Rivista "IBC" XIII, 2005, 3
musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / pubblicazioni, storie e personaggi
Il legame profondo con un luogo, soprattutto se in quell'orizzonte si sono dipanati gli anni dell'infanzia e della prima adolescenza, può divenire nel tempo retorico, oppure rischiare di essere falsato da una memoria che, come una foto, si ritocca adattandola ai propri stati d'animo. Non è certo il caso del rapporto che Vittorio Emiliani ha maturato nei confronti di Urbino. Da luogo in cui ha vissuto anni profondamente pieni e felici, respirando una realtà artistica e umana ancora indenne da contaminazioni che hanno lentamente snaturato la corte dei Montefeltro, per Emiliani la sua città adottiva (le radici familiari sono romagnole) è invece divenuta paradigma per una matura riflessione sulla mancata realizzazione di progetti di urbanistica e di valorizzazione culturale, sulla "traumatica" desertificazione dei centri storici.
Questo bel libro non parla solo di Urbino; restituisce, in filigrana, una sconfitta culturale e sociale. Se ne evince uno straordinario concetto di "provincia", della ricchezza intellettuale che ha prodotto e che spesso è stata dissipata. Si ritrovano in queste pagine - quasi in eleganti e veloci "incisioni" a penna, non per nulla Urbino è famosa anche per la sua Scuola del libro e per i suoi incisori - ritratti di personaggi che hanno animato il contesto artistico e politico di un'Italia che non c'è più; molto efficace quello di Paolo Volponi, un urbinate roccioso e complesso, autore raffinato, collezionista attento. Ma emerge anche nella scrittura limpida e affabulante di Emiliani un tessuto di strade, di palazzi, di persone che vivevano animate da una solidarietà quotidiana e tangibile che permetteva loro, anche negli anni cupi della guerra, di condividere un sorriso, come poi, negli anni immediatamente successivi, di progettare un futuro.
Urbino è divenuta l'opportunità per Vittorio Emiliani, prima ancora di scriverne, di vivere agli inizi degli anni Novanta una militanza nel consiglio comunale, coniugando l'impegno politico con la passione culturale. Era forte di un'esperienza profonda nel campo della comunicazione (agli esordi redattore di testate nazionali come "Il Giorno", poi direttore de "Il Messaggero", sarà membro del consiglio di amministrazione della RAI dal 1998 al 2002 e per l'emittente pubblica aveva già realizzato alcune delle più efficaci inchieste sullo stato del patrimonio italiano); l'impegno in loco gli permette di conoscere meglio lo stravolgimento che la città ha vissuto, aggravato dall'esplosione dell'università di massa, da un'ottica limitata e bottegaia nel considerarne la dimensione turistica, che avvilisce una città gioiello della quale non si sanno più contestualizzare le valenze.
Emiliani sostiene che, nei secoli, Urbino ha avuto dei "salvatori", a cominciare da Federico da Montefeltro per giungere a Carlo Bo. Ci permettiamo di suggerire al lettore questo libro come nuovo ed efficace percorso per "salvare" la memoria della città, ma anche quale lettura colta e stimolante per un ritorno a essa. Così come ci auguriamo che gli uccelli ritornino sul platano dell'Asilo Valerio, piantato nel 1700 per festeggiare l'elezione al soglio pontificio del cardinale Giovanni Francesco Albani, Clemente XI.
V. Emiliani, L'enigma di Urbino, Torino, Nino Aragno Editore, 2004, 180 p., _ 10,00.
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