Rivista "IBC" XIII, 2005, 2

Dossier: Le biblioteche della salute

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Le antiche biblioteche della salute

Laura Cavazza
[IBC]
Zita Zanardi
[IBC]

L'interesse per i beni culturali delle aziende sanitarie non è di lunga data nella nostra regione, se si eccettuano le biblioteche, oggetto delle cure della Soprintendenza per i beni librari e documentari da oltre vent'anni. Anzi, questo interesse appare in forte crescita negli ultimissimi anni ed è dovuto a vari fattori, primo fra tutti quello normativo. Tra il 1992 e il 1996 si completa infatti il percorso legislativo nazionale e regionale che porta al riconoscimento dei beni culturali come parte integrante del patrimonio aziendale. Il passo immediatamente successivo avrebbe dovuto essere l'assunzione della piena responsabilità da parte delle aziende, delle necessità di conoscenza, tutela e corretta conservazione dei beni di cui erano improvvisamente entrate in possesso. Ma, dopo lo sconcerto iniziale, dovuto all'assoluta mancanza di personale esperto in grado di far fronte alle nuove e sconosciute esigenze relative al trattamento di una grande quantità di materiali fra i più svariati, le aziende sanitarie, in generale, hanno reagito in prima battuta dando corso a soluzioni "fai da te", oppure interpretando il bene culturale come strumento per risanare bilanci in rosso. Solo in alcune situazioni più avanzate, in cui storicamente si era già affermata la consapevolezza della responsabilità della tutela, si è ottenuto il pieno consolidamento della politica di corretta conservazione in direzione di un maggior impegno nella valorizzazione.

Oggi, ad alcuni anni dall'entrata in vigore delle normative, ci sembra di poter affermare che sono stati fatti alcuni passi in avanti da parte delle aziende nel farsi carico dei propri beni culturali e della relativa salvaguardia, anche se si osservano ancora gravi aspetti di criticità in quelle strutture in cui non si è ancora sedimentata una concezione aziendale sufficientemente condivisa di possesso del bene culturale da valorizzare. Insomma, la strada da percorrere è ancora lunga e la consapevolezza che i beni culturali aziendali rappresentano una risorsa "patrimoniale" un po' speciale che va protetta e valorizzata si fa strada lentamente e non sembra ancora del tutto acquisita all'interno delle aziende.

La mostra "Le arti della salute", organizzata dall'IBC e dall'Assessorato regionale alla sanità, e inaugurata a Bologna il 17 maggio 2005, rappresenta un significativo contributo in tal senso e concorre pienamente allo scopo di estendere la coscienza di cui si parlava, amplificandone la portata pubblica.

Crediamo che il contributo dell'IBC in questa direzione sia stato forte, ma è necessario rilevare che l'interesse delle aziende sanitarie stenta a decollare, in particolare per le biblioteche, nonostante gli sforzi e l'impegno profuso dalla Soprintendenza per i beni librari in tanti anni.1 La compresenza di materiali antichi insieme con quelli recenti legati all'informazione scientifica corrente non semplifica le cose. I libri antichi devono essere protetti e correttamente conservati all'interno delle biblioteche aziendali nel rispetto delle norme di tutela e il materiale corrente - dal libro alla rivista degli anni Sessanta al documento digitale - deve anch'esso trovare la corretta collocazione in biblioteca in ragione delle funzioni che è chiamato ad assolvere. Il modello verso cui orientarsi è quindi un ibrido tra biblioteca di conservazione e biblioteca speciale e specializzata, che assolva cioè le funzioni di tutela e conservazione di fondi antichi chiusi e, contemporaneamente, quella di fornitrice di informazione per i professionisti della salute: un'informazione mirata, accurata e aggiornata, che viene offerta in risposta a bisogni dell'utente che la struttura è in grado di identificare e soddisfare in maniera dinamica e veloce. Questo modello, non semplice da realizzare, presuppone una consapevolezza delle funzioni e una conseguente assunzione di responsabilità in termini di investimenti adeguati e di personale con un'altissima professionalità specifica. Presuppone un elevato livello qualitativo delle prestazioni di professionisti dell'informazione che nei ruoli professionali del Servizio sanitario nazionale non esistono neppure. Eppure in alcune situazioni aziendali tutto questo è già stato fatto con successo.

E allora come affrontare la questione? È necessario che tutte le aziende facciano fronte con piena consapevolezza alle responsabilità in merito ai propri beni culturali e alla gestione dell'informazione scientifica al proprio interno avviando, di concerto con le istituzioni preposte, come la Soprintendenza, una profonda riflessione su queste tematiche in modo da poter proseguire nella direzione più corretta. Si è finalmente imboccata la strada giusta, ma c'è ancora molto da fare.

Nella maggior parte dei casi non siamo in grado di conoscere oggi quali tesori conservassero originariamente le biblioteche degli ospedali. Al momento, quantitativamente parlando, si tratta di un patrimonio complessivo di circa 40.000 volumi, tra libri e periodici, contenuto in undici istituzioni sanitarie. Purtroppo questo patrimonio, nella sua esiguità, rappresenta tutto quello che è sopravvissuto a decenni di mancata tutela, di cattiva conservazione e a varie vicende di dispersione, soprattutto recenti. Ma anche dei patrimoni antichi tutelati e in qualche modo catalogati abbiamo una conoscenza abbastanza superficiale da un punto di vista qualitativo, se si eccettuano i libri di autori particolarmente famosi, come per esempio Vesalio, Paré e Mattioli, per non citare che i più noti.

L'allestimento della mostra "Le arti della salute" ci ha fornito l'occasione di andare a cercare tra questi libri trovando materiali per la maggior parte sconosciuti o quasi, ma di estremo interesse, in alcuni casi di grande valore e comunque assolutamente originali e irripetibili per il contesto storico-bibliografico che ha portato alla loro conservazione. L'iniziativa di questo dossier di "IBC" sulle antiche biblioteche della salute risponde proprio all'esigenza di mostrare qualcosa in più della ricchezza del patrimonio di libri antichi rispetto a quanto non si sia potuto presentare in mostra, in ragione dei criteri e dei temi prescelti per l'esposizione.

Nella selezione dei materiali oggetto di studio sono state privilegiate le edizioni poco note di autori relativamente conosciuti dal pubblico, ma che potessero però apparire significativi per le loro scoperte e nella storia delle discipline mediche. Il nostro interesse si è appuntato preferibilmente su quei nomi che hanno avuto una rilevanza locale o nazionale o su autori che hanno comunque operato ed esercitato la loro influenza in Emilia-Romagna. Tale influenza è testimoniata infatti dalla presenza nelle biblioteche aziendali di varie edizioni delle loro opere. I limiti cronologici della ricerca sono stati collocati all'interno di un periodo ampio che consentisse di poter contare su un "panorama" a tutto campo dei materiali a stampa antichi. I testi e le immagini che presentiamo sono tratti quindi sia da incunaboli che da libri pubblicati nei secoli successivi, fino alla prima metà dell'Ottocento. Inoltre si è tenuto conto del fatto che la proprietà dei materiali fosse limitata alle sole biblioteche delle aziende sanitarie regionali. Ogni opera riprodotta è stata corredata dalla citazione bibliografica, da una scheda descrittiva sintetica dell'edizione e da note biografiche sull'autore.

Per non togliere spazio vitale (e già esiguo) alle immagini, che comunque parlano da sole, due parole soltanto sulla breve antologia che segue: innanzitutto le edizioni sono disposte in ordine cronologico per secolo. In questo modo è possibile cogliere in maniera più immediata i cambiamenti che il tempo ha operato, sia sull'aspetto bibliografico che su quello strettamente scientifico: dall'impostazione tipografica sobria ed elegante degli incunaboli, a volte impreziosita dalle delicate lettere iniziali manoscritte, come nel caso del trattato di pediatria di Paolo Bagellardo, fino alle ricche ed opulente edizioni del Seicento e del Settecento, spesso dotate di antiporta incisa.

Fin dalle sue origini, ad opera di Leonardo, la rappresentazione anatomica del corpo umano e delle sue parti,  che la scoperta della stampa consentì poi di trasmettere con una ampiezza di divulgazione e una precisione prima impossibili, pur riportando le dovute correzioni derivate dalle conoscenze acquisite con l'esperienza, è stata sempre accurata e comunque sempre affidata a validi artisti, spesso fra i migliori del loro tempo, come Hans Wechtlin, il "Pellegrino", illustratore del bellissimo Feldtbüch di Hans "il guercio" Gersdorff, o Francesco Valesio, incisore che ritorna spesso nelle opere di carattere scientifico: oltre a firmare le illustrazioni che accompagnano alcuni dei testi qui descritti, è, per esempio, anche l'autore delle figure che illustrano una delle edizioni successive alla "princeps" del De humani corporis fabrica di Andrea Vesalio, il famoso trattato di anatomia che nella sua prima stampa, del 1543, reca le splendide incisioni di Stephan von Calcar (presente alla mostra "Le arti della salute" con l'esemplare posseduto dall'Azienda ospedaliero-universitaria di Ferrara).

Un'altra caratteristica che accomuna molte delle opere prese in esame e anche delle altre possedute dalle antiche biblioteche della salute è la rarità: a titolo esemplificativo, dei Consilia di Ugo Benzi, stampati a Bologna nel 1482, in tutto il mondo a tutt'oggi si conosce solo un altro esemplare, posseduto dalla Biblioteca dell'Università di Yale. Anche gli altri due incunaboli sono molto rari e inoltre il Compendium aromatariorum di Saladino da Ascoli (stampato a Bologna nel 1488), insieme con il Luminare Maius di Giovanni Giacomo Manlio (stampato per la prima volta a Venezia nel 1494 e presente nella Biblioteca dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Ferrara nell'edizione giuntina del 1542), è considerato una delle raccolte più antiche di medicamenti e di "ricette" sul modo di esercitare l'arte della medicina e della spezieria.

Anche gli archivi annessi alle biblioteche della salute contengono documenti che sono preziosi per il loro contenuto e, quindi, per il significato di testimonianza dell'origine e della formazione di questi patrimoni, ma presentano pure, per lo meno alcuni di essi, un indubbio interesse anche dal punto di vista "estetico". Ne abbiamo selezionato un paio, a titolo esemplificativo: foto e diagrammi tratti da statistiche ospedaliere sono solo un assaggio di un patrimonio documentario che merita sicuramente di essere conosciuto.

La rilevanza storico-bibliografica e la suggestione dei materiali messi in luce dallo studio svolto richiedono senza dubbio degli approfondimenti che non ci è stato possibile sviluppare in questa sede. Ma le antiche biblioteche della salute offrono ancora molte ricchezze da scoprire e ci auguriamo che questa iniziale selezione possa essere il primo di altri successivi appuntamenti intesi a mettere in luce un patrimonio a lungo dimenticato, ma che merita di essere conosciuto e, ove ancora non sia stato fatto, indagato, ordinato e catalogato, attività fondamentali per una corretta opera di tutela e di valorizzazione. Tale processo potrà essere avviato seriamente solo quando le aziende sanitarie metteranno se stesse nelle condizioni di conoscere e apprezzare consapevolemente ciò che possiedono.

 

Nota

(1) L. Cavazza, Interventi dell'IBC. Biblioteche, in I patrimoni culturali delle Aziende sanitarie in Emilia-Romagna. Conoscenza e valorizzazione, a cura di G. Campanini, M. Guarino, G. Lippi, supplemento a "IBC", IX, 3, 2001, pp. 14-18.

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