Rivista "IBC" XII, 2004, 2

Dossier: Rappresentare la storia - Musei e contemporaneità

musei e beni culturali, dossier /

Lavorare per la memoria: il caso del Museo Cervi

Paola Varesi
[direttore esecutivo dell'Istituto Alcide Cervi di Reggio Emilia]

Il Museo Cervi e l'Istituto che lo gestisce dal 1972 si costruiscono sulla memoria, sulla necessità di conservarla ma anche di trasmetterla. Ricordare infatti non è uno stato passivo, e la memoria non è un tema astratto, ma implica lavoro, impegno, e chiarezza di obiettivi nelle azioni culturali affinché la conservazione diventi appunto trasmissione e comunicazione della memoria. Così, documenti, carte, oggetti, edifici storici, hanno un senso e un ruolo vero e diventano memoria solo quando sono messi nelle condizioni di essere fruiti, quando si guarda ad essi come a una risorsa che è importante comunicare, e relazionare con l'esterno oltre che studiare. Ed è oggi un dato ormai acquisito che i Musei si stanno sempre più trasformando in luoghi di incontro e di esperienza, mentre le loro missioni si ridefiniscono nella direzione della conservazione, della ricerca, dell' educazione.

Nell'occasione del Sessantesimo anniversario del sacrificio dei sette fratelli Cervi e di Quarto Camurri (1943-2003) l'Istituto Cervi ha ancor meglio definito queste finalità, lavorando in particolare sulla valorizzazione del patrimonio dell'Istituto; sull'approfondimento dei temi della ricerca storica e dei progetti legati alla trasmissione della memoria; sulla individuazione di efficaci strumenti di comunicazione che da un lato rendano fruibili gli esiti dei lavori di ricerca e dall'altro aumentino la visibilità del museo; sulla celebrazione di date ed eventi simbolo per la nostra storia repubblicana e democratica; sulla realizzazione di progetti educativi e didattici.

Conservazione, ricerca, educazione: parole chiave, dunque. Su questi temi il Museo sta lavorando da anni, tenendo sempre presente la necessità di misurare gli obiettivi generali con la verifica e la pratica quotidiane. E questa non è una professione di umiltà bensì l'esito del grande insegnamento di Alcide Cervi, il padre dei sette fratelli primi martiri della Resistenza, che ha posto le basi per la trasformazione della casa abitata già negli anni Trenta da lui, dai suoi nove figli e dalla moglie Genoeffa Cocconi in un moderno museo per la storia dei movimenti contadini, dell'antifascismo e della Resistenza nelle campagne.

L'idea di un museo doveva essere già presente a "papà Cervi" - così come tutti lo chiamiamo, come a dire un padre della patria - che in una lettera del 1964 confessava il desiderio di donare alle istituzioni locali i ricordi e le testimonianze del sacrificio dei suoi figli, uccisi per mano dei fascisti all'alba del 28 dicembre 1943. Di donarli alle istituzioni a garanzia di una memoria conservata, e dunque tramandabile. La storia del Museo Cervi è in buona parte qui, in questo atto, in questa ferma volontà, che ne segna anche il futuro: un museo fortemente ancorato alle istituzioni e al territorio (sarà la stessa famiglia a decidere dopo la morte di papà Cervi di conferire la casa e il podere dei Campi Rossi alla Provincia di Reggio Emilia). Un museo della memoria, che si sedimenta nel tempo accogliendo così, naturalmente, quelle precise indicazioni di papà Cervi, che si erano già concretizzate a dire il vero negli anni addietro, con il pellegrinaggio di visite, con i doni in memoria, che costruiscono l'identità di un'istituzione "spontanea", voluta dalla gente. Casa Cervi diventa così Museo, apparentemente senza un progetto, sviluppando gli spazi di vita e di lavoro della famiglia Cervi, che ai Campi Rossi era arrivata nel 1934.

La memoria della famiglia viene tramandata attraverso il racconto, attraverso l'oralità, attraverso la testimonianza di Alcide, delle vedove, dei familiari e di chi li ha conosciuti, e nel tempo si articola in progetto. Nel 1972, su iniziativa congiunta dell'Associazione nazionale partigiani d'Italia, della Confederazione italiana agricoltori, della Provincia di Reggio Emilia e del Comune di Gattatico, si costituisce l'Istituto Alcide Cervi, preposto a gestire insieme al costituendo Museo il prezioso patrimonio raccolto nella Biblioteca-Archivio Emilio Sereni, che si forma nella sede romana dell'Istituto Cervi per volontà dello stesso Sereni. Nel frattempo Casa Cervi si adegua a nuove esigenze museali. Nel 1975, dopo l'acquisto dell'immobile e del fondo da parte della Provincia di Reggio Emilia, è stato possibile iniziare un lavoro di consolidamento della struttura e avviare la definitiva trasformazione della casa in museo. Con i documenti provenienti dall'archivio della famiglia viene poi allestita all'inizio degli anni Novanta una mostra sulla vicenda dei Cervi e sui primi fatti della Resistenza, primo nucleo organizzato secondo criteri di comunicazione museale. È su questo primo nucleo che si porranno le basi per l'allestimento del nuovo Museo Cervi, inaugurato nell'aprile del 2001.

Questo progetto di riallestimento ha riletto gli spazi di vita e di lavoro della casa contadina seguendo l'ottica e l'obiettivo della massima fruibilità, per tutta l'utenza e in particolare per le scuole. Nel ripercorrere la storia della famiglia il riallestimento ha osservato e realizzato nelle soluzioni concrete un rimando continuo fra quella straordinaria vicenda e alcuni aspetti della storia del Novecento: il lavoro nelle campagne, l'antifascismo e la Resistenza, la costruzione della memoria repubblicana e democratica nel secondo dopoguerra, in un dialogo ininterrotto fra dimensione privata e dimensione pubblica. Le opere di adeguamento degli ambienti alle esigenze museali intervenute nel corso del tempo, non alterando la tipologia originaria dell'abitazione, con gli spazi di vita e di lavoro, l'hanno resa fruibile ad altre attività, didattiche ed espositive in primo luogo, e ne hanno positivamente condizionato lo sviluppo nel senso di un museo-laboratorio, luogo di studio e di approfondimento della storia contemporanea che vede nella scuola uno dei suoi interlocutori privilegiati.

La vocazione alla didattica, intesa come rapporto con le scuole e con gli insegnanti, negli anni si è espressa attraverso l'accoglienza e i corsi di aggiornamento rivolti agli insegnanti e alle scuole, e si è via via perfezionata nella direzione del museo-laboratorio. La visita diventa per le scuole non passiva fruizione, ma occasione di attivo coinvolgimento all'interno di una storia, e delle emozioni che essa ancora esprime. In più è occasione di contatto con carte, oggetti, ambienti, che vengono fatti fruire e non subire. Vanno in questo senso anche i recentissimi laboratori teatrali, che drammatizzando le visite guidate e ricreando talora i contesti di riferimento accentuano ancor più questa dimensione del fare.

In questa direzione procede anche il lavoro che si sta svolgendo con tutte le scuole del territorio, che sostituendo al termine "didattica" quello di "educazione" intende attivare un rapporto di scambio continuo fra scuole e Museo, il quale si offre non solo come servizio, e come luogo di visita, ma anche come luogo dell'approfondimento che esprime nel tempo e a diversi livelli di comunicazione tutte le sue diverse vocazioni. Perciò diventa fondamentale impostare un rapporto di dialogo continuo con le scuole, che nel Museo individuano un'occasione e uno strumento fruibile a più livelli e secondo tempi diversi, appunto, sia per quanto riguarda temi e contenuti, sia per quanto riguarda i relativi modi di comunicazione. La visita perde dunque la sua occasionalità e diventa la tappa di un lavoro a medio e lungo termine che gli insegnanti impostano insieme al personale del Museo.

La comunicazione con l'utenza, e in particolare con i giovani e gli studenti anima anche altri progetti recenti, che guardano sempre più al Museo nella sua globalità, con l'intenzione di valorizzarne tutte le componenti. È il caso del progetto di realizzazione del Parco agroambientale, che rileggendo il terreno lavorato dai Cervi secondo criteri di fruibilità museale e didattica intende realizzarvi un itinerario guidato all'ambiente rurale e naturale tipico della media pianura reggiana, ripristinando anche gli elementi tipici del paesaggio agrario dell'inizio del Novecento. Lo scopo del Parco agroambientale è mantenere e ricreare nell'ambito del territorio agricolo spazi con un buon livello di naturalità, e promuovere pratiche agronomiche rispettose dell'ambiente, contribuendo inoltre al mantenimento di elementi del paesaggio agrario locale ormai al limite della definitiva scomparsa, come la "piantata reggiana".

La recente unificazione delle sedi dell'Istituto Alcide Cervi - con il trasferimento a Reggio Emilia della Biblioteca-Archivio di Emilio Sereni, conservato nella sede romana dell'Istituto dall'inizio degli anni Settanta del secolo scorso (epoca della sua formazione) fine al giugno del 2003 - costituisce un'ulteriore e preziosa occasione di approfondimento dei temi legati alla storia del paesaggio agrario e anche dei movimenti contadini. Si tratta infatti di un consistente patrimonio che si è sviluppato nell'arco di un trentennio a partire dalle carte e dai libri di Emilio Sereni. La Biblioteca e l'Archivio raccolgono e organizzano infatti un patrimonio documentario, librario e archivistico di grande valore per la storia dell'agricoltura, della società rurale, dei movimenti contadini, italiani, europei ed extraeuropei. La Biblioteca consta di circa 16.000 volumi; le carte, organizzate in "Archivio satirico nazionale dei movimenti contadini" raccolgono e organizzano in 1.400 buste i materiali documentari pervenuti da organizzazioni politiche e sindacali e da privati, e relativi alla storia dei movimenti contadini italiani dalle origini ai nostri giorni.

La Biblioteca-Archivio si trova al momento nei locali del Polo archivistico di Reggio Emilia, dove da qui a poco sarà messa a disposizione del pubblico, dopo che ne saranno state verificate tutte le condizioni di fruibilità. Verrà poi definitivamente traslocato ai Campi Rossi di Gattatico, quando si ultimerà la costruzione di un nuovo edificio a lato di Casa Cervi (l'inizio dei lavori è previsto per la tarda primavera del 2004). Il nuovo edificio - che oltre agli spazi per la conservazione e la fruizione del patrimonio librario e documentario comprenderà anche un punto di ristoro per le comitive e l'utenza, e soprattutto spazi per le numerose attività non più realizzabili all'interno di Casa Cervi dopo che il riallestimento ne ha rimarcato il ruolo museale - si articolerà in due piani, e rispetterà nella forma e nelle dimensioni le proporzioni della casa-museo, per non sottrarle il ruolo centrale e la valenza attrattiva. La nuova costruzione riprenderà poi, nei materiali e nella morfologia, gli aspetti caratteristici delle costruzioni rurali reggiane che possono costituire elementi testimoniali del patrimonio delle nostre zone agricole. La Biblioteca-Archivio verrà quindi organizzata in un Centro Studi Emilio Sereni, con l'obiettivo principale di rendere fruibile il corpus dei libri e delle carte, consentendone la consultazione, lo studio, l'approfondimento.

Casa Cervi è così avviata a diventare sempre più luogo di incontro, di studio e di ricerca: questa intensa progettualità parte dalla convinzione profonda che oggi non basti più, o non basti solo, conservare la memoria, ma che i luoghi a questo deputati, come è appunto Casa Cervi, debbano proporsi sempre più come occasioni di conoscenza e di sapere, di esperienza e di emozione, e insieme di svago intelligente.

 

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