Rivista "IBC" XI, 2003, 2
Dossier: Non solo film
biblioteche e archivi, dossier /
Lo storico del cinema è per sua deformazione professionale vittima di un malinteso, se egli pronuncia la parola "archivista" si riferisce ad una persona che conserva le pellicole dei film non ad un conservatore di materiale cartaceo. Questa ambiguità mostra come, per tanto tempo, nel mondo degli studiosi di cinema, l'archivio fosse un concetto estraneo o al più usato per definire una collezione di film.
Da alcuni decenni gli storici del cinema hanno iniziato ad interessarsi agli archivi cartacei in quanto depositi dei materiali "non filmici". Anche in questo caso il termine tradisce la forma mentis dei cinefili, per i quali la centralità del film rispetto ai materiali cartacei è indiscussa. Il termine "non filmici" generalmente utilizzato per tali materiali dagli addetti ai lavori tradisce un'indicazione di subalternità rispetto alla pellicola, che non condivido.
I documenti conservati negli archivi sono costituiti da svariate tipologie di materiali. Lo storico del cinema può reperire: manoscritti originali di soggetti e sceneggiature con le possibili varianti apportate in corso di lavorazione, le fotografie dei set e delle sale, le cartoline e altri materiali pubblicitari, i calendari, i bozzetti scenografici e degli abiti di scena, i plastici, la corrispondenza economica dei produttori e degli artisti, gli spartiti musicali.
La storiografia del cinema è nata da poco e manca di specifici apparati e repertori di fonti documentarie. Agli storici del cinema si pone pertanto il compito di affrontare e raccogliere le fonti archivistiche, censire quelle giornalistiche e raccogliere tutte le altre fonti primarie. Solo se dotata di questi apparati e repertori, la storia del cinema può realizzarsi e costituirsi su solide basi.
Le fonti archivistiche utilizzabili per scrivere la storia del cinema sono oggetto di questo intervento. Per prima cosa dobbiamo rammentare che gli atti d'archivio offrono sempre il punto di vista delle amministrazioni che li producono. Ad esempio un atto di polizia mette in luce gli aspetti di ordine pubblico causati dagli spettacoli cinematografici, mentre gli atti fiscali individuano il giro d'affari di questo e di quell'imprenditore.
Tra gli archivi privati meritano attenzione quelli individuali e familiari dove si conservano testimonianze di chi ha rivestito un qualche ruolo nell'industria cinematografica. Nelle biografie o nelle autobiografie di questi personaggi si possono trovare le motivazioni che li hanno spinti a scegliere un'occupazione così particolare. Alle volte tali fondi archivistici sono raccolti presso istituzioni preposte alla salvaguardia ed alla valorizzazione del cinema come i vari istituti o cineteche nazionali o regionali; raramente sono giunti a noi, per il periodo delle origini, archivi di case di distribuzione e/o di esercenti.
Tra gli archivi pubblici dove è possibile reperire documenti pertinenti alla storia del cinema si annoverano gli archivi comunali, provinciali, regionali, statali, giudiziari, notarili, scolastici, ecclesiastici, delle camere di commercio e degli ordini professionali. I documenti prodotti dalle amministrazioni pubbliche ci permettono di individuare l'iter burocratico che il cinema segue per affermarsi e l'atteggiamento che l'amministrazione pubblica assume nei suoi riguardi.
Tutti questi archivi meritano un accurato spoglio conoscitivo anche se forse i più ricchi sono quelli comunali, dove sono conservati documenti che testimoniano come per motivi di ordine pubblico ogni spettacolo debba essere preannunciato e autorizzato,1 i verbali delle sedute dei consigli cittadini che affrontano il tema dei permessi di affissione di cartelli pubblicitari, le norme relative alla prevenzione degli incendi (il cinema rientra nelle categorie industriali pericolose per due motivi, usa sorgenti luminose pericolose e le pellicole sono altamente infiammabili) e le richieste per ottenere il permesso di proiezione. Agli uffici comunali sono presentati i progetti architettonici relativi alle nuove costruzioni o al rinnovo di locali già esistenti. Questi disegni oltre ad interessare gli storici sono utili anche per gli architetti che si trovano a dover ristrutturare, restaurare o rinnovare vecchi cinema.
Anche le domande di occupazione del suolo pubblico, presentate dai proprietari dei baracconi ambulanti per ottenere il permesso di installare le loro attrazioni nelle piazze durante le sagre o le feste, sono di capitale importanza.
Eccezionali per rarità sono i fondi relativi alle imposte comunali sui pubblici spettacoli. Tali documenti di natura fiscale, che contabilizzano le tasse gravanti sui biglietti cinematografici, sono indispensabili per studiare il successo economico delle sale. Analoghi sono i borderò, nei quali i gestori annotano il numero dei biglietti venduti per ordine di posti e per singola proiezione.
Per comprendere l'impatto che il cinema ha avuto nelle comunità locali, fondamentali sono i reclami e le lettere di protesta contro un determinato film.
Negli archivi statali o provinciali sono comunemente conservate informazioni più generali, quali gli atti relativi alle concessioni delle licenze di gestione o i permessi per i proiezionisti o le liste dei film sottoposti alla censura.
Talvolta specifici archivi di polizia sono ricchi di una messe di documenti e raccolte di manifesti. Questo è accaduto abbastanza frequentemente nelle grandi aree metropolitane e nel mondo germanico ove anche i manifesti e le immagini fotografiche esposte al pubblico sono sottoposte a censura di polizia.
Anche gli archivi ecclesiastici non sono da trascurare. La Chiesa cattolica si interessa fin dalle origini al cinema e molti "credenti zelanti" si sono rivolti ai suoi ministri per protestare contro spettacoli troppo audaci o per invocare un uso non ricreativo ma didattico delle immagini in movimento. L'utilità dello spoglio degli atti conservati negli archivi ecclesiastici si desume prendendo in considerazione l'esempio italiano o francese e le numerose attività connesse al cinema portate avanti, fino ai giorni nostri, nelle parrocchie e negli oratori.
La caratteristica peculiare delle fonti archivistiche sul cinema è la loro scarsità. Una prima ed immediata spiegazione è connessa agli eventi catastrofici che l'Europa subisce nel corso dell'ultimo secolo. Per gli anni del dopoguerra la situazione migliora ma, molti dei documenti non sono accessibili ai ricercatori perché protetti dalle leggi sulla consultabilità dei documenti d'archivio.
L'esiguità delle fonti manoscritte non è comunque riconducibile solo alle guerre o alle catastrofi naturali ma è da ricercarsi nello scarso interesse verso questo divertimento dimostrato dagli enti amministrativi. Quasi nessuno si è assunto l'onere di raccogliere e conservare i manifesti, i programmi e i volantini. Spesso anche le disposizioni di legge sono disattese come ad esempio quelle emanate in epoca fascista, quando il Ministero degli Interni stabilisce l'obbligo di conservazione e di deposito presso gli Archivi di Stato dei manifesti cinematografici, selezionati in base a criteri di interesse storico, amministrativo ed artistico.2
La poca attenzione dimostrata dagli archivi ha una precisa motivazione. Il cinema, soprattutto nei primi anni di vita, è un divertimento delle classi meno abbienti. I primordi del cinema devono la loro oscurità al fatto che, sono stati ignorati dalle classi privilegiate, proprietarie dei mezzi di informazione stabili, come la scrittura, e degli enti ove essa viene conservata e tramandata. Il silenzio sui primi anni del cinema e la mancata sopravvivenza di molti documenti ad esso attinenti non è altro che un caso particolare del fenomeno denominato dagli storici del pauperismo come "mutismo dei poveri", formula con cui si nomina il silenzio che circonda le classi umili. Nella storiografia cinematografica il mutismo non riguarda le persone, ma i loro divertimenti; il cinema come passatempo del basso ceto patisce la stessa congiura del silenzio subita dai suoi fruitori.
Anche ai giorni nostri è frequente entrare in un archivio alla ricerca di atti sul cinema e non ottenere informazioni esaustive. Anche negli archivi ben organizzati, indici e inventari non riportano una voce "cinematografo" perché i documenti sono reperibili per istituzione o ente che li ha prodotti. Inoltre fino al primo decennio del Novecento gli atti relativi ai primi spettacoli cinematografici possono trovarsi nei preesistenti fondi teatrali o in quelli relativi agli spettacoli di piazza. Anche gli archivi teatrali possono custodire raccolte di manifesti, cartelloni o programmi cinematografici. Alle origini la commistione tra le due forme di spettacolo non è infrequente: spesso le primissime proiezioni si tengono nei teatri.
I documenti, fin qui esaminati, raramente permettono di individuare le sensazioni del pubblico. Lo studio delle reazioni del pubblico è forse uno degli aspetti più interessanti ma anche più difficilmente esaminabili, soprattutto per il periodo del muto. Un mezzo a disposizione dello studioso per svelare le impressioni degli spettatori è quello di censire gli archivi della memoria popolare, ove sono custoditi i diari, le lettere e gli scritti di persone, nei quali si possono nascondere commenti personali sul fascino esercitato dal cinema. Un altro tipo di archivio è quello dei cosiddetti "archivi viventi", cioè quello rappresentato dalla memoria dei protagonisti. Non tutti gli storici, nonostante le metodologie applicate con successo dall'oral history, giudicano positivamente tali ricordi personali. Pur con qualche precauzione siamo dell'avviso che sia meglio un ricordo fuorviato, che nessun ricordo dei fatti.
Un valido supporto all'analisi della documentazione archivistica è costituito dalle notizie pubblicate sulla stampa. L'accurata indagine delle informazioni giornalistiche è fondamentale per ricostruire lo sviluppo delle vicende cinematografiche di una certa realtà. Ma stilare una storia del cinema limitandosi alle sole riviste cinematografiche produce un appiattimento della ricerca. Grazie al confronto incrociato delle notizie pubblicate nei quotidiani è possibile infatti emendare eventuali possibili inesattezze. Dal punto di vista storiografico l'unicità delle fonti rappresenta un'aporia, che può essere mitigata proprio utilizzando gli atti d'archivio per confermare o smentire quanto affermato dai giornalisti.
Note
(1) Si veda in proposito: 1896-1914 Materiali per una storia del cinema delle origini, a cura di V. Angelini e F. Pucci, s.l., Studio Forma Editore, 1981.
(2) Bollettino Ufficiale della Regia Prefettura di Bolzano, 1930, pp. 172-173, "Affissi pubblici - Eliminazione e conservazione" Circolare 3 settembre 1930, n. 09824-Gab.".
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