Rivista "IBC" IX, 2001, 4

Dossier: GOT in progress

biblioteche e archivi, dossier /

Evidence Based Medicine e ruolo della biblioteca biomedica nel contesto del Servizio sanitario nazionale

Valentina Comba
[direttrice della Biblioteca centralizzata di medicina e chirurgia dell'Università di Torino]

Negli ultimi anni si è discusso molto e molto si è fatto per mettere in pratica, anche in Italia, i principii dell'Evidence Based Medicine(EBM): la parte migliore della classe medica italiana ed i bibliotecari più accorti hanno trovato un nuovo terreno di collaborazione. Tuttavia, come sappiamo, molta strada rimane ancora da fare.

C'è molta differenza, innanzi tutto, tra il Servizio sanitario nazionale e, ad esempio, il National Health Service (NHS) in Gran Bretagna riguardo alla consapevolezza della centralità dell'informazione. In un recente articolo su "Health libraries review", a proposito dell'NHS si dice: "The Government has set the NHS the task of becoming an information-led industry; if this is to be achieved then innovations in management are needed. By positioning healthcare librarians at the intersection between people and resources and empowering them to take on a Knowledge Management role, the NHS has the potential to realize this aim".1

A parte il fatto che non c'è, nel Servizio sanitario nazionale, il senso di essere "an industry" (forse questa consapevolezza esiste a livelli dirigenziali, ma non nel personale medico sanitario), dobbiamo interrogarci su come sono cambiati i modi di reperire l'informazione e di utilizzo per capire meglio come si possono migliorare i servizi della biblioteca biomedica.

Come molti altri settori, anche in ambito medico la difficoltà principale non consiste più nel reperire informazione - un po' d'informazione qualsiasi, una modica quantità d'informazione, una informazione precisa - ma nel mettere le mani su determinati documenti che abbiano le caratteristiche di essere di qualità e di dare la corretta risposta ad un quesito clinico. Se osserviamo la modalità corrente di ricerca di informazione da parte del personale medico e sanitario, possiamo constatare che se da una parte sono noti i siti della National Library of Medicine(soprattutto PubMed) e di numerosi periodici elettronici, manca ancora una consapevolezza della profonda diversità tra i vari tipi di pubblicazione, e quindi la capacità di orientarsi verso determinate fonti (ad esempio siti di linee guida, Cochrane Library, articoli review) in determinate circostanze, ove il tempo e la necessità di risposte immediate non possono consentire uno studio approfondito di più articoli originali.

È straordinario come il fascino del full text a portata di mano sul proprio computer (di notte, a casa, copiato su un dischetto per il portatile, stampato da leggere in viaggio, ecc.) abbia rapidamente travolto la tradizionale sequenza: studio su trattato - ricerca bibliografica sulle banche dati - ricerca degli articoli e selezione - lettura e individuazione dei dati salienti. Prova ne sia che nei tragici giorni della tragedia americana delle Twin Towers - e durante la contemporanea messa fuori uso del nodo italiano di GARR-B di connessione con gli Stati Uniti - i bibliotecari biomedici hanno ricevuto decine di telefonate sull'inaccessibilità dei siti di periodici elettronici.

Il ruolo del bibliotecario e della biblioteca biomedica è quindi inevitabilmente orientato ad organizzare l'accesso all'informazione digitale, in modo che tutti gli ostacoli dovuti alle licenze, alle abilitazioni, agli usi consentiti ecc. siano rimossi o semplificati. Per motivi gestionali si dovrà anche valutare l'uso delle risorse: e di nuovo sarà importante lavorare insieme per realizzare misurazioni razionali e confrontabili, che consentano un orientamento intelligente della spesa per le risorse elettroniche.2 Ma fin qui le modalità dell'uso dell'informazione possono rimanere le solite, un po' rozze, di cui abbiamo appena detto sopra. Inoltre, tranne che per merito di apposite lezioni, conferenze e happenings organizzati dalla biblioteca, il lavoro del bibliotecario rimane invisibile: quanti medici possono pensare che la magica homepage attraverso cui si arriva a TUTTO sia stata messa a punto da una ditta privata, dal centro elaborazione dati dell'ospedale, da un collega medico a cui piace il bricolage informatico?

Non è imponendo in qualche modo una frequentazione del luogo "biblioteca", che può essere recuperata una visibilità ed un ruolo attivo dell'addestramento del medico all'uso intelligente - ed evidence based - dell'informazione. La questione è dibattuta da parecchio e le soluzioni tentate numerose.3

Una di esse, l'offerta di un servizio di virtual reference realizzato con l'uso di e-mail, chatline e possibilmente videocamera, si è rivelata tra le più efficaci. In Italia vi sono poche biblioteche - non biomediche - che offrono questo servizio. Negli Stati Uniti, in Canada e in Australia il servizio di virtual (o digital) reference ha dimostrato di: 1) essere molto apprezzato e utilizzato dagli utenti, che crescono a dismisura e per i quali le diverse biblioteche hanno studiato una gradualità d'implementazione del servizio per non essere sopraffatte dalle richieste; 2) riportare gli utenti in biblioteca!; 3) dare visibilità alle conoscenze professionali del bibliotecario.4

Il servizio di reference a distanza è in grado di guidare l'utente attraverso le risorse elettroniche, fargli acquisire consapevolezza della necessità di mettere a fuoco la sua esigenza di informazione per selezionare, insieme al bibliotecario, fonti e documenti più appropriati. Attraverso la costante collaborazione può essere meglio utilizzato il "parco" delle risorse elettroniche disponibili e può migliorare l'aggiornamento del medico sulle metodologie di ricerca bibliografica più appropriata; non ultimo, si ha modo di fare apprezzare l'importanza dell'organizzazione dell'informazione, in modo che il lavoro professionale venga valorizzato e vi sia una maggior coscienza della qualità dei siti.

La biblioteca biomedica, nello schema dell'Evidence Based Medicine, dovrebbe anche avere un ruolo nella valutazione e nella rielaborazione critica dell'informazione clinica: vale a dire che dovremmo essere in grado di essere anche un supporto per la produzione scientifica e la proposta di nuovi articoli che rivedano le informazioni rivelatesi incomplete o d'uso limitato in determinati casi clinici, ecc. Che vi sia ancora approssimazione e pressapochismo nel modo in cui molti articoli clinici vengono scritti in Italia è possibile constatarlo dalla qualità di molte riviste mediche locali; il proporsi come supporto all'electronic publishing è un'impresa non da poco. Sicuramente solo la dimensione consortile delle biblioteche mediche è in grado di realizzare questi progetti.

In conclusione si può dire che l'affermazione dell'informazione digitale nel campo biomedico sollecita una maggiore attenzione a nuovi servizi e nuovi ruoli per il bibliotecario biomedico: quest'ultimo non può aspettare, passivo ed invisibile, che i camici bianchi vengano a cercarlo in biblioteca.

 

Note

(1) C. Keeling - S. Lambert, Knowledge Management in the NHS: positioning the healthcare librarian at the knowledge intersection, "Health Libraries Review", 2000, 17, pp. 136-143.

(2) P. Gardois, Measuring the performance of a biomedical digital library: web site, e-journals and databases, http://pacs.unica.it/alghero2001/proceedings/015.htm, 03/10/2001.

(3) E. A. Holtum, Librarians, clinicians, evidence-based medicine and the division of labor,

"Bulletin of the Medical Library Association", 1999, 4, pp. 404-407.

(4) A. Lipow, Are you ready for real-time remote reference? New question-handling skills and library policies needed to move the desk (and you) to the web, Paper presented at the 67th IFLA Council and General Conference "Libraries and librarians: making a difference in the knowledge age", Boston, August 16th - 25th 2001.

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