Rivista "IBC" XVI, 2008, 1

Dossier: Divine metamorfosi - Il restauro dei cartoni per i mosaici danteschi del Museo d'arte della città di Ravenna

musei e beni culturali, biblioteche e archivi, dossier / progetti e realizzazioni

Il Centro dantesco di Ravenna

Maurizio Bazzoni
[direttore del Centro dantesco dei Frati minori conventuali di Ravenna]

Il Centro dantesco, attività culturale della Provincia bolognese dei Frati minori conventuali, è stato fondato a Ravenna, alla vigilia del VII centenario della nascita di Dante Alighieri (1965), da padre Severino Ragazzini (1920-1986): "Accanto alla tomba di Dante, che mette a contatto con Dante morto" - amava ricordare - "volevo creare un centro dantesco che mettesse a contatto con Dante vivo". Un'iniziativa comunque non isolata, ma che affonda le sue radici nell'antica familiarità tra Dante e l'Ordine francescano: dai rapporti con la comunità minoritica della natìa Firenze, dove l'Alighieri frequentò lo studium di Santa Croce, a quelli con i frati di Ravenna, la città dell'"ultimo rifugio", fino alla divulgazione della sua opera da parte di "minoriti" come Giovanni Bertoldi da Serravalle, che tra il 1416 e il 1417 tradusse e commentò in latino la Commedia per farla conoscere ai Padri del Concilio di Costanza, o Antonio d'Arezzo, che a Firenze nel 1428 e nel 1432 tenne letture dantesche in Santa Maria del Fiore facendovi poi ritrarre il Sommo Poeta con l'iscrizione: "Onorate l'altissimo poeta / che nostro è, e tiellosi Ravenna / perché di lui non è chi n'abbia pieta". O come Baldassarre Lombardi, che nel 1791 pubblicò un'edizione commentata della Commedia che ebbe la fortuna di molte edizioni e ristampe, fino a Stefano Ignudi, che tra il 1896 e il 1904 fu supplente di monsignor Giacomo Poletto alla cattedra dantesca presso l'allora università dell'Apollinare (oggi Lateranense), autore tra l'altro di un amplissimo commento al poema dantesco di particolare impegno nel campo teologico e ascetico.

Una tradizione, dunque, certamente ridestata dal fervore delle celebrazioni dei centenari danteschi del secolo scorso (il VI della morte e il VII della nascita), caratterizzate, in ambito ecclesiale, da una forte presa di posizione dei pontefici di allora, accomunati dalla solenne dichiarazione che "nostro è Dante" (Benedetto XV, Lettera enciclica In praeclara summorum, 30 aprile 1921; Paolo VI, Lettera apostolica Altissimi cantus, 7 dicembre 1965). "Non già per farne ambizioso trofeo di gloria egoista," - precisava Papa Montini - "quanto piuttosto per ricordare a noi stessi il dovere di riconoscerlo tale, e di esplorare nella opera sua gli inestimabili tesori del pensiero e del sentimento cristiano, convinti come siamo che solo chi penetra nell'anima religiosa del sovrano Poeta può a fondo comprenderne e gustarne le meravigliose spirituali ricchezze". Non si può però tracciare la storia del Centro senza accennare alla vicenda di Dante a Ravenna e alla sua relazione con i francescani di questa città. Il primo dato certo risale solo alla sua morte - avvenuta, come ormai concordano gli studiosi, tra il 13 e il 14 settembre del 1321, "nel dì che la esaltazione della santa Croce si celebra dalla Chiesa" - e ai suoi funerali, durante i quali - scrive ancora il Boccaccio nel suo Trattatelo - i cittadini "più solenni" della città portarono il corpo di Dante "al luogo de' frati minori" ove fu sepolto in un'urna lapidea a ridosso del muro esterno del chiostro del convento.

E lì rimase per circa due secoli, fino a quando i frati maturarono la certezza che i fiorentini, finalmente ottenuto il permesso papale (nel 1513 fu eletto Giovanni Lorenzo de' Medici, che col nome di Leone X regnò fino al 1521), sarebbero venuti per trasferire i contesi resti nella loro città e dargli onorata sepoltura nella tomba che lo stesso Michelangelo si era impegnato a realizzare. Per i religiosi dovette essere relativamente semplice aprire una breccia dall'interno del chiostro e prelevare dal sarcofago, addossato al lato esterno dello stesso muro, quello che rimaneva del corpo di Dante. Dopo il trafugamento le ossa vennero verosimilmente custodite in convento: sicuramente erano lì nel 1677, quando frate Antonio Santi, che della comunità ravennate fu superiore e cancelliere, ne fece una duplice ricognizione certificata, con grossi caratteri in inchiostro nero, sulla cassetta di legno in cui le stesse ossa furono poi rinvenute.

Fu però deciso di nasconderle sicuramente prima del 1810, quando in seguito alle leggi napoleoniche, che sopprimevano gli ordini religiosi e ne incameravano i beni, i frati dovettero abbandonare il convento. Ma le sotterrarono non molto lontano, sotto la soglia di una porta murata, a pochi passi dalla tomba vuota, forse con la speranza di poterle recuperare in futuro. Ma il ritorno non fu immediato e delle ossa si perse la memoria fino a quando, il 27 giugno 1865, durante alcuni lavori di restauro del tempietto e di sistemazione della zona adiacente in occasione dei festeggiamenti cittadini del VI centenario della nascita del Poeta, vennero fortunosamente ritrovate. Grande fu la gioia e solenni i festeggiamenti, al termine dei quali le ossa vennero finalmente collocate nel tempietto costruito da Camillo Morigia nel 1781.

I frati tornarono a Ravenna nel febbraio 1949, accolti dall'allora arcivescovo Giacomo Lercaro che riaffidò loro l'antica Basilica di San Pietro Maggiore, meglio conosciuta con il titolo di San Francesco, ma anche nota come "la chiesa di Dante". Non rientrarono però nell'antico convento, che nel 1936 era stato ceduto al Comune per poi passare nel 1950 alla locale Cassa di risparmio. Fu nell'imminenza del VII centenario della nascita di Dante che si crearono le condizioni per l'avvio di una specifica attività "dantesca". Ci pensò il padre Severino Ragazzini, che del Centro fu fondatore e direttore fino all'improvvisa morte. Con straordinaria passione si impegnò per realizzare un'opera "che non avesse solo la durata di un centenario, ma si prolungasse nel tempo prendendo sempre più spazio e importanza". Furono anni particolarmente ricchi di iniziative: dalla prima conferenza pubblica in San Francesco il 14 marzo 1964, alle mostre annuali inaugurate nel 1966 con una esposizione di edizioni dantesche nei chiostri di San Vitale, a cui seguirono, per citarne solo alcune, quella delle illustrazioni alla Commedia di Amos Nattini (1967), Giorgio Scarpati (1970), Elia Vici (1971), Eugen Ciuca (1976), Mimmo Francia (1979) e gli "omaggi alla città di Dante" di Giacomo Manzù (1980), Emilio Greco (1982), Angelo Grilli (1984) ed Henry Moore (1986).

Ma la manifestazione che padre Ragazzini ebbe più a cuore, e che per molto tempo caratterizzò l'attività culturale del Centro, fu sicuramente la Biennale internazionale dantesca, concorso internazionale della medaglia e della piccola scultura in bronzo ideato all'indomani della mostra di medaglie dantesche del 1971. Una rassegna che si proponeva, come egli stesso ebbe a ricordare, l'impegnativo proposito di "chiamare a raccolta, ogni due anni, i migliori artisti in qualunque parte del mondo si trovino". A presiedere la prima edizione del 1973 fu chiamato lo scultore Pericle Fazzini, seguito nel 1975 da Giacomo Manzù e nel 1977 dal cardinale Dino Staffa. Dalla quarta alla settima edizione la presidenza fu assunta dall'arcivescovo Giovanni Fallani, presidente dell'allora Pontificia commissione per l'arte sacra in Italia e grande amico del Centro, a cui subentrò, dal 1988 e fino all'ultima edizione del 2003, il cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio consiglio della cultura. Alla VII edizione del 1985 (per citare l'ultima di quelle organizzate dal fondatore) parteciparono oltre 250 artisti provenienti da 24 nazioni.

Nel frattempo continuava la ricerca e la raccolta di ogni tipologia di testimonianza della ininterrotta fortuna del Poeta. È di quegli anni l'acquisto di alcuni codici della seconda metà del XIII secolo come delle prime edizioni a stampa del capolavoro dantesco, tra cui l'editio princeps impressa a Foligno l'11 aprile del 1472. Nel 1966 il Centro ottenne dalla Cassa di risparmio di Ravenna alcuni locali dell'ormai ex convento, da destinare alle attività dantesche. L'anno successivo fu così possibile inaugurare il primo nucleo della raccolta libraria che nel 1981 un decreto del Ministero per i beni culturali dichiarava "di eccezionale interesse storico e artistico".

Padre Enzo Fantini (1945-2004), assunta nel 1986 la direzione del Centro, non solo si preoccupò di continuarne l'attività, ma diede a essa la necessaria stabilità. Sei le edizioni della Biennale da lui organizzate tra il 1988 e il 2001; undici le mostre d'arte dedicate a singoli artisti (Aligi Sassu nel 1989, Enzo Babini nel 1991 e ancora nel 2000, Renzo Copat nel 1995) o a gruppi nazionali ("Dante in Australia" nel 1993, "Dante in Bulgaria" e "Dante in Polonia" nel 1997, "Dante in Romania" nel 1999, "Dante in Ungheria" e "Dante in Armenia" nel 2001). Molteplici i contatti con personalità del mondo artistico e culturale sia nazionale che estero. Appassionato il sostegno a diverse iniziative, tra cui il "Progetto Dante Ravenna" di Walter Della Monica, con la lettura integrale della Divina Commedia da parte di Vittorio Sermonti dal 1995 al 1997, seguita poi dalla rassegna di letture internazionali "La Divina Commedia nel mondo". A lui si deve l'allestimento e l'apertura al pubblico nel settembre 1989 - in alcuni locali dei restaurati chiostri francescani messi a disposizione dalla Cassa di Risparmio - della rinnovata biblioteca e della collezione d'arte contemporanea, entrati poi rispettivamente a far parte del Polo di Romagna del Servizio bibliotecario nazionale (1997) e del Sistema museale della Provincia di Ravenna (1998).

Fu lo stesso padre Fantini ad auspicare nel 2001 "un avvicendamento, nella continuità, per l'avvio di una nuova stagione" in cui caratterizzare sempre più e meglio la proposta culturale del Centro, nello sforzo di coniugare "cose antiche e cose nuove". Tra le prime, le mostre del 2002 ("Viaggio grafico nei tre regni dell'oltretomba dantesco. Markus Vallazza e la Divina Commedia", "Dante Alighieri nelle medaglie della collezione Duilio Donati" e "Le metamorfosi di Dimitrije e Dante. Dante in Croazia"), ma anche, nel 2003, la XIV edizione della Biennale dedicata - alla vigilia della firma a Roma del Trattato che adottava una costituzione per l'Europa - a "Dante europeo". Nelle cose nuove, invece, vanno annoverati i convegni biennali organizzati dalla sezione "Studi e Ricerche", costituita nel 2003 per la ricerca sull'identità cristiana dell'opera di Dante nell'ambito storico, politico, teologico e mistico ("Dante e l'Europa" e "L'idea e l'immagine dell'universo nell'opera di Dante" nel 2005; "La poesia della natura nella Divina Commedia" nel 2007), come anche il premio annuale per tesi di laurea e di dottorato di ricerca sul pensiero e l'opera dell'Alighieri e il Dantis Poetae Transitus del 13 settembre che, insieme alla cosiddetta "Messa di Dante" (la celebrazione eucaristica della seconda domenica di settembre al termine della quale il Comune di Firenze rinnova l'offerta dell'olio per la lampada della tomba), caratterizza il contributo del Centro alle manifestazioni con cui Ravenna celebra l'anniversario annuale della morte del suo Poeta.

Tra le novità piace poi segnalare la Scuola estiva internazionale in studi danteschi, nata dalla collaborazione tra il Centro e l'Università cattolica del Sacro Cuore, erede di quella cattedra dantesca istituita nel 1965 presso la medesima Università da Papa Paolo VI con il "motu proprio" Altissimi cantus. Si è voluto in questo modo offrire, insieme a un'occasione di formazione altamente specialistica sul pensiero e l'opera di Dante, una possibilità di incontro e scambio tra persone di diversa provenienza culturale e geografica, accomunate dall'interesse per l'autore di un poema che per diversi aspetti viene considerato universale. La prima edizione, sotto la direzione scientifica del professor Giuseppe Frasso, si è svolta a Ravenna dal 26 agosto all'1 settembre 2007 e ha visto la partecipazione di 35 studenti di diversa formazione culturale e provenienza geografica.

Una parola infine sulle raccolte del Centro che documentano la continua vitalità del Sommo Poeta e l'ininterrotta fortuna della sua opera. Il fondo bibliografico (stimato oggi in circa 14000 tra volumi e opuscoli e oltre 2500 altri documenti) comprende - insieme ad alcuni manoscritti e gran parte delle edizioni a stampa, italiane e straniere, pubblicate dal 1472 a oggi - le diverse Lecturae Dantis, la serie dei maggiori periodici danteschi e tanti studi sulle opere e la fortuna dell'Alighieri. È del 1997 la donazione, da parte degli eredi, di importanti memorie del letterato bertinorese Paolo Amaducci (1856-1946), convinto sostenitore della dipendenza della Commedia dal De quadragesima et quadraginta duabus Hebraeorum mansionibus di san Pier Damiani. Ricca poi la raccolta artistica, comprendente opere di grafica ma soprattutto medaglie e piccola scultura in gran parte acquisite in occasione delle quattordici edizioni della Biennale internazionale dantesca. Tra il materiale "minore" (francobolli, figurine, distintivi e oggetti vari), particolare interesse merita la raccolta di circa 2000 cartoline. Si tratta di materiale relativo all'interpretazione artistica della Commedia come anche all'iconografia del suo autore, a luoghi, monumenti e memorie, a particolari celebrazioni anniversarie, commemorative, ma anche "politiche" e satiriche. La biblioteca è regolarmente aperta al pubblico e oltre alla consultazione garantisce, per le opere ammesse, il servizio di prestito esterno e interbibliotecario conformemente alle procedure della Rete bibliotecaria di Romagna del Servizio bibliotecario nazionale nel cui catalogo on-line è possibile consultare il catalogo di gran parte del fondo bibliografico (opac.provincia.ra.it/SebinaOpac/Opac).

Così il Centro dantesco di Ravenna, superato ormai il "mezzo del cammin di nostra vita", si sforza ogni giorno di rispondere all'antica esortazione: "Onorate l'altissimo poeta". Un impegno non sempre facile ma sostenuto, per dirla con le parole di Papa Giovanni Paolo II, dalla convinzione che "a distanza di quasi sette secoli l'arte di Dante, evocando sublimi emozioni e supreme certezze, si rivela ancora capace di infondere coraggio e speranza, orientando la difficile ricerca esistenziale dell'uomo del nostro tempo verso la Verità che non tramonta".

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