Rivista "IBC" X, 2002, 4

biblioteche e archivi / convegni e seminari, storie e personaggi

"Una foga operosa. Luigi Frati e l'organizzazione degli istituti culturali bolognesi nella seconda metà dell'Ottocento", Bologna, 16 novembre 2002.
Fortune e disavventure di un eclettico

Sandra Saccone
[bibliotecaria presso la Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna]

Vulcanico nel carattere e nelle opere, Luigi Frati fu al centro della vita culturale bolognese del secondo Ottocento, tentando di realizzare fra mille polemiche gli ideali politico-risorgimentali e positivistico-scientifici cari alla borghesia felsinea colta e moderata, ma dall'alto di un eclettismo erudito, ancora ben lontano per curiosità e per programma da quella scissione delle due culture, prevalente nel Novecento sulla scia dell'empirismo anglosassone.

Sul personaggio, in occasione del centenario della sua morte, si è incentrato il convegno promosso a Bologna il 16 novembre 2002 dall'Assessorato comunale alla cultura e dalla Biblioteca dell'Archiginnasio, con il sostegno della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. All'incontro hanno partecipato Maurizio Avanzolini, Luigi Balsamo, Pierangelo Bellettini, Anna Maria Brizzolara, Marilena Buscarini, Rosaria Campioni, Maria Rosaria Celli Giorgini, Angela Donati, Mario Fanti, Saverio Ferrari, Paola Giovetti, Anna Manfron, Massimo Medica, Cristiana Morigi Govi, Alberto Preti, Carmen Ravanelli Guidotti.

Non a caso il convegno, lungi dalla doverosa e un po' imbalsamata celebrazione del direttore-demiurgo, ha scelto la strada più complessa, ma produttiva, di allargare e approfondire sia sul piano spaziale sia su quello temporale la dimensione polimorfica di un intellettuale engagé, capace di trascorrere dalla matematica (materia della sua prima laurea nel 1839), passando per l'architettura dei primi impegni lavorativi (nello studio dell'Antolini, in un'epoca in cui Bologna comincia a ridisegnare la propria fisionomia urbanistica), alla filologia (con una seconda laurea nel 1846), avendo nel frattempo puntato come obiettivo di carriera l'esercizio dell'archeologia dapprima come adiutore del Bianconi e del Rocchi (che però lo soppianterà sulla cattedra) e poi, chiusasi la via universitaria, nel settore museale, contemporaneamente coltivando come strumenti, e finalmente accogliendo come professione, l'archivistica e la bibliografia. Il tutto dopo una giovinezza e una maturità contrappuntati dall'inevitabile, per i tempi, e appassionato impegno patriottico e politico.

Ecco dunque la prima parte del convegno, tesa a ricostruire questo percorso di formazione, culturale ed umana, con l'esordio parallelo del Frati, come studioso di antiquaria, e dell'archeologia, come scienza, entrambi ancora in fase di entusiastica e pionieristica individuazione di àmbiti e metodologie, che resteranno negli anni successivi palestra del suo fondamentale spirito indagatore. Mentre la stagione della politica, che lo vede polemico difensore del federalismo giobertiano dalle pagine della rivista "L'Unità", gli procurerà sincere, durature - e utili - amicizie (le più fedeli tra le quali saranno quelle di Enrico Sassoli e Giulio Cesare Fangarezzi), nonché la stima del futuro sindaco della Bologna finalmente italiana, Carlo Pepoli, ma gli lascerà anche un'eredità di sospetti e inimicizie tanto da parte ecclesiastica quanto da parte liberal-progressista, pagata nel tempo con ritorsioni amministrative e intralci nella carriera. Un'avvisaglia di questa situazione è il trattamento riservato al catalogo della biblioteca arcivescovile, sua prima prova biblioteconomica, che sarà pubblicato anonimo nel 1856 per la diffidenza della curia bolognese nei confronti del Frati patriota.

Si scivola così naturalmente nella dimensione più propria e più nota del Frati direttore dell'Archiginnasio dal 1858, quando nel pieno della sua maturità operativa, coincidente con l'epoca delle grandi trasformazioni sul piano nazionale e cittadino, dalla sua biblioteca può lanciare - e soprattutto portare a un passo dalla realizzazione - un grandioso progetto di risistemazione degli istituti culturali bolognesi. Un progetto che avrebbe visto riunite anche logisticamente le collezioni librarie, museali ed archivistiche nei due contigui palazzi dell'Archiginnasio e Galvani, ex Ospedale della Morte, da collegare mediante la costruzione di un cavalcavia su via Foscherari, prontamente costruito dall'ingegnere capo del Comune, Coriolano Monti. Nello stesso tempo, all'interno della biblioteca - sulla quale si riversa la mole costituita dalle raccolte librarie provenienti dalle soppressioni post-unitarie delle congregazioni religiose (ben 77.335 fra volumi e opuscoli) - Frati attua una vera rivoluzione fisica e concettuale, adottando i più recenti criteri biblioteconomici di classificazione sistematica per materie e ridisegnando la mappa delle ubicazioni, con l'istituzione di due nuove due sale dedicate alle Belle arti e alla Storia patria e lo spostamento della Sala di lettura. Il tutto pur tra le mille difficoltà che dal 1866, per circa sette anni, la nuova giunta "progressista" del sindaco Camillo Casarini gli crea, soprattutto nella persona del giovane avvocato Giorgio Pizzoli, sottoponendolo alla tutela di continue commissioni di controllo e d'inchiesta.

Il Frati storico - che procede all'allestimento della Sala 17 di Storia patria, espressione della temperie risorgimentale e postunitaria mirante alla valorizzazione della memoria storica locale in funzione della costruzione di un'identità nazionale, del qual disegno partecipava pure la coeva Deputazione di Storia patria - trovò il suo specchio nel Catalogo delle opere della bibliografia bolognese, pubblicato nel 1888-1889, in significativa coincidenza con l'VIII centenario dell'Università, anche in questo caso fornendo l'esca ad uno strascico di polemiche con studiosi intenzionati a precederlo sullo stesso campo e perciò ritenutisi da lui ostacolati nell'accesso alle fonti della suddetta Sala. Questo lavoro, che ha conosciuto una tale fortuna da essere designato per antonomasia col nome dell'autore, risulta ancora così imprescindibile per gli studiosi da meritare la diffusione assicurabile dalle moderne tecnologie della comunicazione. Della Bibliografia bolognese recentemente riversata on-line sono state illustrate, nel corso del convegno, le soluzioni escogitate e i metodi per la consultazione (http:www.archiginnasio.it).

Sviscerato, ma certamente non esaurito il nucleo centripeto del Frati biblioteconomico, la seconda parte del convegno si è allargata alle altre dimensioni culturali cittadine su cui si è riversato l'impegno di questa energica figura di intellettuale-manager ante litteram. Ha fornito il trait-d'union con l'argomento della mattina la Deputazione di storia patria, istituto di cui Luigi Frati fu per qualche anno segretario collaborando alla stesura del primo statuto, e presso il quale pubblicò alcuni lavori significativi dei suoi trascorsi ma mai dimenticati amori archeologici e numismatici. Pure in quest'ambiente Frati riuscì a catalizzare polemiche attorno alla sua persona e al suo lavoro, pretestuosamente causate dalla pubblicazione di parte del Diario di Paride Grassi (di cui l'Archiginnasio possiede copia manoscritta), giudicata filologicamente scorretta e incompleta: polemiche in realtà motivate dalla suddetta mancata ammissione di alcuni soci alla consultazione della Sala 17.

Sempre al fervido clima degli studi di storia bolognese è stato poi rapportato il fondamentale ruolo di Frati nel disegno lungimirante di riunire in palazzo Galvani - fisicamente collegato, come si è detto, all'Archiginnasio per formare un vero e proprio polo dell'identità civica - sia tutti gli archivi storici sparsi nella città, sia i due musei archeologici cittadini, quello universitario e quello municipale, arricchito nel 1861 delle cospicue raccolte di reperti soprattutto egizi provenienti dal lascito del pittore bolognese Pelagio Palagi (di cui Frati era stato nominato dal Comune ordinatore e custode). L'operazione, more solito, prestò il fianco ai nemici politici ed accademici di Frati, per i ritardi accertati da una commissione d'inchiesta nell'ordinamento dell'eredità Palagi, e fu causa del suo allontanamento dall'incarico (e dal relativo stipendio).

In particolare fu oggetto di contesa col Brizio la collezione di monete greco-romane e medievali, di cui Frati lasciò un puntuale catalogo a schede, e con la quale si è aperto il discorso sull'erudizione solo apparentemente "minore" del direttore dell'Archiginnasio. Lo storico e archeologo si dimostrò attento conoscitore delle scuole d'oltralpe: la ceramologia - con l'attenzione riservata ad una tipologia di materiali che attiene al tempo stesso alla tecnica, all'arte e alla storia, dalle ceramiche faentine del Museo Pasolini al pavimento maiolicato della cappella Vaselli in San Petronio - e naturalmente la miniatura, con significative identificazioni di miniatori come Stefano degli Azzi e Taddeo Crivelli. E proprio sulla miniatura, ponte simbolico fra antiquaria e biblioteconomia, si è concluso il racconto di una appassionata, puntuale, nonché a volte pungente, attività di studioso, di organizzatore e di uomo.

 

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