente per film di famiglia? In realtà, la risposta è ancora in via di definizione, perché anche se in Europa iniziative simili sono avviate da più tempo, si tratta di una branca di studi recente e non ancora ben collocata in una categoria precisa. Premesso ciò, l'archivio si occupa di produzioni di immagini in movimento inedite, che mostrano, attraverso l'autorappresentazione, la famiglia, i suoi rituali e il mondo che la circonda. Il periodo che il patrimonio dell'archivio documenta e racconta va dai primi anni Venti alla fine degli anni Ottanta. I formati sono molteplici: il classico 35 millimetri, e quello specifico del cinema amatoriale, di 17,5 millimetri; i formati diffusi negli anni Venti, come il 16 millimetri Kodak, e il 9,5 millimetri Pathé Baby; l'8 millimetri lanciato da Kodak nel 1932, e il celebre Super8, immesso sul mercato nel 1965. L'Associazione Home Movies si preoccupa di raccogliere e conservare anche gli strumenti che sono serviti alle famiglie per la registrazione e la proiezione dei loro filmati. L'obiettivo è poter allestire, un giorno, un vero e proprio museo del cinema di famiglia.

La riscoperta del tempo perduto e la ricerca di vecchie bobine di famiglia è, d'altronde, un fenomeno certamente non nuovo, ma in pieno sviluppo, anche tra i filmmakers: dagli studenti delle scuole di cinema, ai più celebrati. E ci sono, addirittura, alcuni cineasti, come Stan Brakhage e Jonas Mekas, che accostano orgogliosamente i loro film sperimentali agli home movies. Ogni anno l'Associazione partecipa all'Home Movie Day, evento internazionale ormai giunto alla settima edizione, che ha luogo contemporaneamente in varie città di diversi continenti. Fra le molte altre attività dell'archivio c'è anche la formazione: "WorkImage" e "Archivi Nascosti" sono i corsi intensivi a numero chiuso, con stage di fine corso per gli allievi: il primo si propone di insegnare il riuso creativo dei repertori audiovisivi privati; il secondo introduce al recupero, alla digitalizzazione e alla catalogazione dei medesimi, anche in vista della progettazione di documentari e prodotti multimediali.

Da due anni, sempre a Bologna, si svolge il "Progetto Archivio Aperto": quattro giornate scandite da visite guidate, proiezioni con sonorizzazioni dal vivo, una mostra, videoinstallazioni, conferenze e laboratori. Un'opportunità, per l'archivio, di incontrare il pubblico, presentare i risultati ottenuti e rinnovare l'appello a donare le proprie pellicole. In particolare, l'edizione 2008 è stata l'occasione per riscoprire un cineamatore militante, Angelo Marzadori, che ha immortalato la Bologna operosa e pacifica degli anni Cinquanta: lo straripamento del Reno nella bassa, gli insediamenti di zingari sul fiume, un festival dell'Unità dalla scenografia sovietica, mostre celebrative del partito comunista, l'azienda del gas, i lavori per le strade, il percorso dei tram. Marzadori è un testimone del suo tempo, armato di una 8 millimetri e di tanta passione per la cinepresa. Ed è un uomo. Soprattutto in Italia, il film amatoriale o di famiglia appare un'attività quasi esclusivamente maschile. Ovviamente ci sono le eccezioni: per esempio, Adele Mussoni, impiegata di banca negli anni Cinquanta, che riprende gite aziendali e colleghi, paesaggi e vita di città.

C'è una peculiarità che rende speciale il "cinema di famiglia" e lo distingue nettamente da quello industriale e artistico: mostra, quasi sempre e quasi solo, bei momenti. Come scrive Tolkien, non appena i suoi Hobbit arrivano all'Ultima Casa Accogliente: "Certo è una cosa strana, ma sta di fatto che a parlare delle cose belle e dei giorni lieti si fa in fretta, e non è che interessi molto ascoltare; invece da cose disagevoli, palpitanti o addirittura spaventose si può fare una buona storia, o comunque, un lungo racconto".2 La narrazione spesso privilegia le situazioni drammatiche; Tolkien stesso dedica solo 14 righe alle due settimane trascorse in quella dimora, ma ben tre libri al viaggio di una settimana della Compagnia dell'Anello. Nei filmini privati, invece, quando il sorriso cala, è proprio il momento in cui il cineamatore spegne la cinepresa e la mette da parte. Non sempre. Ma spesso. Ci auguriamo, quindi, che la famiglia dell'Associazione Home Movies continui ad adottare molte altre pellicole e che in esse tutti vivano felici e contenti.


Note

(1) R. Brautigan, La casa dei libri, Milano, Marcos y Marcos, 2003, p. 23.

(2) J. R. R. Tolkien, Lo Hobbit, Milano, Adelphi, 1989, p. 67.

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