Rivista "IBC" XI, 2003, 3

Dossier: Percorsi della memoria

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"I percorsi della memoria" in Italia: un primo bilancio

Vito Paticchia
[IBC]

Il progetto europeo "Les chemins de la mémoire", elaborato nella primavera del 2001 e inserito nel programma comunitario quinquennale "Cultura 2000", aveva l'obiettivo di effettuare un censimento dei principali luoghi di memoria dei grandi conflitti che hanno coinvolto i paesi europei nel Ventesimo secolo, la Prima guerra mondiale (1914-1918), la Guerra civile spagnola (1936-1939) e la Seconda guerra mondiale (1939-1945), per presentare le diverse angolature che di quelle tragedie sono state elaborate in ogni paese. Nessun proposito di arrivare a costruire una memoria comune europea, dal momento che di ognuno di quei conflitti ciascun paese conserva una o più memorie e, talvolta, parte di quelle tragedie sono componente fondamentale del processo di costruzione della stessa identità nazionale di un popolo, quando non ne hanno favorito la nascita, il completamento o la ridefinizione in una entità statuale. E neanche un tentativo di stemperare i contrasti che hanno opposto fra di loro gli stati europei, ma la individuazione di alcuni dei luoghi più emblematici e simbolici che hanno accompagnato la recente storia europea, una geografia del dolore che aiuti soprattutto le nuove generazioni ad appropriarsi del nostro comune passato, favorendone i percorsi di conoscenza e approfondimento.

Il lavoro sulla memoria, ricordava il filosofo Paul Ricoeur, deve districarsi fra l'eccesso e l'insufficienza di memoria, che causano una scarsa elaborazione del dolore a scapito degli eventi e dei luoghi: è proprio su questi ultimi che si è concentrato l'impegno di ricerca delle istituzioni coinvolte nel progetto, per stimolare la conoscenza storica attraverso la scoperta dei luoghi e aiutare il lavoro di memoria di coloro i quali si trovano a confrontarsi con quel passato.

Si intendeva perciò mettere in rete, e quindi in comune, questi luoghi di sofferenza degli europei, quei "punti di condensazione" della memoria di cui parla Mario Isnenghi, perché i segni di recenti contrapposizioni divengano altresì radici di una Unione europea democratica e tollerante. In questo spirito il progetto "I percorsi della memoria" vuole essere un ampio lavoro cartografico, paese per paese, dei luoghi di memoria dei due conflitti mondiali e della guerra civile spagnola. Una simile geografia della memoria si può evidentemente costituire soltanto a partire da una grande banca dati che recensisca i luoghi, la loro storiografia nonché l'iconografia. Per ciascuno dei paesi partecipanti nel corso della ricerca si sono disegnati molteplici insiemi strutturati e storicamente coerenti di percorsi della memoria che aiuteranno a coniugare luoghi e momenti, evidenziando anche i molteplici livelli di memoria che esistono: luoghi di memoria fortemente strutturati e commemorati, luoghi più o meno segnalati, luoghi dimenticati o in ogni caso con tracce assai deboli. Lavoro scientifico e rigoroso, dunque, per il quale è stato necessario l'intervento di molteplici gruppi di storici, ma anche lavoro pedagogico, che al termine della ricerca si è proposto di presentare una guida attendibile dei due conflitti mondiali e della guerra civile spagnola su un sito internet specifico.

Riguardo all'Italia, e in particolare per la seconda guerra mondiale, non si trattava di elaborare una lista dei luoghi che negli ultimi decenni sono stati al centro delle commemorazioni ufficiali, ma di ripensare al passato italiano nella sua complessità, assumendo il peso di quello che Jean Améry ha chiamato il "patrimonio negativo" di un popolo, rappresentato per noi dalla responsabilità del regime fascista e dell'istituto monarchico nella dichiarazione di guerra del 10 giugno 1940. La costruzione in Italia di una memoria collettiva nel senso indicato da Maurice Halbwachs, come un "pensare e ricordare in comune", è molto difficile, dal momento che la società civile è stata a lungo divisa e lacerata e il passato italiano non è affatto un passato nazionale e unitario. Ci sono stati e continuano a persistere, ricorda Paolo Pombeni, "molti e diversi passati", storie diverse e parallele, non tutte elaborate allo stesso livello di cultura "alta" ma tutte ben radicate nel paese.

L'aspra guerra civile avviata poi in Italia dopo l'8 settembre tra i fascisti della Repubblica sociale italiana (RSI) e i partiti antifascisti ha ulteriormente lacerato il paese: la successiva nascita dello stato democratico ha sancito la legittimazione delle forze politiche che hanno guidato la resistenza ponendo la lotta di liberazione a fondamento del nuovo stato, ma non ha "pacificato" il paese. Questo resta un nodo da sciogliere, ma, ammonisce Gennaro Sasso, non spetta certo agli storici di assolverlo, e ancor meno a questo lavoro.

Consapevole della complessità e della delicatezza dell'impegno assunto nei confronti dei partner europei, l'Istituto per i beni culturali (IBC) della Regione Emilia-Romagna decideva di istituire un comitato scientifico composto da rappresentanti di qualificate istituzioni impegnate in Italia nel campo della ricerca storica, al fine di ottenere la più ampia garanzia scientifica. Sotto la presidenza di Angelo Varni, membro del consiglio direttivo dell'IBC, veniva insediata una commissione nazionale composta da Vincenzo Calì (Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia e direttore del Museo storico di Trento); Lutz Klinkhammer (Istituto storico germanico di Roma); Luigi Lotto (Giunta centrale per gli studi storici); Paolo Pezzino (Università di Pisa); Paolo Pombeni (Università di Bologna); Alberto Preti (presidente dell'Istituto regionale "Ferruccio Parri") e Michele Sarfatti (Centro di documentazione ebraica contemporanea) col compito di indirizzare il lavoro dei ricercatori italiani.

Le linee-guida del progetto erano state formulate dal Mémorial de Caen già al momento della formulazione della domanda, per essere poi ulteriormente specificate nel corso delle primissime riunioni dei partner. Senza soffocare la specificità di ogni realtà storica "nazionale", occorreva impostare il lavoro di ricerca per avere dati omogenei da inserire nel web, una forzata standardizzazione per realtà storiche diverse ma che avrebbe permesso un confronto dei risultati ed una lettura agevole per i destinatari principali del progetto: navigatori della rete e alunni dei vari gradi di istruzione. Ecco quindi le principali indicazioni emerse:

- circoscrivere la scelta dei luoghi di memoria al solo territorio "metropolitano": quelli esterni sarebbero stati oggetto di una seconda fase della ricerca;

- non superare, per ragioni di budget, 180-200 luoghi di memoria (ridotti poi ad un massimo di 140 per ciascun partner e per l'insieme dei due conflitti mondiali; per la Spagna, solo la Guerra civile);

- fornire per ogni località: una breve presentazione (massimo 300 battute); un testo storico (massimo 3.000 battute); informazioni di carattere "turistico" (massimo 1.500 battute); un corredo di 8 immagini (4 biancoenero e 4 a colori), ridotte poi a 2 per comprimere i costi;

- per la traduzione, ogni paese avrebbe tradotto nella propria lingua i testi prodotti dagli altri partner;

- predisporre una griglia di 4 aree tematiche dove inserire l'insieme dei luoghi di memoria: Operazioni militari; Fronte interno; Occupazione del territorio; Liberazioni.

Con una divisione così netta delle aree tematiche, valide per la Prima e per la Seconda guerra mondiale, si correva il rischio di annullare le differenze tra i conflitti scoppiati in Europa e, soprattutto, di non dare una lettura corretta della complessità della esperienza storica per ogni singolo paese. Un discorso a parte si imponeva per la Spagna, per la quale poi sarebbe stata elaborata specifica griglia con 5 differenti temi, ma la Germania non aveva avuto occupazione di territorio durante la "Grande Guerra", e l'Inghilterra né durante la Prima né tantomeno nel corso della Seconda. E poi, per l'Italia, come dar conto della memoria della "Grande Guerra" senza menzionare Caporetto o il Carso, in territorio sloveno o, per la Seconda, come tacere di Cefalonia, anch'essa fuori dai confini nazionali, la cui "riappropriazione" pubblica sta riscattando dall'oblio le tante pagine di alto valore civile e di dignità scritte un po' ovunque da ampi settori dell'esercito italiano all'indomani dell'8 settembre?

Durante le riunioni del comitato scientifico italiano si faceva notare come sarebbe stato più appropriato individuare aree tematiche più rispondenti alle "novità" emerse nel corso della Seconda guerra mondiale, quali la persecuzione ebraica, i bombardamenti aerei delle città, la resistenza armata all'occupazione tedesca: tale impostazione avrebbe permesso di rappresentare al meglio lo svolgersi degli eventi e, soprattutto, la tragica eccezionalità rappresentata dal folle tentativo di sterminare gli ebrei. Altre difficoltà, per l'Italia, erano una corretta collocazione in quella griglia di alcuni punti di svolta della nostra storia: il 25 luglio e l'8 settembre; la nascita della RSI; le operazioni degli anglo-americani (prima esercito nemico e occupante, poi cobelligerante e liberatore); il ruolo dei tedeschi (prima alleati poi nemici e occupanti). Riguardo agli ebrei, veniva chiesto di non ricordare solo gli episodi ascrivibili alle truppe di occupazione tedesca, ma di evidenziare le iniziative autonome e le responsabilità del fascismo italiano.

Per evitare che tutta questa complessità scomparisse nella genericità dello schema previsto, la commissione, anche per non intralciare i tempi di realizzazione del progetto, decideva di inserire dentro ogni area tematica alcuni sottotemi specifici per l'Italia, facendoli accompagnare da un ampio testo introduttivo nel quale recuperare e dar conto in maniera puntuale di tutti i passaggi critici di quegli anni. Le località "esterne" ai confini nazionali venivano comunque inserite nell'elenco anche se non sarebbero comparse nel web e, per alcuni luoghi legati alla persecuzione degli ebrei, veniva decisa la doppia collocazione e quindi la redazione di due schede quando si era in presenza di iniziative repressive portate avanti da soggetti diversi in tempi diversi. Caso emblematico (ma non il solo) era il campo di Fossoli: campo di internamento e prigionia dal fascismo fino al 25 luglio 1943; sotto la RSI centro di raccolta provinciale per ebrei; dal gennaio al luglio del 1944, centro di raccolta per la deportazione degli ebrei nei campi di sterminio in Germania sotto la gestione diretta delle SS. Infine la commissione invitava a prestare un'attenzione particolare per quegli episodi di resistenza civile e militare avvenuti nel Sud d'Italia dopo l'8 settembre, perché i risultati del progetto in corso fossero in sintonia con le recenti indagini storiografiche e con il recupero di episodi a lungo dimenticati.

Anche se in maniera sintetica, si è voluto dar conto di alcune delle problematiche affrontate fra i partner del progetto e all'interno del comitato scientifico italiano, per chiarire che il cammino iniziato in sede europea per una "onesta memoria" sta muovendo i primi passi.

 

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