Rivista "IBC" X, 2002, 3
musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / convegni e seminari, leggi e politiche
Se si condivide l'idea che il fine del volontariato è la creazione di relazionalità tra le persone nella gratuità e che la cultura è proprio l'ambito privilegiato di incontro tra le persone, allora come non riconoscere al volontariato culturale un ruolo decisivo? Il ruolo delle organizzazioni di volontariato è quello di animare la cultura ed esprimerne lo spirito. Ciò non è però affatto scontato: agli occhi dell'opinione pubblica, come del resto anche di alcune amministrazioni pubbliche, l'ambito culturale non pare così meritevole di azioni di volontariato come invece quello sociosanitario, di cui in modo immediato si coglie la preziosità.
Su queste premesse da alcuni mesi l'Assessorato alla cultura della Regione Emilia-Romagna ha attivato al suo interno un percorso di conoscenza, studio ed incontro delle realtà di volontariato del nostro territorio operanti in campo culturale. Si tratta di un ambito di riflessione che, più in generale, si accorda con l'obiettivo di rivisitare ed aggiornare il rapporto tra istituzioni pubbliche e privato sociale. Da questo punto di vista il tema della gestione della cultura riserva ancora spazi da esplorare ed occupare. Si tratta di un ambito in cui, più ancora che in altri, può emergere la sinergia tra svariati attori coprotagonisti, con ruoli ben distinti, ma con obiettivi che concorrono ad un risultato comune.
In questo contesto le organizzazioni di volontariato hanno un elevato numero di potenziali interlocutori istituzionali: si pensi ai beni culturali di pertinenza delle parrocchie e delle diocesi, alle competenze delle soprintendenze, delle amministrazioni locali e regionali, alla portata del coinvolgimento delle fondazioni ex bancarie in interventi di recupero di monumenti e centri storici. Dal canto suo anche l'Università contribuisce al dibattito con rigore scientifico, tra l'altro con l'individuazione di nuovi modelli di gestione, fondati sulla valorizzazione dei punti di forza di tutti i partner; emblematici sono episodi di cogestione di attività da parte di una organizzazione di volontariato ed una cooperativa, dove ognuna delle due forme organizzative risponde ad obiettivi specifici, ma con il perseguimento di finalità condivise.
Con il convegno del 31 maggio 2002 "Il volontariato per la cultura in Emilia-Romagna" si è inaugurato un tavolo di lavoro comune, promosso dall'Assessorato regionale alla cultura. La giornata è stata occasione per aggiornare il dibattito con sollecitazioni e nuove idee. È stata ampiamente criticata la concezione per cui gli enti pubblici ricorrono al volontariato solo per colmare carenze di personale stipendiato nelle biblioteche e nei musei o per incarichi di semplice manovalanza, ed unanimamente è stato salutato l'apporto originale che il volontariato può dare. Non sono più i tempi in cui la natura del rapporto tra istituzioni pubbliche e volontariato è lasciata alla personale sensibilità del singolo amministratore; da alcuni decenni, infatti, anche la legislazione ha gettato punti fermi tesi a creare efficaci sinergie, in risposta alla maturità della consapevolezza della società civile.
Ma di strada se ne deve compiere ancora molta, soprattutto se l'obiettivo è quello di instaurare collaborazioni alla pari, dove nessuna delle parti strumentalizzi le altre, né per motivi di bilancio, né per motivi di consenso. Su questo tema si è espressa Maria Pia Bertolucci del Centro nazionale per il volontariato, a cui la Regione Emilia-Romagna aderisce; se da un lato è vero che il volontariato può perseguire i propri obiettivi a prescindere dal rapporto con l'ente pubblico, è vero anche che esso può esprimere al meglio i propri caratteri di innovazione ed eccellenza proprio nel rapporto con l'ente pubblico, dotato dei mezzi per assicurare continuità e solidità all'azione.
È spesso grazie all'impegno del volontariato che la cittadinanza dei piccoli comuni si riappropria di piccole biblioteche e piccoli "tesori" legati alla tradizione storica e culturale. Se da un lato il fatto che la stragrande maggioranza delle organizzazioni di volontariato operanti nei beni culturali non sia iscritta a livelli associativi sovralocali (diversamente da molte aggregazioni operanti in campo sociosanitario) rende difficoltosa la messa in rete delle progettualità e delle risorse, dall'altro ciò si rivela punto di forza nel momento in cui si ridisegnano gli assetti istituzionali in seguito al nuovo titolo V della Costituzione: i Comuni hanno e sempre più riceveranno un importante ruolo operativo in termini di pianificazione e valorizzazione dei beni di proprietà degli enti territoriali. Il volontariato locale viene perciò ad operare in un contesto in cui può svolgere un ruolo di supporto qualificato e professionale, anche perché possiede una struttura organizzativa agile. In questi termini sussidiarietà non è scegliere tra pubblico e privato chi dei due fa meglio le cose: un sistema territoriale trova forza e legittimazione là dove le varie componenti crescono e si sviluppano paritariamente. Su questo si è soffermato il professor Pasquale Seddio dell'Università Bocconi.
Dal susseguirsi degli interventi si sono delineati con precisione sempre maggiore alcuni degli ambiti caratteristici di azione del volontariato culturale:
- molte delle nostre città d'arte hanno oramai oltrepassato il livello di sostenibilità della fruizione: il volontariato, valorizzando aree meno fruite, riorienta l'interesse del pubblico verso nuove destinazioni; la cittadinanza, inoltre, viene portata a riappropriarsi di contesti culturali altrimenti non fruibili, con sviluppo di sinergie con gli amministratori locali e di altri soggetti del not for profit;
- il volontariato può svolgere un ruolo di accoglienza nei musei, grazie al profondo radicamento nella cultura del luogo, con il conseguente superamento di quel livello minimo costituito dai servizi di guardiania, sorveglianza e manutenzione: in questo modo i volontari consentono al museo di divenire mezzo di comunicazione, per intrattenere, educare e trasmettere i valori e l'identità del passato;
- le organizzazioni di volontariato, ancora, possono collaborare con le istituzioni nella predisposizione di eventi promozionali, e creare collaborazioni e reti tra associazioni per favorire l'accesso ai beni culturali anche da parte di categorie svantaggiate.
Il convegno è stato occasione per lanciare percorsi ed individuare ambiti di azione e crescita sia per il volontariato che per le istituzioni pubbliche. In un contesto di sempre maggiore consapevolezza che il volontariato ha del proprio ruolo, anche le amministrazioni pubbliche possono contribuire a dare una svolta al quadro di riferimento. Spesso prassi burocratiche, iscrizioni, procedure, licenze e requisiti richiesti sono pratiche disarmanti per i volontari. Se da un lato l'iscrizione ai registri è uno strumento utile per le amministrazioni al fine di conoscere quali realtà si muovono nel territorio, d'altro canto un alleggerimento delle pratiche è dovuto, anche perché al momento la pesantezza delle procedure porta a disincentivare gran parte del volontariato della nostra regione. L'Assessorato alla cultura ha recentemente innovato la normativa regionale di promozione culturale, prevedendo contributi a progetti del volontariato a partire dal prossimo anno. Ma maggiore comunicazione vi deve essere anche tra i diversi interlocutori istituzionali delle organizzazioni di volontariato: progettualità comuni possono concretamente essere avviate, per esempio, insieme alle fondazioni ed ai centri di servizio, già molto attenti al cruciale aspetto della formazione dei volontari.
Molti degli aspetti affrontati durante il convegno sono stati individuati tramite un confronto che l'Assessorato alla cultura ha avviato con volontari delle organizzazioni presenti in Emilia-Romagna. È necessaria una riflessione permanente su questi temi nell'ambito del Forum del terzo settore, previsto come strumento di concertazione sociale dalla legge regionale 3/1999 (Riforma del sistema regionale e locale). Anche la biennale conferenza regionale del volontariato è luogo dove fare emergere problemi, esigenze e proposte.
La Regione intende poi effettuare un censimento delle associazioni e dei protocolli attivi; parallelamente a ciò è urgente un'analisi ragionata dei luoghi d'arte locali, dei piccoli musei e del patrimonio culturale non gestito, alla cui gestione potrebbero essere interessate associazioni ed organizzazioni di volontariato, insieme alla programmazione di attività di animazione culturale. Musei e biblioteche possono così divenire luoghi di incontro, sedi di eventi ed eventualmente sedi delle associazioni stesse.
Altri ambiti in cui le istituzioni possono muoversi riguardano la promozione del coinvolgimento delle giovani generazioni nel volontariato culturale, per esempio tramite lo strumento del credito formativo, con il quale sollecitare gli studenti ad un maggiore coinvolgimento in ambito sociale. Dai piccoli comuni viene poi la richiesta di predisporre convenzioni-tipo da stipulare con le associazioni, da adattare comunque di volta in volta alle peculiarità del contesto e degli obiettivi.
Infine una sollecitazione rivolta alle organizzazioni di volontariato. Le associazioni devono acquisire maggiore capacità di progettazione gestionale, anche in vista di una maggiore efficacia nell'impiego delle risorse. Ciò non è in contraddizione con i valori e le motivazioni del volontariato, ed è strategico ai fini della capacità dell'organizzazione di perdurare nel tempo. Il volontariato deve cioè trovare il giusto equilibrio tra motivazioni e senso di appartenenza ad un progetto, da un lato, e professionalità, dall'altro.
In conclusione si è trattato di un convegno innovativo, che ha fatto sorgere nuove consapevolezze e una legittima aspettativa di nuove progettualità. Sta alle amministrazioni pubbliche, e particolarmente alla Regione, non lasciare cadere il filo di questo discorso così appassionante.
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