Rivista "IBC" X, 2002, 3

territorio e beni architettonici-ambientali / progetti e realizzazioni

Venti chilometri di fiume tutelati, nella pianura parmense, rappresentano una sfida culturale all'impoverimento della biodiversità.
Taro: un parco DOC

Franca Zanichelli
[direttrice del Parco fluviale regionale del Taro (Parma)]

Dal Monte Penna si origina il Taro, che attraversa il parmense solcando imponenti formazioni rocciose e, dopo aver ricevuto il tributo di numerosi affluenti, ormai carico di sedimenti, si distende sinuoso nella pianura per raggiungere il Po, dopo circa centocinquanta chilometri di percorso. È ancora un fiume molto ricco di vita e, grazie alla diversità dei suoi paesaggi e al complesso rapporto che in ogni corso d'acqua si stabilisce con le popolazioni rivierasche, si alternano tratti marcatamente naturali, per lo più nel settore montano, ad altri in cui le attività hanno fortemente modificato le fasce golenali e l'alveo stesso, tutto il percorso canalizzato e arginato della Bassa parmense.

Dal 1988 è stato istituito il Parco fluviale regionale del Taro, che è situato nell'alta pianura, da Fornovo a Pontetaro, per un tratto di venti chilometri a monte della via Emilia. Al di sopra di tale limite, la vallata presenta ambiti di grande valore paesaggistico che, nel senso comune, avrebbero maggiormente meritato di essere inclusi nel parco, ma il progetto di tutela è stato volutamente centrato sull'area nevralgica della conoide dove avviene la ricarica delle falde acquifere.

La finalità del provvedimento istitutivo del parco, assunto con la legge regionale n. 11 del 1988, è in primo luogo tutelare l'ecosistema della valle fluviale, che custodisce una importante riserva d'acqua per tutta la pianura. Questo progetto è stato sancito dalla creazione dell'Ente di gestione, costituito in forma di consorzio obbligatorio tra i cinque Comuni di Fornovo, Medesano, Collecchio, Noceto e Parma, e l'amministrazione provinciale parmense, cui spetta il compito di assumere decisioni attraverso la messa a punto di programmi che l'apparato tecnico deve svolgere.

Il ruolo di gestione che discende da questo impegno si esplicita attraverso diversi campi di azione: da un lato occorre perseguire una forte integrazione tra gli strumenti di pianificazione sottordinata per rendere coerenti le politiche di governo locale, dall'altro vanno affrontati nodi operativi di grande complessità che stanno alla molteplicità degli enti coinvolti per diverse competenze, nei compiti di manutenzione del territorio.

In questo scenario il parco si assume una funzione di promotore di iniziative concrete per dar senso e sviluppo al progetto di riqualificazione ambientale. Nella pratica devono essere affrontate diverse questioni conseguenti alla progressiva perdita di funzionalità del sistema fluviale e alla crescente problematicità della gestione idraulica e idrologica, sostenendo programmi e interventi di valorizzazione. Questo impegno è necessariamente accompagnato dalle azioni di promozione e comunicazione, poichè è importante rafforzare la condivisione del valore della tutela ambientale attraverso il coinvolgimento dei residenti e dei fruitori.

Il parco del Taro, come quasi tutte le aree protette, è nato tra forti opposizioni locali perché ritagliato in una delle aree a maggiore densità abitativa e incluso in un comparto economico di altissima produttività. Evidentemente si tratta di un parco di insolita immagine, se si considera l'idea di tutela di luogo di natura incontaminato, difficilmente proponibile come valore ambientale intrinseco per la salvaguardia, ma di sicuro è un territorio in cui la destinazione ad area protetta rappresenta una sfida culturale innovativa per quella utopia che oggi definiamo, in modo sbrigativo, sviluppo sostenibile.

Per il Taro l'acqua e la ghiaia sono risorse naturali di grande valore economico, che hanno condizionato gran parte delle decisioni assunte o da assumere nell'area del parco. L'uso produttivo e l'occupazione delle fasce ripariali è invalso da tempo e non è facile immaginare una inversione di tendenza, nonostante le norme, gli incentivi o gli indennizzi. Per ripensare le politiche dello sviluppo ci vuole del tempo, sono necessari cambiamenti che scaturiscono dall'affermarsi di condizioni idonee, dal verificarsi di concomitanze favorevoli. Oggi, dopo dieci anni di lavoro, il clima di incertezze e di debolezze in cui opera il Parco non è completamente superato, ma possiamo riconoscere diversi risultati positivi. In definitiva la creazione dell'area protetta si è rivelata uno stimolo per la crescita di un processo di sensibilizzazione che potrà far scattare momenti decisionali più consapevoli.

 

I punti chiave della diversità ambientale

In primo luogo la collocazione topografica rende ragione del complesso mosaico di ambienti strettamente interconnessi. Siamo nella fascia pedemontana della conoide, dove l'azione cinetica dell'acqua corrente si riduce e il carico di ciottoli, sabbie e limi si distribuisce nell'ampio alveo, tappezzandolo di una estesa coltre di ghiaie alternate a barre sabbiose, che assumono morfologie allungate, continuamente rimaneggiate dal sovrapporsi delle piene. Nel periodo autunnale il sistema di canali intrecciati dei rami attivi viene invaso dalle acque turbolente che provengono dai versanti e, in casi eccezionali, le portate idriche invadono completamente l'alveo, causando anche un ampliamento dello stesso letto attraverso i processi di erosione laterali delle ripe, che vengono scalzate alla base dai vortici della corrente. Al calare delle piene si ristabiliscono gli equilibri fisici e il fiume riprende i suoi tracciati ramificati.

La presenza dell'acqua innesca processi vitali, creando un sistema di habitat ed organismi strettamente dipendenti. L'alternanza di rami attivi, isole e lanche, pozze e risorgive, zone umide temporanee, plaghe e terrazzi emergenti, unitamente ad un contorno di fasce golenali sopraelevate e decisamente affrancate dall'alveo di piena ordinaria, rappresentano un mosaico morfologico in cui si differenziano una pluralità di nicchie ecologiche, che danno luogo a popolamenti di grande rappresentatività nel contesto padano. Di fronte alla generale banalizzazione dei sistemi fluviali questo comparto ha mantenuto, seppure in frammenti isolati, la testimonianza della ricchezza biologica dei passati paesaggi padani. Il valore della relittualità di tali formazioni riveste un duplice significato: si conserva la rappresentazione paesaggistica di ciò che è stato il fiume e, soprattutto, il patrimonio naturale tuttora presente è uno scrigno di diversità biologica e genetica, da cui attingere materiale biologico per promuovere processi di riqualificazione. Questa connotazione rende infine ragione della funzione di corridoio ecologico in cui si addensano valori di ricchezza floristica e faunistica nettamente superiori a quelli di altri corsi d'acqua padani.

Queste condizioni sono state determinanti per il riconoscimento dell'area come ambito di valore europeo per la conservazione del patrimonio naturale. In particolare, con riferimento ai dettati della direttiva 92/43 CEE "Habitat", è stato avviato un importante programma di ricognizione dei biotopi che presentano habitat e specie il cui mantenimento deve essere garantito come finalità di interesse europeo. La direttiva ha promosso la creazione di Siti di importanza comunitaria (SIC) e Zone di protezione speciali (ZPS) che nel complesso andranno a costituire un network, la Rete Natura 2000, a custodia dei beni naturali rappresentativi delle diverse regioni biogeografiche europee. Gli stati membri sono stati sollecitati ad effettuare un primo vaglio dei siti meritevoli e quindi l'Italia ha candidato duemilaseicento SIC e ha designato le sue ZPS. Queste ultime, di fatto, sono definitivamente aggregate alla Rete Natura 2000, mentre i SIC saranno sottoposti ad una ulteriore procedura di validazione in sede tecnica. Il Taro è stato candidato quale SIC per la presenza di quindici habitat che figurano nell'elenco dell'allegato I della direttiva, di cui cinque a priorità di conservazione; ma anche per numerose specie di fauna, tra cui chirotteri, lepidotteri e coleotteri. Inoltre, per le importanti popolazioni ornitiche nidificanti nel Taro - tra cui figurano le sterne, importanti colonie di ardeidi e di topino e una elevatissima densità di occhione - l'area è stata designata quale ZPS.

Questa appartenenza alla Rete Natura 2000 rafforza il livello di protezione e il dispositivo di tutela europeo è determinante per il mantenimento della qualità ecologica del sito. Per contrastare il declino del patrimonio naturale, in queste aree viene attivata una procedura, chiamata "valutazione di incidenza", per cui tutte le azioni che possono in qualche modo compromettere la presenza degli habitat e delle specie di valore europeo sono sottoposte a processi di analisi per evitare qualsiasi interferenza o ripercussione negativa. Lo strumento è molto forte e il Parco, quale referente per la gestione della ZPS, è direttamente impegnato ad operare perché sia assicurato il futuro di quest'area di interesse europeo. Per rafforzare questo impegno sono stati messi a disposizione fondi, con il regolamento LIFE, che vengono assegnati ai progetti tecnicamente meritevoli e che propongono azioni concrete di conservazione.

 

Riqualificare l'ambiente fluviale

Restaurare un fiume significa in primo luogo mantenere o recuperare la sua complessità strutturale e funzionale ricorrendo alla pratica della rinaturazione, applicando tecniche in grado di indurre la naturale risposta biologica degli organismi, superando l'approccio superficiale della decorazione ambientale.

Questa è la sfida più ardua. Oggi, grazie alle pratiche dell'ingegneria naturalistica, sono state apprese molte tecniche per restaurare le aree degradate e molte di queste hanno dimostrato la loro efficacia per i problemi legati alla difesa del suolo. I sistemi fluviali padani, proprio per la loro marcata stagionalità idrologica e per la complessa relazione con il sistema degli acquiferi sottostanti, si comportano come laboratori per la sperimentazione e per la crescita di esperienze di management ambientale.

Sono stati compiuti passi avanti nel Taro, ma un progetto importante per un fiume importante non è ancora decollato. Si tratta di fare i conti con il fluire dinamico del corpo d'acqua, con gli usi e gli approvvigionamenti che modificano le portate e incidono sull'assetto idraulico, con le modalità di scarico degli effluenti che ne alterano la qualità e soprattutto la capacità autodepurativa. Inevitabilmente i problemi passano dal piano tecnico alle questioni di amministrazione dei beni pubblici, alle posizioni politiche e agli orientamenti di governo, e la possibilità di gestire con autorevolezza piani complessivi di risanamento si affievolisce.

Il parco si è spesso trovato di fronte alla condizione di operare con piccoli rimedi. Rimedi localizzati, spunti vantaggiosi, esperienze pilota. Il valore di tali azioni è comunque positivo, ma il progresso è molto lento. Con la realizzazione di un progetto "LIFE - Natura" finanziato dalla Comunità europea e dalla Regione Emilia-Romagna, concluso alla fine del 2001, sono state messe a punto diverse azioni per riqualificare gli habitat fluviali che ospitano specie di interesse conservazionistico. In particolare sono stati effettuati interventi per modificare il profilo idraulico, sollecitando, attraverso la posa in opera di manufatti, la riapertura di rami secondari per ripristinare nicchie idonee alla riproduzione di pesci e anfibi. È stata realizzata una scala di risalita per la fauna ittica che compie percorsi di rimonta nel periodo di frega, inoltre sono state create zone umide succedanee alle lanche, per sostenere l'alimentazione degli Ardeidi in periodo estivo, quando la siccità e l'approvvigionamento idrico prosciugano ampi tratti del corso d'acqua. Altre importanti sperimentazioni hanno riguardato la predisposizione di sistemi di vivaistica in situ per rinfoltire i nuclei esigui di specie vegetali rare.

Di grande interesse è stato il lavoro svolto per dar forma ad un modello per promuovere azioni di riqualificazione idraulica e ambientale del Taro, scaturito nell'ambito di un accordo di programma stipulato tra Autorità di bacino del Po, Magistrato per il Po, Regione Emilia-Romagna, Provincia e Parco. I funzionari di tali enti hanno sviluppato un processo di approfondimento che i tecnici specialistici hanno trasformato in un prontuario di azioni per procedere alla cura dell'alveo fluviale. Con azioni di monitoraggio svolte in collaborazione con il Dipartimento di scienze ambientali dell'Università di Parma si cerca oggi di trovare soluzioni per affrontare il gravoso problema del mantenimento di livelli sufficienti di acqua in periodo estivo, al fine di garantire un deflusso minimo vitale.

 

Il coinvolgimento pubblico nelle politiche di gestione

La soluzione dei problemi del territorio comincia da una buona percezione delle questioni e pertanto è indispensabile una valida comunicazione con tutte le categorie di utenti. Saper vedere, rendersi conto e preoccuparsi di trovare soluzioni è il lavoro di chi opera nel parco. Sollecitare attenzione, innescare interesse, coinvolgere il pubblico informando i diversi destinatari della complessità delle problematiche, delle difficoltà di intraprendere percorsi di avvicinamento alle soluzioni, far prendere atto degli oneri a carico della collettività, far percepire i costi per il risanamento ambientale: sono tutte esigenze che vanno continuamente soddisfatte. Il peggiore antagonista del parco è spesso chi non è al corrente ed è portato ad agire con indifferenza e diffidenza.

I residenti hanno spesso rimuginato sui famosi lacci e lacciuoli, senza sapere esattamente quali erano gli ostacoli. In particolare il mondo agricolo ha spesso manifestato la sua ostilità, soprattutto nelle fasi iniziali. Ebbene: grazie ad un faticoso percorso di sensibilizzazione, con alcune aziende agricole da alcuni anni è scaturita una solidarietà che ha portato alla ratifica di un accordo agroambientale per cui l'appartenenza al territorio del parco è diventata condizione vantaggiosa per accedere a fondi europei per la valorizzazione dei miglioramenti delle aree agricole. La certificazione della qualità ambientale del territorio costituisce una garanzia anche per i prodotti alimentari che provengono dall'area e si rafforza sempre più il rapporto con i produttori locali. Il parco si fa anche interprete delle esigenze di promozione del mercato e contribuisce alla pubblicizzazione dei prodotti, accentuando la valorizzazione della tipicità collegata allo sviluppo di percorsi culturali di visita del territorio.

Questa nostra food valley, dove sono concentrate grandi aziende alimentari idroesigenti che contribuiscono alla crescita economica del Paese, non ha bisogno del marchio del parco per valorizzare le sue produzioni. L'obiettivo del parco è favorire l'affermarsi di processi e tecnologie che promuovano il risparmio delle risorse naturali, soprattutto dell'acqua, che oggi è sempre più vulnerabile e sempre meno disponibile. Non è un problema di regole del parco, ma del vivere comune, regole per le quali occorre ripensare i presupposti che definiscono la qualità della vita: anche il mantenimento di tremila chilometri quadrati di fiume vivo, a poca distanza dalla città, non è una faccenda da addetti ai lavori ma un'opportunità alla portata di tutti.

 

 

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