Rivista "IBC" IX, 2001, 3
Dossier: Messinscena... in video e in linea
biblioteche e archivi, dossier /
Saremo in grado di trasportare o ricostituire in qualsiasi luogo il sistema di sensazioni, - o più esattamente, il sistema di eccitazioni, - che emana in un luogo qualunque un oggetto o un avvenimento qualunque. Le opere acquisteranno una sorta di ubiquità. [...]
Come l'acqua, il gas, la corrente elettrica giungono da lontano nelle nostre case per rispondere ai nostri bisogni con uno sforzo quasi nullo, così saremo alimentati da immagini visive e uditive, che appariranno e spariranno al minimo gesto, quasi a un cenno.
Paul Valéry, La conquista dell'ubiquità (1928)
La complessità di una produzione teatrale - già messa in luce da diverse filosofie dell'arte, scuole storiografiche e personalità artistiche - è basata sull'evidenza che intorno alla scena sono all'opera contemporaneamente una molteplicità di registri comunicativi, linguaggi, competenze artistiche, tecniche, organizzative ed economiche non comparabili con altre forme d'arte. Deve essere per questo che finora l'evento teatrale, consegnato nella sua irriducibile unicità al destino di una sostanziale (in)trascendenza, è stato ritenuto privo di una memoria storica che non fosse quella realizzata attraverso la persistenza delle fonti letterarie (i testi) o attraverso una documentazione correlata, non strettamente intrinseca alla fase produttiva e comunque parziale rispetto al fatto teatrale globalmente inteso.
Del teatro in quanto manifestazione possediamo senza dubbio un'ampia, frammentaria e diffusa documentazione, accumulata presso differenti tipi di istituzioni culturali. Si tratta di testimonianze indirette, che ne attestano variamente la molteplicità dei luoghi, dei contesti e delle condizioni di esercizio: il momento promozionale (programmi di sala, locandine e manifesti), quello organizzativo ed economico (biglietti, atti contabili, borderò), quello dell'attività critica (recensioni, programmi di sala, saggi), della memoria professionale (fotografie di scena, ritratti di attori, carteggi, biografie), della produzione scenografica (bozzetti di scena, fondali, oggetti, costumi, figurini, disegni, maschere, ecc.), della messinscena (note di messinscena, videoregistrazioni), e così via.1
Tuttavia rispetto a questo elenco - che ovviamente non è esaustivo, soprattutto oggi con l'esplosione delle nuove tecnologie - costituiscono un caso a parte altri due tipi di documenti: i copioni (e i suoi diversi tipi: quelli del regista, degli attori, del suggeritore, ecc.) e gli audiovisivi. Una eccezionalità che non deriva dalla impossibilità di inserimento in una qualche classificazione documentaria ma piuttosto è conseguenza dei dibattiti e dei modelli storiografici o semiotici da cui queste forme di documento sono stati investite, delle ricerche sperimentali (di autori e registi) e delle teorie a cui esse hanno dato origine.2
I copioni, intesi come testi a stampa (pubblicati, dattiloscritti o manoscritti), vedono aumentare nel tempo la loro importanza come fonti insostituibili della letteratura drammatica - soprattutto in assenza di una qualsivoglia visualizzazione scenica (o messinscena): "Con i testi a stampa si fa la storia della letteratura drammatica, quasi mai quella della scena".3 Ma la funzione originale dei copioni è quella che ne fa dei testi scenici (didascalie, indicazioni relative alla scena, ai movimenti, alle luci, al sonoro, ecc.), testi che implicano insomma un lavoro specifico di trasformazione dalla materia dell'espressione linguistica ad altre materie di espressione (verbali, gestuali, musicali, figurative ecc.).4
Non è un caso che anche nel teatro novecentesco, contraddistinto da una "radicale autonomia dello spettacolo dal testo drammatico",5 continui la ricerca di "altre forme di persistenza, e cioè, appunto, di metodi di fissazione-notazione del linguaggio teatrale": copioni di regia, partiture, mises en scène scritte, fotografie (è il caso di Brecht) e poi ancora notazioni iconografiche (della messa in scena), pellicole, floppy, CD-ROM hanno costituito un modo di fissare lo spettacolo (a secondo dei casi a priori o a posteriori), un sistema di trascrizione dell'operare registico o un nuovo strumento di lavoro per l'elaborazione delle proprie prove artistiche, come nel caso del recente uso delle tecnologie informatiche da parte dei maggiori coreografi contemporanei (William Forsythe, Merce Cunningham, Robert Wilson).6
Gli audiovisivi, termine con cui in epoca di sistemi multimediali (digitali) sempre più si denota sia la tecnica che i prodotti della videoregistrazione analogica, sono stati utilizzati dapprima come mezzo prevalentemente documentario.7 In questo senso in una cultura come la nostra, in cui l'immanenza del visuale conferisce alle immagini una tacita e immediata credibilità, l'audiovisivo è stato visto probabilmente come il modo più naturale di registrazione dello spettacolo dal vivo. Capita così che la fissazione/fissaggio dell'evento scenico tramite il video appaia l'unico supporto capace di dare sopravvivenza e stabilità (almeno temporanea) ad una téchne basata sulla gestualità, il corpo, la presenza.8
L'audiovisivo può effettivamente svolgere una funzione documentaria rilevante per lo studioso di teatro - avverte De Marinis - a patto che vengano meno alcune illusioni rispetto alla realtà costituita dall'evento teatrale. La prima è quella di una "restituzione fisica integrale", quasi che il documento audiovisivo possa diventare il "doppio" dell'evento. La seconda illusione da sciogliere è che l'audiovisivo sia "un documento oggettivo e completo9 di un certo spettacolo", illusione che azzerando le "specificità linguistiche ed espressive del dispositivo registrante" riduce il teatro allo spettacolo e falsifica il fatto teatrale, di cui non riesce a cogliere le fasi progettuali, quelle di contestualizzazione socio-culturale, quelle ricettive o spettatoriali ecc.
I casi, poi, della video-arte, del video-teatro, della video-danza, della video-musica - in cui dobbiamo riconoscere altri oggetti artistici, contaminazioni tra arti sceniche e arti visuali, tecnologie video completamente integrate, "metabolizzate" (e non solo aggiunte) all'interno dei modi di espressione artistica - questi casi sono la conferma che non è possibile ridurre il documento video ad un puro mezzo utile per la trasmissione di un contenuto (estetico o intellettuale). Tanto che un archivio o una videoteca di teatro, sia nella fase della produzione documentaria (selezione) sia in quella della gestione (catalogazione), sono posti di fronte a forme di espressione autonome che richiedono l'individuazione di un bene culturale.
Peraltro, sul piano normativo, la concezione dell'audiovisivo come bene culturale appare oramai consolidata: a livello internazionale il primo riconoscimento in tal senso risale al Manifesto UNESCO del 1989; in Italia dal 1999 il "Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali" (art. 3) estende la salvaguardia anche ad altri materiali tra cui gli audiovisivi.10 La legge n. 18/2000 della Regione Emilia-Romagna ha esplicitamente annoverato le "videoteche e mediateche" quali esempi di istituti culturali da ricomprendere all'interno dell'organizzazione bibliotecaria regionale. Mentre invece è da lamentare la mancanza di una legge sul deposito legale estesa anche ad altri documenti come gli audiovisivi in modo da dare certezza del controllo sulla produzione editoriale dei video in Italia.
Si trattava allora di riconoscere la centralità e l'urgenza di un progetto conservativo capace di tenere insieme preservazione e accesso, gestione documentaria e qualità dei servizi, tramite l'attuazione di un programma di catalogazione. "Un progetto tecnico non si colloca in un contesto ma si dà un contesto" dice Gilbert Simondon, un acuto pensatore della tecnica: questo progetto avrebbe consentito di costruire in prospettiva un catalogo integrato (per mettere in relazione tipi diversi di documenti collegati logicamente), condiviso (per mettere in comune descrizioni prodotte da videoteche e altri istituti culturali connessi in rete), multimediale (per correlare le catalogazioni a files di testo, immagine e suono).
Il progetto
Il progetto di un catalogo collettivo delle videoteche teatrali ha preso avvio da una proposta dell'associazione "Riccione Teatro" presentata all'Ente teatrale italiano - ETI e alla Regione Emilia-Romagna, che hanno dato attuazione a tale impegno tramite la firma di una convenzione con cui si affidava all'Istituto regionale per i beni culturali - IBC l'indirizzo metodologico e il coordinamento tecnico-scientifico e ad un apposito comitato tecnico (allargato ai centri di Riccione e Reggio Emilia) il compito di definire la programmazione degli interventi e il piano operativo della catalogazione dei video teatrali presso alcuni centri.
Per l'ETI tale collaborazione significava la possibilità di sperimentare sul campo la validità di modelli organizzativi di coordinamento e una politica di cooperazione, anche attraverso mezzi informatici, per assicurare l'omogeneità delle metodologie catalografiche da estendere a livello nazionale ad archivi di teatri con cui l'Ente ha rapporti di gestione o collaborazione per la diffusione della cultura teatrale. Per la Regione, e l'IBC in particolare, era l'occasione per una elaborazione compiuta e approfondita di metodologie e criteri di catalogazione11 di una tipologia di documenti fino ad allora affrontata non in forma organica, con la possibilità di ampliare il raggio d'intervento a strutture specifiche (teatri, videoteche specializzate, centri di documentazione audiovisiva o cineteche di comuni e province) nell'ambito di una politica di sviluppo dell'automazione bibliotecaria orientata alla multimedialità. Per entrambi gli enti questa intesa costituiva l'opportunità di mettere in comune competenze professionali e risorse finanziarie, e di razionalizzare dal punto di vista organizzativo gli interventi, evitando sovrapposizioni progettuali ed economiche (concorrenti) sugli stessi istituti culturali.
Non è che mancassero esperienze regionali di interventi presso realtà che detenevano archivi compositi (multiple media)12 o fondi di interesse teatrale: il Teatro comunale, la Cineteca e la Casa di riposo "Lyda Borelli" di Bologna, l'associazione "Riccione Teatro" (catalogazione dei circa 5.000 copioni dell'Associazione teatrale Emilia-Romagna - ATER) ne sono alcuni esempi. Con questi soggetti la Soprintendenza regionale per i beni librari e documentari dell'IBC aveva sperimentato modi e forme di catalogazione informatizzata tramite protocolli predisposti di volta in volta a seconda delle esigenze specifiche. Ma se fino ad allora lo sviluppo delle raccolte di audiovisivi nelle biblioteche era stato casuale e "senza alcuna forma di integrazione con quelle dei documenti tradizionali"13 alla fine degli anni Novanta la consapevolezza da parte delle biblioteche14 che l'informazione veicolata dal patrimonio culturale viene trasmessa attraverso una pluralità di tipologie di documenti (e quindi anche materiali audiovisivi e multimediali) aveva reso urgente la definizione di specifiche per una gestione coerente di queste categorie di materiale (i video) e per una corretta normalizzazione di intestazioni autore (autonome e collettive), generi, forme, tecniche e formati molto differenti da quelli usualmente trattati e per i quali non esistevano punti di riferimento attendibili a livello nazionale né professionalità specifiche già formate.
In particolare la situazione degli archivi dei singoli teatri, centri di documentazione, archivi di festival, case dell'attore, videoteche, o laboratori delle università, per non parlare dello stato degli archivi generali e delle biblioteche presso cui trovano deposito grandi fondi di testi drammaturgici o documenti teatrali, non ricevevano l'attenzione necessaria né sul piano della conservazione né su quello della gestione catalografica. Per quanto riguarda poi i programmi televisivi e radiofonici - parte cruciale del patrimonio teatrale del Novecento - un esempio discutibile è a tutt'oggi l'archivio delle Teche RAI, che nonostante le tecnologie impiegate (linguaggi ipertestuali, multimedialità, visibilità in rete) resta invece confinato, per concezione e operatività, all'ambito di gestione di un archivio di produzione (finalizzato cioè al riutilizzo dei materiali per un uso aziendale).
A partire da queste premesse è stato necessario effettuare un esame più ravvicinato del contesto strutturale del progetto, che ha fatto emergere o precisare meglio altri problemi:
- la sussistenza di una minore distinzione tra le funzioni proprie di un archivio e quelle di una biblioteca nel campo dell'audiovisivo; 15
- la scarsa presenza di strumenti e dispositivi di mediazione catalografica (spesso limitati a registri, liste inventariali, schede di partecipazione, cataloghi di rassegne) causa della carenza di elementi informativi per una individuazione certa dei materiali posseduti;
- la scarsa attendibilità dei repertori sia teatrali sia di audiovisivi, tali da costituire adeguate fonti di informazione;
- la compresenza negli archivi di materiale edito, inedito o "autoprodotto", talvolta anche "non montato".
Di fronte alla constatazione di una scarsa consapevolezza delle problematiche legate alla normalizzazione dei dati e alle metodologie del trattamento delle registrazioni videografiche il comitato tecnico e l'IBC hanno deciso di individuare alcune priorità di intervento in conformità con gli obiettivi dettati dalla convenzione:
a) la definizione di due strumenti di lavoro specifici:
- uno standard in grado di ottenere una metodologia uniforme di descrizione con cui affrontare successivamente le attività di catalogazione presso centri di documentazione video teatrale;
- un thesaurus teatrale, cioè un sistema di indicizzazione dei documenti inerenti le arti sceniche;
b) la realizzazione di una attività formativa rivolta a tutti gli operatori regionali del settore;
c) la costruzione di un primo catalogo collettivo on line delle videoteche teatrali in regione come modello di riferimento per una estensione a livello nazionale.
Così è stato costituito un gruppo di lavoro, coordinato dall'IBC, composto da bibliotecari che avevano maturato nella loro attività professionale significative esperienze di catalogazione delle diversi tipologie di materiale (libri, fotografie, audiocassette e videocassette) ed esperti dei campi disciplinari da trattare (teatro, musica, danza, video). La predisposizione di uno strumento biblio-videografico in grado di affrontare la catalogazione e la realizzazione di un catalogo collettivo degli audiovisivi teatrali è durato un anno. Il lavoro condotto presso il Centro culturale "San Biagio" di Cesena, che ha fornito assistenza e possibilità di immediati riscontri tramite la messa a disposizione di materiali e computer, ha consentito in particolare:
- di compiere una analisi puntuale di alcuni standard internazionali: FIAF, AACR2, ISBD;
- di sperimentare le prime soluzioni individuate tramite il software Sebina della Soprintendenza per i beni librari e documentari dell'IBC;
- di elaborare un primo schema di descrizione dei video teatrali, basato su un adattamento delle International Standard Bibliographic Descriptions (Non Book Material) - ISBD (NBM);
- di presentare in un seminario tecnico di confronto con gli operatori di archivi teatrali e di videoteche della regione una prima versione delle soluzioni proposte;
- di effettuare un test di controllo mediante una serie di catalogazioni sperimentali presso i centri di Bellaria, Riccione, Cattolica, Cesena, Reggio Emilia.
Le attività svolte nell'ambito del progetto dal 1997 al 2000 si possono sinteticamente riassumere nelle seguenti realizzazioni:
- pubblicazione delle "Norme di descrizione dei video teatrali" elaborate dal gruppo di lavoro coordinato dall'IBC;16
- organizzazione di seminari di confronto con i tecnici del settore sui criteri di catalogazione, sul trattamento dei record informatizzati, sui problemi della produzione e distribuzione dei video e sul diritto d'autore e copyright con particolare riferimento alle opere audiovisive e teatrali;
- realizzazione di un corso di formazione catalografica per operatori di circa venti centri regionali interessati al progetto, tenutosi a Cesena e a Reggio Emilia;
- attivazione di una commissione scientifica (composta da docenti universitari ed esperti di teatro, arti sceniche e documentalisti, coordinata dal professore Marco De Marinis) per l'elaborazione di un soggettario-thesaurus finalizzato all'indicizzazione dei documenti teatrali;
- catalogazione on line dei circa 5.000 video di teatro conservati presso il Teatro municipale "Romolo Valli" di Reggio Emilia, dotato di una significativa collezione di videodanza, e presso l'associazione "Riccione Teatro", dotata delle registrazioni video partecipanti al festival "Riccione TTV - Teatro Televisione Video";
- presentazione del draft del soggettario e illustrazione delle procedure di catalogazione degli audiovisivi messe a disposizione dall'IBC;
- disseminazione dei risultati del progetto nell'ambito di una serie di convegni, incontri e seminari di studio anche internazionali (Cesena, Riccione, Reggio Emilia, Firenze, Lucca, Roma);
L'impegno dell'IBC, oltre agli aspetti legati al coordinamento tecnico-scientifico e alla consulenza professionale, ha riguardato, in parallelo alle finalità della convenzione, interventi convergenti con gli stessi obiettivi, e in particolare:
- la definizione delle specifiche per la realizzazione di un modulo per il trattamento degli audiovisivi del software Sebina;
- la definizione di un profilo di ricerca specifico in ambiente OPAC (sistema ricerca e recupero delle informazioni);
- l'implementazione di una procedura di gestione dei thesauri.
Sebina Audiovisivi: l'accesso al catalogo on line
Il software Sebina - promosso, progettato e realizzato dall'IBC e da Akros Informatica - è pienamente integrato nel Servizio bibliotecario nazionale - SBN tramite le procedure di colloquio con l'indice. L'applicativo consente di trattare i documenti audiovisivi nell'ambito di un catalogo più ampio che comprende la gestione di molteplici tipologie di materiale: libro moderno, libro antico, carteggi, grafica, fotografie, cartografia, materiale musicale.
Le configurazioni e le architetture di rete entro cui può essere implementato consentono l'adozione di più modelli organizzativi: così si può costituire un archivio locale specifico e indipendente, oppure una rete di videoteche e biblioteche specializzate che condividono il catalogo collettivo dei loro documenti video (teatrali) con o senza il coordinamento da parte di un centro, oppure ancora le catalogazioni dei video e degli altri documenti teatrali possono essere inserite e andare a far parte del catalogo locale SBN.
Infine è possibile costituire una banca dati centralizzata (nazionale, regionale, territoriale, ecc.), una sorta di catalogo virtuale dei video posseduti da videoteche teatrali, istituti culturali, realtà autonome: un catalogo realizzabile tramite il riversamento in un sistema di ricupero delle informazioni (e dei documenti): un OPAC (On line Public Access Catalogue) che fornisca un accesso generalizzato ed efficace. Attraverso l'OPAC le biblioteche, i centri di documentazione e le videoteche rendono disponibile il proprio catalogo per la consultazione diretta da qualunque luogo (Intranet, Internet), garantendo all'utenza un accesso rapido e intuitivo a tutti i documenti prodotti ma anche alle informazioni recuperabili in rete.
Oltre agli elementi descrittivi che caratterizzano l'oggetto della ricerca, con Sebina è possibile esaminare anche i documenti digitali collegati (video, immagini fisse e in movimento, siti Web, riviste elettroniche).
Il sistema di ricerca è basato su canali principali (autore, titolo, soggetto, thesaurus, ricerca libera, categoria di materiale, biblioteca) e secondari (ruolo dell'autore, luogo, editore, data di pubblicazione, natura, genere del contenuto, paese e lingua di pubblicazione, tipologia di materiale, formato), permettendo un'interrogazione in più fasi, per completare e integrare le ricerche già formulate, in modo semplice e completo.
Sebina: prospetto deidati gestiti e contenuto semantico degli elementi descrittivi
Dati gestiti per i documenti audiovisivi | Descrizione |
Tipo materiale Audiovisivo | Tipologia del documento audiovisivo: Filmato, Videoregistrazione, ... |
Formato | Formato del documento audiovisivo: 16 mm., Betacam, VHS, U-Matic, ... |
Genere del contenuto | Genere del contenuto del video (teatrale): documentario, video danza, video teatro, video teatro documentazione ... |
Data | Data di pubblicazione del video |
Data copyright | Data di copyright del video |
Colore | Indicatore di colore del documento audiovisivo: a colori, in bianco e nero, a colori e in bianco e nero |
Sonoro | Indicatore di sonoro del documento audiovisivo con sonoro o muto |
Descrizione Audiovisivo | Descrizione del documento video secondo gli standard di riferimento: ISBD(NBM), AACR, "Norme di descrizione dei video teatrali" La descrizione prevede: - l'indicazione del titolo e della formulazione di responsabilità - l'indicazione di edizione - l'indicazione della pubblicazione, distribuzione - l'indicazione della descrizione fisica del documento - l'indicazione di eventuali note che precisano ed ampliano la descrizione formale. |
Numeri standard | Eventuali numeri standard presenti sul documento audiovisivo: numero editoriale, RISM, ISAN... |
Autori - Enti | Persone, enti e organizzazioni che si sono occupate della produzione e/o che hanno avuto un ruolo nella realizzazione del video |
Ruolo Autori - Enti | Ruoli sostenuti da autori / enti / organizzazioni nella produzione/"realizzazione" del video: Attore, Regista, Scenografo, Coreografo, Danzatore, Produttore, Autore testi, ... |
Personaggi interpretati | Personaggi interpretati dagli autori/attori: Pavarotti che come cantante lirico interpreta il personaggio di "Radames" |
Altri documenti collegati | Documenti collegati al video: libretto, copione, audiocassetta, fotografie,... |
Rappresentazione - Registrazione | Estremi del luogo in cui è avvenuta la rappresentazione teatrale e/o la registrazione del documento video: stato, città, teatro, occasione, periodo |
Termini di Thesaurus | Gestione di uno o più thesauri, in conformità con le norme ISO 2788/1986 e 5964/1985. A fronte dell'analisi del documento, è possibile determinarne il contenuto e la scelta dei termini d'indicizzazione più appropriati. |
Soggetti | Indicazione dei soggetti, cioè degli argomenti trattati nel video, espressi in una forma verbale organizzata in descrittori. |
Classificazioni | Indicazione dell'eventuale sistema di classificazione per i documenti audiovisivi |
Abstract | Abstract del contenuto ed eventuali keywords per l'accesso al documento |
Link Multimediali | Collegamento con documenti audiovisivi in formato digitale (titoli di testa e di coda, sequenze iniziali o significative, frames, foto...) |
Dati relativi ad ogni singola copia dei documenti audiovisivi | Descrizione |
Biblioteca | Struttura / Istituto in cui il documento è localizzato: videoteca, mediateca, biblioteca, centro di documentazione, archivio... |
Inventario | Numero di inventario, relativo alla serie inventariale in uso per i documenti audiovisivi |
Collocazione | Localizzazione dei documenti audiovisivi all'interno della struttura (videoteca, mediateca, biblioteca, centro di documentazione, ...) |
Circolazione del documento | Indicatore dello stato di circolazione del documento: ammesso al prestito o per sola consultazione interna |
Note | Descrizione delle eventuali note riportate sulla custodia del documento audiovisivo |
Stato di conservazione | Descrizione dello stato di conservazione di specifica copia di un documento audiovisivo |
Proposte di restauro | Eventuali proposte di restauro della specifica copia di un documento audiovisivo |
Esempio di descrizione di un documento video teatrale
Localizzazioni: I Teatri di Reggio Emilia Videoregistrazione Vhs Videodanza Titolo:
Compagnia di danza:
Orchestra - Gruppo:
Coreografo:
Compositore:
Direttore d'orchestra:
Luci:
Regista televisivo:
Scenografo:
Altri titoli:
Editori:
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Prime conclusioni
La conclusione di un progetto (o di una sua fase) non può limitarsi a presentare i risultati solo nei termini delle sue realizzazioni, ma richiede - oltre i limiti, cioè gli ambiti entro cui si è data soluzione a problemi definiti - di mostrare gli esiti, gli spazi correlati che si aprono in un contesto (il digitale) in rapido e tumultuoso mutamento. I percorsi che hanno condotto alla definizione di uno standard descrittivo per i documenti video del teatro hanno messo in evidenza alcuni punti chiave che vale la pena rilevare:
- sia i documenti teatrali sia quelli audiovisivi (quindi anche la loro intersezione, che è ciò di cui qui ci occupiamo) sono caratterizzati da una molteplicità di funzioni autoriali: alcune autonome ed altre condivise, fino a far parlare di shared authority;
- un fitto tessuto di rapporti collega l'insieme della documentazione teatrale: questa, per essere percorsa nelle sue piste biblio e videografiche, necessita
a) di una catalogazione integrata, e i Functional Requirements Bibliographic Records (FRBR) accentuano con una individuazione più chiara delle entità da trattare la messa in relazione dei documenti, già da noi evidenziata;
b) di un insieme coerente di punti di accesso offerti alla ricerca da una rete di archivi teatrali e altri istituti culturali;
- il modello organizzativo della videoteca teatrale (digitale, fisica o ibrida) va ancora definito nella sua logica di servizio specifica o singolare: non si esaurisce nello studio di interfacce e modi di interazione particolari - come potrebbero far pensare recenti metafore dell'interazione col computer ("computers as theatre");17
- l'irruzione di prodotti, tecnologie e sistemi digitali, ridisegnando sia i rapporti con l'utenza sia con tutti gli strumenti elaborati e le istituzioni culturali fin qui legittimate dalla loro stabilità, ha determinato un vero e proprio "salto comunicativo". Questo è indotto dalla possibilità che le diverse espressioni simboliche integrate in uno stesso medium (testi, immagini fisse e in movimento, suoni) possano essere trattate come manifestazioni di un unico oggetto, l'informazione digitale, il cui tratto principale non è solo la riproducibilità tecnica o la velocità di trasmissione ma soprattutto la loro virtuale manipolabilità.
Questo salto comunicativo, infine, di cui non conosciamo appieno tutti gli effetti, deve comunque coprire culturalmente il rischio temuto da Walter Benjamin: "Che valore ha allora l'intero patrimonio culturale, se proprio l'esperienza non ci congiunge ad esso?".18
Note
(1) Per uno schema dei caratteri tipologici dei vari documenti teatrali si veda A. D'Amico, Il documento teatrale: sua classificazione e nomenclatura, in Il patrimonio teatrale come bene culturale a cura di L. Trezzini, Roma, Bulzoni, 1991, pp. 29-30.
(2) Tra gli altri e più recenti contributi si vedano (su posizioni polarmente opposte): in difesa della distinzione netta testo/rappresentazione e quindi in nome di una "leggibilità" del testo teatrale, A. Ubersfeld, Lire le théâtre I, Paris, Éditions Sociales, 1977; invece, per una visione del fatto teatrale come "relazione teatrale" (in presenza) e quindi a favore dell'autonomia del "testo spettacolare", M. De Marinis, In cerca dell'attore, Roma, Bulzoni, 2001 e il precedente Capire il teatro, ibidem, 1999.
(3) Si veda M. Ariani - G. Taffon, Scritture per la scena. La letteratura drammatica del Novecento, Roma, Carocci, 2001. La citazione invece è tratta da A. D'Amico, Il documento teatrale: sua classificazione e nomenclatura, cit., p. 28.
(4) Oltre al già citato A. Ubersfeld, Lire le theatre I, per una concezione del passaggio dal copione (testo+didascalie) al testo spettacolare come "reticolo formale di virtualità" si veda anche l'argomentata distinzione tra le operazioni di "trascrizione" (testo) e di "trasduzione" (didascalie) proposta da F. Ruffini, nel suo Semiotica del testo: l'esempio teatro, Roma, Bulzoni, 1978.
(5) Qui e più avanti, per le citazioni e gli elementi informativi, seguo M. De Marinis, In cerca dell'attore, cit., pp. 73-99.
(6) Se richiamiamo la sistematizzazione delle arti proposta da Gérard Genette (L'Opera dell'arte. Immanenza e Trascendenza, Bologna, CLUEB, 1999) l'esistenza e l'impiego di una notazione, più o meno sofisticata e formalizzata, assegna un carattere "allografico" al teatro. Il teatro infatti, inteso come arte di performance, può avere un modo di esistenza "autografico" se la sua espressione è basata su una improvvisazione - e quindi è priva di un sistema di notazione che l'accompagni - o "allografico" se invece è basato su una esecuzione che preveda tale sistema di notazione.
(7) R. Melcher, Videoarte come "sistema artistico" tra rappresentazione performativa e pittorica, in L'arte elettronica. Metamorfosi e metafore, a cura di S. Bordini, Ferrara, Gallerie d'arte moderna e contemporanea, 2001, p. 59.
(8) Antonin Artaud la definisce "espressione nello spazio" (A. Artaud, Teatro della crudeltà. Primo Manifesto, in Id., Il teatro e il suo doppio, Torino, Einaudi, 1968). Dal punto di vista della conservazione si veda anche M. Cordaro, La conservazione e la memoria dell'esperienza artistica dell'ultimo cinquantennio, in L'eclisse delle memorie, a cura di T. Gregory e M. Morelli, Bari, Laterza, 1995, pp. 68-70.
(9) A proposito della concezione della "registrazione audiovisiva di un evento teatrale non come una sua traccia, come un documento su di esso, ma in qualche modo come l'evento stesso" si veda "Il divenire della comunicazione audiovisiva. Le memorie audiovisive. La scena in video", in Il futuro delle memorie, 2/3 - 1995/1996, Ancona, Humana, 1995.
(10) Per l'articolo 3, comma 1, lettera d, del Testo Unico sono altresì beni culturali: "d) le fotografie e gli esemplari delle opere cinematografiche, audiovisive o sequenze di immagini in movimento o comunque registrate, nonché le documentazioni di manifestazioni sonore o verbali comunque registrate, la cui produzione risalga ad oltre venticinque anni".
(11) La cooperazione delle regioni (in Emilia-Romagna l'IBC) con gli organi nazionali competenti "per la definizione delle metodologie comuni da seguire nella catalogazione dei beni culturali anche al fine di garantire l'integrazione nelle reti nazionali delle banche dati regionali" è prevista dal Testo Unico e ripresa dalla legge regionale 18/2000.
(12) A definirli così, per distinguerli opportunamente dai multimedia (che usualmente designano dei sistemi interattivi contenenti suoni, immagini in movimento, testo e grafica), è la pubblicazione A Philosophy of Audiovisual Archiving, by R. Edmondson and members of AVAPIN, Paris, UNESCO, 1998.
(13) M.C. Cuturi, Audiovisivi: verso il controllo bibliografico, "Bollettino di Informazioni AIB", 30, 1990, 2, pp. 107-115.
(14) in Emilia-Romagna sono 35 le biblioteche comunali con sezioni speciali tra videoteche, fonoteche, sezioni multimediali, ecc.
(15) Cfr. P. Ortoleva, Valore culturale, valore d'uso, valore di scambio, in L'audiovisivo è un bene culturale? Il bene culturale audiovisivo nell'epoca della sua riproducibilità di massa, Roma, Fondazione Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, 1992.
(16) Le norme sono pubblicate in "L'Informazione Bibliografica", XXIII, 1997, 2; si veda più avanti, in questo inserto, il contributo di Vincenzo Bazzocchi e Marco Turci.
(17) B. Laurel, Computers as Theatre, Reading (Mass.), Addison-Wesley, 1991.
(18) W. Benjamin, Esperienza e povertà, in Critica e storia: materiali su Benjamin, a cura di F. Rella, Venezia, CLUVA, 1980.
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