Rivista "IBC" X, 2002, 4

Dossier: Ben(i) comunicati?

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi, dossier /

Introduzione

Valeria Cicala
[IBC]

Un inserto sullo "stato della comunicazione" dei beni culturali era quasi d'obbligo sulle pagine di una rivista dedicata alle problematiche della conservazione e valorizzazione del patrimonio e del territorio, anche alla luce di una serie di provvedimenti inquietanti che rischiano di snaturarne la gestione e impoverirne la consistenza. Il recente libro di Salvatore Settis, Italia S.p.A.,1 ha poi costituito un'ulteriore sollecitazione.

"IBC" è l'organo d'informazione di un istituto creato dalla Regione Emilia-Romagna nel 1974, un anno prima che fosse attuata la nascita del Ministero per i beni culturali e ambientali. Da quasi trent'anni, con caratteristiche che sono mutate (è stata bollettino, e poi rivista), la testata racconta la parabola del patrimonio italiano, attraverso le vicende dei musei, delle biblioteche, dei siti archeologici, delle montagne, delle risorse idriche di questa terra, ne scandaglia il paesaggio naturale ed architettonico, il profilo artistico e letterario.

Probabilmente, nell'area emiliano-romagnola il degrado, l'indifferenza sono stati più limitati che in altri contesti: per condizioni storiche, per un felice connubio che più volte si è creato tra amministratori e funzionari addetti alla tutela. Ma se la rivista propone regolarmente riflessioni sul patrimonio culturale ed è, dunque, strumento di informazione e di comunicazione destinato a chi già si muove ed ha interessi in questo ambito, è pur vero che l'Istituto, nel momento in cui realizza un progetto, una mostra, un incontro di studi cerca a sua volta spazio sui media.

Ci troviamo a fare comunicazione, ma anche a cercare di essere comunicati. Sperimentiamo sulla nostra pelle la difficoltà, l'eco ridotta che a temi portanti dell'arte, dell'ambiente, della cultura è accordata. Ma non perché manchino giornalisti, professionisti della comunicazione in grado di farlo con un appropriato bagaglio di conoscenze, come questo inserto ben dimostra, bensì perché il valore, la specificità della Memoria, della salvaguardia, della ricerca sono parcellizzati, minimizzati. Non sono ritenuti corsia preferenziale per ottenere audience, per vendere di più. E questi rischiano di essere i parametri portanti di quel sistema dei mass-media che dovrebbe essere cresciuto su "informazione, istruzione e intrattenimento" riferendoci ad un capitolo della Storia sociale dei media di Asa Briggs e Peter Burke.2

Non va sottovalutato nemmeno, in questi processi, il ruolo e la responsabilità degli uffici stampa: dalla loro efficacia, dalla capacità o meno di impaginare sulla carta, su un sito, le informazioni, i materiali che convogliano l'attenzione del giornalista, si determina anche l'esito comunicativo di un evento. Per valutare quanto effettivamente si comunicano i beni culturali siamo usciti dagli orizzonti della regione. Qui, negli anni, si è consolidata, tenendo conto dei non molti spazi disponibili, una buona sintonia con i diversi canali di comunicazione. Abbiamo anche considerato differente, rispetto al nostro obiettivo, il ruolo delle testate specializzate, che affidano prevalentemente a studiosi le loro rubriche, e si rivolgono agli addetti ai lavori.

Abbiamo dato la parola a coloro i quali si occupano di beni culturali, di conservazione e valorizzazione in televisione, in radio, sui quotidiani, sulle riviste, come pure a chi studia ed elabora progetti sulla comunicazione visiva, per renderne più immediato e facile l'approccio e la comprensione soprattutto al grande pubblico. Ci interessano i testimoni diretti, quelli che operano sui media che governano ed influenzano l'utente della televisione, l'ascoltatore, il lettore, il visitatore; quelli che vivono le riunioni di redazione, ma fanno anche inchieste, raccontano luoghi e disastri del Bel Paese, denunciano degrado ed un cattivo uso del patrimonio. Gli stessi che sono consapevoli di non potersi sottrarre, in molti casi, ai vernissage e alle "prime" che poi più facilmente trovano "visibilità". Ed è basilare nell'economia di questo discorso il punto di vista di chi insegna e ricerca un corretto approccio comunicativo, che si alimenta pure delle nuove tecnologie informatiche, proprio nel luogo deputato per antonomasia alla comunicazione dei beni culturali: il museo.

Firma il lucido e amaro contributo d'apertura di questo quasi dolente percorso comunicativo in dieci "stazioni", Vittorio Emiliani. Grazie alla sua appassionata e variegata esperienza giornalistica in televisione, sui libri, sui giornali, traccia una sintesi ed un bilancio abbastanza sconfortante per quanto riguarda la comunicazione dei beni culturali in questo ultimo trentennio.

Una corale preoccupazione per il destino del nostro patrimonio emerge da tutti i contributi, unita alla consapevolezza delle difficoltà in cui ci si imbatte nel dare respiro a questi temi. Così, alla "lettura" critica di Emiliani, con il quale alcuni degli autori hanno anche collaborato, si salda strettamente quella della politica culturale e dei mezzi di comunicazione del nostro paese negli articoli di Fernando Ferrigno, Igor Staglianò, Massimo Todde, Paolo Conti, Fabio Isman, Alberto Sinigaglia, giornalisti sul campo, sempre lontani dalla banalità e dalla retorica in cui si può scivolare frequentando questi temi.

Luigi Mattucci ci rincuora, in parte, con gli esiti di RaiSat Arte, che tanto deve alla sua tenacia e al suo impegno. Come pure entusiasmante è l'esperienza di "Archeo", che ci racconta Andreas Steiner. La rivista nacque grazie alla volontà del suo fondatore, il professor Sabatino Moscati, di adottare un linguaggio divulgativo che potesse fare apprezzare a chiunque l'arte e la storia del mondo antico. E altri, non molti (tra cui l'antichista Giancarlo Susini), hanno seguito il suo esempio. Il nostro excursus si conclude, non casualmente, dentro al museo: Francesco Antinucci sollecita, al di là di tutti gli altri problemi che incontra la comunicazione dei beni culturali, a rendere innanzitutto "comunicativi" quei luoghi dove "esporre è comunicare", e la Memoria prepara il futuro.

 

Note

(1) S. Settis, Italia S.p.A. L'assalto al patrimonio culturale, Torino, Einaudi, 2002.

(2) A. Briggs, P. Burke, Storia sociale dei media. Da Gutenberg a Internet, Bologna, Il Mulino, 2002.

 

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