Rivista "IBC" XII, 2004, 3

musei e beni culturali / didattica, mostre e rassegne, progetti e realizzazioni

È possibile trasformare una mostra temporanea in un'occasione di crescita culturale diffusa e duratura? La Fondazione Cassa di risparmio di Modena e la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia hanno accettato fino in fondo la scommessa...
La mostra in gioco

Elena Ciresola
[curatrice di progetti didattici per la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia e la Fondazione Cassa di risparmio di Modena]

Una città, Modena, una mostra, "Da Modigliani al contemporaneo. Sculture dalle Collezioni Guggenheim" (30 novembre 2003 - 7 gennaio 2004), un'idea collaborativa tra mostra temporanea e pubblici e tra mostra temporanea e scuole del territorio: ecco gli elementi del progetto "Educare all'arte del Novecento". L'iniziativa ha previsto un'articolazione circolare di proposte, che identificavano un motore, la mostra temporanea a Modena, un processo privilegiato, interconnesso tra scuola, mostra d'arte e città di Modena, una azione da parte di un pubblico particolare (quello delle scuole), che, attraverso un concorso, diventava autore-sperimentatore. La garanzia del successo dell'iniziativa è in questa circolarità, fatta di ricerca, di dialogo, di relazioni con motivazioni alla conoscenza diverse, di creazione di nuove idee, dopo averne "osservate" tante.

Porre la cultura al servizio dell'educazione: questo è stato l'obiettivo condiviso dalle istituzioni scolastiche coinvolte nel progetto e dall'ente promotore, la Fondazione Cassa di risparmio di Modena ( www.mostre.fondazione-crmo.it), che ha creduto per prima all'operazione, gestendone attivamente l'organizzazione. Una mostra temporanea chiude: questa caratteristica è normalmente considerata "negativa" per la continuità di apprendimento. Ecco che invece qui si è cercata un'altra connessione, con oggetti o edifici della città di Modena che determinassero costantemente una possibile relazione dello sguardo. Come? È sufficiente un leone stiloforo del protiro della famosissima cattedrale di Modena messo a dialogare con un leone di Mirko in mostra... Piccole cose che aiutano i modi di vedere. Grandi esigenze per la nostra cultura, riconosciuta da tutto il mondo proprio per il suo patrimonio storico-artistico.

Le scuole coinvolte a partire da questa occasione temporanea possono muovere, con la forza educativa che compete loro, itinerari del pensiero visivo, non solo come ricerca specifica nel mondo dell'arte e degli artisti, ma anche come ricerca nelle idee degli uomini del secolo appena chiuso a confronto con altre idee, di saperi diversi e di secoli diversi, in luoghi diversi. Entrando in quel "brodo" di cultura planetario che Edgar Morin definisce un "tratto caratteristico della seconda parte del XX secolo, che dovrebbe amplificarsi nel XXI secolo, favorendo così la mondializzazione della comprensione".1 Comprensione fatta anche di comunicazione fra culture, che lo stesso Morin ritiene oggi fondamentale.

In una mostra temporanea, fatta di opere d'arte del secolo scorso fino ai giorni nostri, si può dunque cercare un contatto con un'idea, si può vedere direttamente, come auspicava Roberto Longhi, l'opera (e non nel chiuso dell'"aula fredda, dinnanzi alle diapositive sinistrate"),2 si può riflettere e discutere su ciò che ci sta davanti, perché le opere d'arte non siano solo "tutte le opere pubblicate nei libri di storia dell'arte".3 L'importanza della mostra temporanea sta nel permettere un incontro tra opere che vivono così un'altra storia, in un nuovo luogo, per mano di un regista dell'occhio quale è il curatore.

Oggi questa prerogativa delle mostre è fondamentale, poiché: "L'arte ha disertato le opere. Nel senso che s'è rifugiata in mezzo alle opere, là dove solo l'organizzatore della mostra può rintracciarla. È dunque possibile metterla in scena solo all'interno della mostra stessa. L'organizzatore è diventato l'autore, gli artisti attori o semplici comparse".4

Ecco perché il curatore della mostra "Da Modigliani al contemporaneo", Luca Massimo Barbero, ha aperto le sue scelte critiche nell'incontro con i docenti di tutte le scuole di Modena e provincia, per avvicinare l'idea dell'arte all'itinerario dentro l'allestimento temporaneo e per promuovere possibili percorsi dell'occhio nelle discipline insegnate. Non solo. L'allestimento presentato in anteprima ai docenti è una sorta di riflessione su misura di possibili fruitori, gli studenti, perché si visualizza il racconto del curatore in relazione al modo di vedere dell'artista, nelle declinazioni didattiche possibili offerte sia durante l'incontro che nel book didattico.

Questa ricerca nelle opere e nel luogo dell'allestimento espositivo, poi, è diventata ricostruzione di un nuovo pensiero, perché il concorso, aperto alle scuole di Modena e provincia, chiedeva di esprimere sé stessi con modalità diverse, tra forme, colori e scrittura. Gli insegnanti hanno permesso questa nuova operazione, questa dimensione di contatto-contagio con una esperienza fuori aula, visibile chiaramente non solo dall'altissima qualità dei lavori e dal numero enorme dei partecipanti, ma anche dallo stile che traspare nelle righe delle presentazioni ai lavori dei loro studenti. Sullo sfondo educativo di una forte motivazione alla conoscenza del nuovo e di sé stessi. Con una dimensione impegnativa dell'insegnante, visto alla maniera di Paola Mastrocola: "Io non voglio insegnare proprio niente nella vita. Io non voglio insegnare. Perché dovrei? Non ho nulla da trasmettere, e anche l'avessi perché trasmetterlo? Insegnare proprio no. Semmai allevare. Rafforzare le ali a qualcuno, perché voli, questo sì, questo mi piace".5 Molti studenti hanno volato.


Guggenheim's ways

La prima parte del progetto è relativa alla formazione di "guide", ovvero di "educatori in mostra". Il corso formativo ha previsto una struttura fatta di incontri sulle tematiche dell'arte in mostra (con il curatore, Luca Massimo Barbero), incontri e laboratori di ricerca sulle interpretazioni possibili nella fruizione dei pubblici (con il curatore didattico, Elena Ciresola), ricerca-studio e produzione di materiali didattici in gruppo ("I martedì della Fondazione"). Da due input tematici, quello ambientato nel tema della Mostra e quello della mediazione educativa, partono tre azioni:

1) una ricerca-studio, parte in gruppo e parte individuale, per riflettere sulle scelte possibili di "Vie dell'Arte" nel tema della mostra, da offrire a pubblici diversi;

2) una condivisione metodologica sugli approcci educativi, approcci proposti nelle lezioni sulla base di teorie psicopedagogiche, prima da costruire insieme e poi da selezionare sulla base delle ipotesi considerate più adatte per la categoria di pubblico a cui ci si rivolge;

3) una flessibilità operativa nella relazione con i gruppi di pubblico, che prevede un rigore di scelta nelle categorie critiche ma ampie varianti nelle richieste dei pubblici. Le "Vie dell'Arte" sono progetti comuni di itinerari della visione, con sguardi, metodi, parole, fatti. Il numero dei membri del gruppo deve essere sempre intorno a un massimo di dieci o quindici, proprio per permettere una relazione con tutti.

Così le "Vie dell'Arte" si sviluppano su di una trama, fatta di aree curatoriali, con processi e percorsi diversi, non solo sulla base dell'età, ma anche sulla base delle singole relazioni tra gruppo ed educatore. Questa modalità autorizza così una grande motivazione alla responsabilità del singolo educatore, perché investito non da un compito ripetitivo, ma da una risposta individuale e soprattutto creativa e costruttiva rispetto al problema.


La formazione dei docenti

La seconda parte del progetto offre itinerari didattici trasversali ai curricoli scolastici, itinerari diversificati per le scuole elementari, medie e superiori. Questa fase viene costruita attraverso due incontri e un book didattico. L'input è solo l'inizio di un processo di sperimentazione che si desidera attivare nelle scuole, per promuovere una didattica dell'arte e una didattica interdisciplinare.

Gli incontri propongono sia la conoscenza dell'itinerario della mostra, prima con il curatore poi direttamente in mostra, sia le potenzialità didattiche di un tale percorso all'interno dell'educazione della cultura del Novecento, con i due incontri curati dal responsabile didattico.

Gli itinerari si muovono diversamente sui tre ordini di scuole, scegliendo: un tema ritagliato tra quelli possibili nella mostra; una modalità operativa, per cercare innovazione metodologica sia nel campo laboratoriale che in quello didattico; alcuni esempi di azioni possibili, presentate nel book didattico, dove l'aspetto interdisciplinare dell'arte è la risorsa principale. Un abstract dal book ne fornisce qui di seguito un esempio relativo alla scuola media inferiore.


Un moderno bestiario nella scultura del Novecento

"L'arte fa nascere le idee non le riproduce. Ciò vuol dire che un'opera d'arte vera nasce intuitivamente senza una ragione preconcetta, perché l'arte è la ragione stessa e non si può spiegare a priori".6 Gli animali nelle avanguardie come gli animali in un antico bestiario medioevale: è uno dei temi curatoriali di Luca Massimo Barbero. Come una cattedrale medioevale che apre la sua porta principale, così la navata del Foro Boario, sede della mostra modenese, apre una nuova trama, dopo quella iniziale, con due terribili e affascinanti leoni di Mirko, che anticipano la scultura principale di questa sezione: la Maiastra di Constantin Brancusi, immagine mitica di un uccello benefico del mondo rumeno. Fino ad arrivare al Niger Crocodile di Mario Merz, del 1972-1989, che sulla parete verticale fa sfilare un mostruoso coccodrillo seguito dai numeri di Fibonacci al neon, dove l'arte diventa concetto.

"Viene prima il numero uno. Poi uno più uno due. Due più uno tre. Due più tre cinque. Cinque più tre otto. Otto più cinque tredici. Tredici più otto ventuno. Ventuno più tredici trentaquattro... Centoquarantaquattro più ottantanove fa duecentotrentatre: è un numero della serie di Fibonacci, legge della proliferazione numerica individuata dall'abate medioevale vissuto a Pisa, una sequenza numerica e al contempo organica. Tutta l'opera di Mario Merz ha al suo centro questo seme vitale... da qui la predilezione assoluta per la forma a spirale, come forma matematica e simbolica".7

Una via di ricerca nella scultura è facile a Modena: basta una lastra della Genesi di Wiligelmo, o un capitello sempre della Cattedrale, per cominciare un'osservazione e poi provare a confrontare. Il Medioevo racconta le paure anche nelle Chiese, l'animale è simbolo ma è anche natura che non sempre l'uomo sottomette. La cattedrale, luogo del potere religioso, insieme al palazzo del Comune, luogo del potere politico, insieme al Mercato, luogo del potere economico di una comunità, sono i segni tangibili delle nostre città, della storia della città medioevale, che Henry Pirenne ha così attentamente narrato.8 La città è il luogo di queste strutture storiche, di queste emergenze architettoniche, di riusi o restauri che hanno permesso di viverle costantemente, anche se in modi diversi. E la scultura vive in relazione con il luogo che l'ospita, perché è pensata in funzione dell'ambiente, per un fedele che nel Medioevo è sottomesso alla logica rigida dei due principali poteri, Clero e Nobiltà.

L'ambiente è fondamentale, perché l'architettura "è un fenomeno concreto [...]. In architettura forma spaziale significa luogo, percorso e zona, ossia la struttura concreta dell'ambiente umano".9 L'ambiente allora è il Foro Boario o il duomo di Modena, esempi diversi di spazi concepiti per l'uomo, dove gli studenti possono muovere le loro conoscenze e ricostruire un sistema delle immagini, tra mondo della mimesi e mondo dell'antifigurativo. Una ricostruzione provata anche da poeti, come Eugenio Montale, che nel 1953 pubblicava sul "Corriere della Sera" il suo incontro con Brancusi: "Se ho ben compreso, secondo lui, l'uomo d'oggi, avendo orrore del proprio volto, ha deciso di farlo sparire, di sopprimerne i connotati. Per questo io parlo di arti visive, e non più di arti figurative e plastiche. Scomparsa la figuratività in pittura, scomparsa la plastica nella scultura, le arti che si gustano con l'occhio non possono avere altra denominazione. [...]. L'astrattismo (se vogliamo usare arbitrariamente questa etichetta per tutte le ricerche di pittura o scultura non figurative, o meglio non imitative) è oggi tabù a Parigi, è cosa sacra e indiscussa". L'incontro con questo scultore, definito "Fidia senza l'aneddoto", lascia in Montale una forte suggestione: "In verità, l'impressione che mi avevano lasciato quelle apparizioni larvali era stata potente. Brancusi mi apparve per un attimo come il possente artefice di quella deshumanización del arte che trent'anni fa ha trovato il suo retorico in José Ortega y Gasset: lo scultore di un mondo che aspira a rientrare nella preistoria, di un'umanità che sa creare solo grandiosi simboli formali, sigle, diagrammi: annunzi di Apocalisse".

Il Medioevo nella lastra di Wiligelmo e l'avanguardia nella Maiastra di Brancusi, che rompe l'arte "con aneddoto (cioè con qualche cosa che ricordi la vita dell'uomo)",10 hanno contatti nel racconto dei due artisti, nel loro linguaggio breve, incisivo, essenziale, fatto di masse plastiche fortemente sintetizzate.

Le storie della Genesi di Wiligelmo sono episodi chiari, schematici, inquadrati in una simmetria che dà ordine al racconto, fatto di poche parti: Dio Adamo e la roccia rappresentano la creazione dell'uomo, Adamo Eva e l'albero con il serpente sono il peccato originale. Il luogo di questo racconto non ha profondità, le figure umane emergono dalla superficie della pietra con violenza, con la forza di un Testo Sacro ribadito dal pulpito e con la paura di un uomo peccatore.

L'uccello temuto dalla fantasia del folklore rumeno, e ripetuto per altre sette volte da Brancusi, è una forma mistica, scolpita nell'ottone dorato e lucido di un piumaggio riflettente e specchiante. Diventa una forma assoluta e armoniosa, composta di parti morbide e parti rigide, come fosse un maestoso uccello appollaiato su un piedistallo. "La naturalità in scultura è nel pensiero allegorico, nel simbolo, nella sacralità e nella ricerca dell'essenziale nascosto nel materiale, e non nella riproduzione fotografica delle apparenze esteriori. Lo scultore è un pensatore e non un fotografo delle apparenze instabili, multiformi e contraddittorie".11

Ma ricordiamo che la rottura della prospettiva rinascimentale, accuratamente analizzata da Erwin Panofsky nel saggio La prospettiva come forma simbolica, uscito tra i Vorträge dell'Istituto Warburg nel 1927, è un fenomeno tipico dell'arte del Novecento, insieme alle modifiche della committenza e alle invenzioni tecnologiche. L'opera d'arte del XX secolo cessa la sua funzione necessariamente mimetica, a cui ci aveva abituati nella classicità, rompe la perizia tecnica della manualità antica, costruendo un nuovo oggetto, un nuovo processo, un nuovo concetto.

L'ambiente della mostra temporanea sul tema del bestiario permette di lavorare sia sulla costruzione di una ricerca tra due mondi lontani, quello medioevale e quello dell'avanguardia, così come di analizzare il problema del rapporto tra natura e uomo nell'arte del nostro secolo.


Il concorso per le scuole

La terza parte del progetto è consistita nella promozione di un concorso aperto alle scuole di Modena e provincia, per favorire l'incontro con l'arte del Novecento, intesa come sistema culturale della storia, del territorio e della società. Il concorso, legato ai temi della mostra temporanea del Foro Boario, ha richiesto la produzione di un elaborato. Tra i temi: "Uno-tanti ritratti", per la scuola elementare; "Invento un animale o tanti animali fantastici", per la scuola media; "Racconto attraverso un'opera", per la scuola superiore. La partecipazione ha significato:

1) la ricostruzione dell'itinerario nell'opera d'arte vista in mostra;

2) la riflessione personale e di gruppo sui temi proposti in mostra;

3) la produzione di una nuova idea, nell'ambito di un itinerario didattico che ogni insegnante ha ipotizzato nella propria classe;

4) l'esposizione al pubblico di tutti i lavori realizzati dalle scuole di Modena e provincia nell'ambito del concorso, esposizione allestita nello stessa sede del Foro Boario, che per tre mesi ha ospitato la mostra proveniente dalle Collezioni Guggenheim;

5) la stampa di un catalogo, La mostra la facciamo noi, pubblicazione che contiene le riproduzioni di tutti i lavori pervenuti e giudicati dalla commissione, che a maggio ha proclamato tre vincitori per ogni ordine di scuola, con relativo premio.


Infine. la mostra la facciamo noi

La Fondazione Cassa di risparmio di Modena ha permesso dunque una grande operazione. È solo un inizio: le scuole di Modena hanno partecipato con un'enormità di lavori al concorso, con una qualità di ricerca altissima, con attenzione anche alla presentazione dei lavori (era richiesta una breve introduzione da parte del docente o degli studenti), con una eccellente selezione dei lavori presentati (ora tutti fotografati e raccolti nel catalogo), con una forza che è stata entusiasmante.

L'apertura culturale offerta attraverso l'arte del Novecento si muove nella ricerca di possibili percorsi culturali-didattici tra il territorio e le scuole, dove ora è il territorio a promuovere iniziative, ma poi, alternativamente, si possono attivare sia le scuole che le istituzioni territoriali. La cooperazione dei due ambiti è fondamentale per un'azione culturale in sinergia, sia rispetto al problema educativo delle future generazioni, sia rispetto al problema culturale del mondo contemporaneo.

La formazione di educatori esperti propone un modello flessibile di "guida", perché i modi di vedere l'opera vanno aiutati mettendoli in relazione con i riferimenti culturali dei pubblici. È una fase molto importante, perché permette la declinazione dal piedistallo dell'opera, con percorsi dello sguardo e con azioni manuali. Le conferenze di formazione docenti promuovono anche modelli e itinerari didattici, che i docenti possono sperimentare nelle singole realtà scolastiche: solo costruendo una rete significativa di sperimentazioni si potrà verificare il modello didattico proposto negli interventi con i docenti.

Questa è la sfida nuova: coniugare una ricerca sull'arte, visibile per tre mesi, con un'attenzione educativa rispetto a tutti i pubblici delle scuole, con un impegno sia nella formazione che nella sperimentazione concreta effettuata durante un anno scolastico, con una partecipazione forte alla realtà del territorio. L'arte esposta in mostra viene così reiventata attraverso le esperienze e le idee dei bambini e dei ragazzi delle scuole: una forma di apprendimento che Edgar Morin reputa eccellente, poiché consiste nel "com-prehendere". Con o senza manuale, con una o tante materie, con o senza cronologia, con o senza prerequisiti. Costruendo cultura insieme, per il nostro futuro.

 

Note

(1) E. Morin, I sette saperi necessari all'educazione del futuro, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2001.

(2) R. Longhi, Viatico per cinque secoli di pittura veneziana, Milano, Sansoni, 1945.

(3) A. Bonito Oliva, Autocritico automobile, Roma, Cooper Castelvecchi, 2002.

(4) P. Ménard, La collection comme méta-ovre, in Générique. Vers une solidarité operationnelle, catalogo della mostra, Meymac, Abbaye Saint-André - Centre d'Art Contemporain, 1992.

(5) P. Mastrocola, La gallina volante, Parma, Ugo Guanda, 2000.

(6) C. Brancusi, Aforismi, a cura di P. Mola, Milano, Abscondita, 2001.

(7) A. Bonito Oliva, Mario Merz, nell'igloo aveva cercato l'infinito, "Repubblica", 10 novembre 2003.

(8) H. Pirenne, Le città del Medioevo, Bari-Roma, Laterza, 1971.

(9) C. Norberg Schultz, Il significato nell'architettura occidentale, Milano, Electa, 1973.

(10) E. Montale, citato in C. Brancusi, Aforismi, cit.

(11) C. Brancusi, Aforismi, cit.

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