Rivista "IBC" XIV, 2006, 3

musei e beni culturali / mostre e rassegne, itinerari, pubblicazioni

G. Agosti, Su Mantegna I. La storia dell'arte libera la testa, Milano, Feltrinelli, 2005.
Tutto Mantegna

Stefano Luppi
[storico dell'arte]

Questi sono i mesi di Andrea Mantegna (1431-1506), tra i grandi pittori di ogni tempo, e nella comunità scientifica, nonché tra il largo pubblico degli appassionati, non si parla d'altro. Da febbraio 2006 a gennaio 2007, come una macchina da guerra (solo culturale per fortuna) il comitato nazionale istituito dal Ministero per i 500 anni dalla morte dell'artista padovano, e presieduto da Vittorio Sgarbi, ha organizzato una serie di mostre a Mantova, Verona e Padova (www.andreamantegna2006.it), a cui si sono unite pubblicazioni degne davvero di nota. Tra queste ultime, per chi ami l'arte del Rinascimento e l'artista di corte per antonomasia, non si possono non di citare le quasi 700 pagine e le 160 immagini che costituiscono Su Mantegna I. La storia dell'arte libera la testa di Giovanni Agosti, docente universitario adorato dai suoi studenti.

Il volume (primo di due o forse tre tomi, editi da Feltrinelli) è scritto in uno stile complesso ma scorrevole, divertente perfino per alcuni episodi che fotografano il mondo narcisista di taluni storici dell'arte che affrontano la difficile professione con leggerezza forse estrema. Le pagine dedicate a un importante ex soprintendente che, per la prima volta a Londra in occasione di una mostra dell'artista, si fionda nel negozio delle minigonne di Mary Quant invece che alla National Gallery o al British Museum sono davvero divertenti (e aprono interrogativi seri, naturalmente). Il lettore non studioso verrà a conoscenza di ogni aspetto del Nostro, anche relativamente alla biografia, alla vicenda storiografica e non solo alle opere, ma pure per gli esperti sarà possibile compulsare un volume che ha un apparato di note quasi incredibile tanto è minuzioso e pieno di rimandi (per spessore culturale fa pensare addirittura all'Officina ferrarese di Roberto Longhi).

Sarebbe un peccato per visitatori delle mostre di "Andrea pictore" non leggere quest'opera che arriva a descrivere la vicenda dell'artista fino alla partenza dei Trionfi di Cesare per l'Inghilterra (1630). Vedere le opere esposte a Mantova, Verona e Padova, dopo la lettura, permette infatti di capire come ogni epoca abbia "allestito" un Mantegna diverso a proprio uso e consumo. Come noi oggi, appunto, con questo mega-milionario progetto espositivo partito il 26 febbraio a Mantova, con "A Casa di Andrea Mantegna. Cultura artistica a Mantova nel Quattrocento" (www.acasadiandreamantegna.it), sorta di introduzione, anche interattiva, ai capolavori che neanche in questa occasione possono giungere in Italia (come i Trionfi di Cesare, ancora conservati nelle collezioni reali d'Inghilterra). Le tre città sedi delle rassegne dal 16 settembre 2006 al 14 gennaio 2007 sono vicinissime e occorre partire da Padova, dove l'artista ha iniziato a lavorare nella bottega dello Squarcione.

Nella città patavina, tra alcune opere di contemporanei come Donatello, Schiavone e Crivelli, è possibile ammirare il vero capolavoro giovanile del Mantegna: la cappella Ovetari con le storie di San Giacomo e San Cristoforo, restaurate pochi mesi fa con l'incredibile ricollocazione a parete dei settantamila frammenti che per decenni erano rimasti nelle casse dopo essere stati raccolti a seguito dei bombardamenti del 1944 sulla chiesa francescana. Sempre in città, a palazzo Zuckerman e negli spazi Loggia e Odeo Cornaro, saranno allestite una mostra-dossier dedicata a una nuova attribuzione mantegnesca, la Madonna della tenerezza, e un'esposizione documentaria sulla città quattrocentesca.

Spostandosi a Verona, nel palazzo della Gran Guardia a fianco dell'Arena, è possibile ammirare celeberrimi capolavori della maturità: un lusso per gli occhi passare dalla Pala di San Zeno del 1457-1469 (successivamente la tavola e la bella cornice saranno restaurate dall'Opificio delle pietre dure), agli stupendi disegni e alle incisioni dal "sapore archeologico" provenienti da mezzo mondo, alla Sacra Famiglia e al Cristo portacroce di Castelvecchio, insieme a dipinti di Falconetto, Liberale, Bonsignori e molti altri.

Ma l'epoca più conosciuta del padovano è a Mantova, presso la corte gonzaghesca, dove giunge nel 1460. Anche qui un allestimento misto, con il protagonista (la Madonna delle cave, i monocromi di Giuditta e Didone, la Minerva che caccia i vizi, la Sacra Famiglia con santa Elisabetta, senza dimenticare la chiesetta di Santa Maria della Vittoria e Castel San Giorgio affrescato) insieme a grandi contemporanei come Cosmé Tura, Lotto, Perugino. Proprio a Castel San Giorgio altre due mostre fanno da (succoso) contorno: una dedicata espressamente al luogo in rapporto al pittore e ai Gonzaga, l'altra dedicata alla scultura quattrocentesca. Infine un convegno internazionale di studio: "Andrea Mantegna, impronta del genio" (8-10 novembre) di cui si possono avere informazioni all'Accademia nazionale virgiliana (www.accademiavirgiliana.it). Tutto Mantegna allora, e viene in mente Goethe che nel Viaggio in Italia scrisse della "sicura e precisa spontaneità" di questi dipinti: si riferiva agli affreschi degli Eremitani ma certo possiamo ben estendere il giudizio.

 

G. Agosti, Su Mantegna I. La storia dell'arte libera la testa, Milano, Feltrinelli, 2005, 548 p., _ 45,00.

 

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