Rivista "IBC" XIII, 2005, 2

Dossier: Le biblioteche della salute

biblioteche e archivi, dossier /

Dalle riviste cartacee ai periodici elettronici

Laura Cavazza
[IBC]

Notevoli collezioni di riviste scientifiche italiane e straniere dell'Ottocento e dei primi del Novecento contraddistinguono le raccolte bibliografiche aziendali arrivate fino a noi - in varie condizioni di integrità - a testimoniare della ricchezza originaria di questi fondi, nonostante le dispersioni subìte nel corso degli anni. In alcuni casi le collezioni risultano complete fin dal primo numero, in altri si tratta di materiali di pregio che datano anche al Settecento, secolo in cui la stampa periodica era ancora ai suoi albori. Il periodico scientifico moderno nasce infatti nel 1665 con le Philosophical Transactions of the Royal Society of London e si caratterizza fin dai suoi inizi come veicolo di comunicazione dell'informazione per gli scienziati, con la finalità di assimilare le nuove scoperte nel corpus della conoscenza. È nel Novecento, tuttavia, che il periodico di medicina completa la sua crescita e trasformazione. A differenza di ciò che avviene per altre discipline il periodico medico diventa l'archivio permanente della produzione scientifica.1

In generale fino alla Seconda guerra mondiale l'aggiornamento del medico poteva ancora svolgersi attraverso la consultazione diretta delle fonti primarie, cioè i periodici, il cui numero era ancora relativamente limitato. Nel secondo dopoguerra invece lo sviluppo delle discipline mediche è andato nella direzione di una sempre maggiore frammentazione in specialità disciplinari, a causa dell'estrema velocità con cui la comunità scientifica produceva nuove scoperte e ulteriori approfondimenti.2 A questo fenomeno corrisponde, nell'ambito delle riviste, un andamento analogo che ha favorito la nascita di un gran numero di nuove testate in pochissimi anni. Questo processo non è stato certo secondario nello sviluppo dell'information overload e ha esasperato una situazione che già presentava in prospettiva diversi elementi di criticità. Uno di questi è senz'altro costituito dall'aumento dei prezzi dei periodici, che comincia in sordina negli anni Sessanta e raggiunge oggi vette inusitate che vanno ben oltre i ritmi dell'inflazione.

Per assicurare il recupero dell'informazione nel mare magnum creatosi in area scientifica vengono sviluppati nuovi strumenti per la ricerca bibliografica basati su sistemi automatizzati di information retrieval. Nel 1966 compare la banca dati Medline, messa a punto dalla National Library of Medicine americana, vera e propria capostipite di tutte le generazioni di banche dati successive.

In chiusura del millennio troviamo anche le aziende sanitarie in Emilia-Romagna alle prese con l'infoglut, l'"indigestione da informazioni". Le biblioteche sono colme di periodici cartacei (in totale oltre 9.500 titoli tra correnti e cessati nel 2000), in genere in copie multiple all'interno della stessa azienda e, ovviamente, con un'alto overlapping di titoli tra azienda e azienda. Ciò che scarseggia sono invece gli abbonamenti alle banche dati (in totale meno di 20 su 27 biblioteche nel 2000),3 il che testimonia delle scarse possibilità di successo nel governo dei processi di ricerca, selezione e diffusione dell'informazione scientifica all'interno delle aziende.

L'acquisto dei periodici cartacei in Emilia-Romagna è infatti rimasto a lungo l'unica preoccupazione delle aziende sanitarie nell'ambito dell'approvvigionamento e della gestione dell'informazione scientifica. Il tutto, tranne qualche eccezione, è avvenuto a scapito di una parallela crescita dei servizi bibliotecari basati su questi materiali. In generale non c'è stato investimento sulle risorse umane che avrebbero potuto rendere disponibili servizi a valore aggiunto per la ricerca e il recupero dell'informazione. Si è preferito invece investire sulla carta, rinunciando - consapevolmente o meno - a una categoria di bibliotecari gestori di informazione. La conservazione e la gestione di ingenti patrimoni cartacei pone attualmente grossi problemi economici e di spazio. La maggior parte delle aziende ha adottato il sistema di depositare le annate meno recenti in magazzini esterni, che però sono molto costosi.

Il connubio fra editoria scientifica e reti telematiche ha prodotto il periodico elettronico, che rientra nella categoria delle risorse elettroniche ad accesso remoto4 e si differenzia dal suo predecessore cartaceo in quanto si focalizza sul documento e non più sul fascicolo. Inoltre esso produce aggiornamenti continui, cioè non più soltanto a scadenza periodica fissa.5 Anche se una definizione risolutiva non è ancora stata data, concordiamo con Antonella de Robbio che il periodico elettronico può essere assimilato a un contenitore di informazioni strutturate, ma che nello stesso tempo si configura come un bene immateriale e intangibile definibile essenzialmente come "servizio on line", caratterizzabile quindi per la possibilità di essere personalizzato, per l'impossibilità di essere immagazzinato e per la coincidenza del momento di fruizione con quello dell'erogazione.6

Il problema rimane quello dell'attuale mercato editoriale dell'informazione scientifica, nel quale le politiche degli editori commerciali, intese alla massimizzazione del profitto, si concretizzano nel tentativo di ancorare le biblioteche al posseduto cartaceo. L'alto costo del periodico cartaceo, che si deve quindi necessariamente comprare ancora, ritarda il passaggio al periodico solo elettronico - già peraltro costoso - e costringe le biblioteche a lasciare immobilizzata una grossa fetta dei propri budget nell'acquisto delle riviste cartacee.

L'esigenza di attingere all'ormai ricco ambito dell'informazione scientifica on line - al cui confronto quella cartacea non regge più in termini di rapidità e completezza dell'aggiornamento - può finalmente condurre le aziende sanitarie regionali a instaurare forme di cooperazione che, a fronte della sottoscrizione a periodici elettronici, consentano di disinvestire una parte consistente delle risorse immobilizzate da lungo tempo nelle riviste cartacee. Le testate mantenute in copie uniche fra le varie biblioteche aziendali serviranno per rendere operativo un servizio gratuito di recupero del documento.

Tutto ciò naturalmente presuppone forme di razionalizzazione e di integrazione dei patrimoni cartacei nell'ottica di una politica concreta di armonizzazione degli acquisti di respiro regionale e che, a differenza di quanto hanno fatto finora, le aziende investano in risorse umane da dedicare ai servizi bibliotecari aziendali.

 

Note

(1) R. J. Dannat, Primary sources of information, revised by D. Robin H. Adams, in Information sources in the medical sciences, edited by L. T. Morton and S. Godbolt, 4th ed., London, Bowker-Saur, 1992, pp. 21-41.

(2) S. Lock, A difficult balance. Editorial peer review in medicine, London Nuffield Provincial Hospital Trust, 1985, p. 84.

(3) L. Cavazza, C. Bassi, Il secondo censimento delle biblioteche biomediche della Regione Emilia-Romagna, in GOT in progress. Biblioteche biomediche e consorzi in Emilia-Romagna, a cura di L. Cavazza, "IBC", IX, 2001, 4, pp. 59-66.

(4) M. Guerrini, Catalogare le risorse elettroniche: lo standard ISBD(ER), "Biblioteche Oggi", XVII, 1999, 1, pp. 46-70.

(5) A. De Robbio, Periodici elettronici nel cyberspazio, "Bibliotime", IV, 2001, 3, www.spbo.unibo.it/bibliotime/num/-v-2/derobbio.htm.

(6) A. De Robbio, I periodici elettronici e la persistenza della memoria cartacea: un problema di definizioni , "Bibliotime", III, 2000, 2, www.spbo.unibo.it/bibliotime/num/-iii-2/derobbio.htm.

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