Rivista "IBC" X, 2002, 2
musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni
Generalmente e giustamente si ritiene che il dipinto sia una interpretazione della realtà. Il quadro in questo modo, e nessuno pare avere dubbi, si configura come un racconto soggettivo in cui l'autore esprime la sua visione del mondo. Un luogo comune, non sempre esplicitamente dichiarato, vede per contrario nella fotografia una riproduzione meccanica della realtà, la cui oggettività è garantita dalla macchina e dal processo chimico e fisico della riproduzione. Sappiamo benissimo che non è così, ma molto frequentemente, spesso in modo non consapevole, siamo portati a porci nei confronti della fotografia come se questo falso luogo comune fosse vero e accettabile.
La mostra "Vedere la storia, la collezione fotografica del Museo centrale del Risorgimento dall'Ottocento al Milite Ignoto" è stata un'occasione unica per verificare quanto la fotografia più che documento oggettivo sia in realtà racconto e interpretazione. Il ritratto fotografico alla stessa stregua del ritratto dipinto o del busto ritratto - scrive Marco Pizzo, curatore della mostra - cercava di rendere non solo la fisionomia e il carattere della persona, ma curava molto "la messa in scena". Si veda a questo proposito il ritratto di Giuseppe Mazzini di Cesare Bernieri in cui non è possibile non riconoscere l'Apostolo che "_vide nel ciel crepuscolare / Col cuor di Gracco ed il pensier di Dante / La terza Italia; e con le luci fise / A lei trasse per mezzo un cimitero / E un popol morto dietro lui si mise".
Allo stesso modo la sequenza fotografica dedicata alla fuga di Felice Orsini dal carcere di Mantova si presenta come, sono sempre parole di Marco Pizzo, "una vera e propria ricreazione `teatrale' con attori che `mostrano' le fasi dell'episodio". In questa luce vanno lette le straordinarie testimonianze proposte dalla mostra, racconti di storia, rappresentazioni soggettive di fatti in cui nelle intenzioni del fotografo dovevano emergere i dati fondamentali per comprendere i fatti stessi. E in questo senso è corretto affermare che le fotografie vanno lette e studiate esattamente come i documenti scritti. Così ci appaiono i personaggi del nostro Risorgimento e curiosamente il loro aspetto non ci delude, poiché dalla letteratura sapevamo che non potevano essere che così. Si veda il ritratto di Angelo Brunetti, il prode Ciceruacchio, fiero popolano e il suo pur patriottico contrario, il nobile Massimo d'Azeglio, più letterato e riflessivo (e meglio agghindato).
Particolare cenno meritano le fotografie dedicate alla traslazione della salma del Milite Ignoto nel 1921. In esse dovevano trovare espressione il lutto e lo sgomento per l'enormità della strage, l'orgoglio per la vittoria e la finalmente raggiunta unità nazionale, l'infinita tristezza di chi era stato privato anche della misera consolazione di una tomba. E nelle fotografie, il triste convoglio percorre, da Aquileia a Roma, binari lucenti, tra ali di folla in ginocchio e ad ogni fermata, ad ogni "stazione" di quella laica Via Crucis, fiori e fiori e soldati schierati a rendere onore a Colui che doveva rappresentare presso la Nazione tutti quei morti. L'atmosfera è cupa, tragica e grandiosa: per certi versi ricorda il ritorno delle spoglie di Napoleone in un quadro francese ispirato al famoso racconto di Victor Hugo.
La mostra "Vedere la storia. La collezione fotografica del Museo centrale del Risorgimento dall'Ottocento al Milite Ignoto" si è svolta a Roma, al Vittoriano, dal novembre 2001 al marzo 2002, il catalogo (Istituto per la storia del Risorgimento italiano, Quaderno n. 2, Roma, 2001, 64 p. di cui 47 tavole), curato da Marco Pizzo, è stato diffuso come supplemento al fascicolo II-2001 della "Rassegna Storica del Risorgimento".
L'iniziativa, di indubbio interesse anche per il vasto pubblico, si inserisce nel programma di attività varate dall' Istituto per la storia del Risorgimento italiano e dal Museo centrale del Risorgimento dopo il riallestimento e la riapertura al pubblico del museo, che ha posto fine ad una chiusura di oltre vent'anni. Sono stati così recuperati alla destinazione originaria, alcuni spazi dell'ala Brasini costruita nel 1911, proprio per mostre temporanee. Questi spazi rendono possibile al museo la realizzazione costante di attività di valorizzazione del proprio patrimonio e informazione culturale che ne sottolineano l'imprescindibile funzione di luogo di riflessione e di autentico laboratorio per la storia d'Italia.
Vedere la storia. La collezione fotografica del Museo centrale del Risorgimento dall'Ottocento al Milite Ignoto, a cura di M. Pizzo, Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, Quaderno n. 2, 2001, 64 p. (di cui 47 tavole), suppl. di "Rassegna Storica del Risorgimento", II, 2001.
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