Rivista "IBC" IX, 2001, 2

musei e beni culturali, biblioteche e archivi / editoriali

La serie e il confronto

Ezio Raimondi
[italianista, presidente dell'IBC]

Diceva un grande storico dell'arte attento anche ai segreti tecnici dell'atelier e del mestiere, Henri Focillon, che noi generalmente ossessionati dalla maestà della pittura e dal prestigio dell'opera unica, voltiamo le spalle ai messaggi più alti e alle visioni più rare perché affidate a un sottile foglio di carta e lasciamo così a una ristretta cerchia di eruditi e di amatori il compito di interrogare, raccogliere e classificare l'universo grafico del disegno, dell'acquaforte e della litografia, con la sua gamma virtuosa di valori schietti e squisiti, che fanno di una prova di stampa un oggetto estetico, una precisa forma d'arte. Eppure, spiegava ancora, lo studio dell'incisione può insegnarci non poco nella varietà dei suoi elementi solo in apparenza semplici, dal rame della lastra all'acciaio dello strumento, dalla carta della prova al gioco alterno dell'inchiostro. Occorre soprattutto riconoscere la vocazione formale della materia, seguire la libertà rigorosa delle sue evidenze, la luce rapida e sapiente dei suoi accordi, quasi nel vivo di un laboratorio e delle sue scrupolose operazioni artigianali.

Non vi è dubbio che si muova proprio nella direzione indicata dalla morfologia polivalente di Focillon il volume che ora si presenta al lettore con l'inserto di questo numero, il cui titolo, L'Arti per via, riprende ingegnosamente quello coniato dal Mitelli nel 1660 per la serie gloriosa e pittoresca delle sue incisioni bolognesi. Legato a una ricerca che viene da lontano, con l'occhio rivolto a tutta la regione, esso non solo fa emergere un patrimonio di immagini disperso e qualche volta nascosto fra biblioteche, archivi e musei dell'Emilia-Romagna, ma ne ricostruisce anche il contesto storico, il vario paesaggio culturale. Così mentre ai valori artistici si affiancano quelli documentari e illustrativi e si ricompone una mappa di "generi" e "funzioni", che vanno dalle xilografie quattrocentesche alla grafica del Novecento, dalle invenzioni dei peintres-graveurs alle stampe popolari o ai fogli di figurini, non si dimentica la tradizione catalografica che vi si accompagna e si prendono in esame, come altrettanti campioni dimostrativi, stampatori, collezionisti, esperimenti, consuetudini iconografiche. E alla fine, sia pure nei termini di un quadro consapevolmente parziale, ciò che ne esce è anche una storia del gusto, una rappresentazione diacronica di quella che Febvre chiamava sensibilità, intesa per l'appunto come vita affettiva e cultura, come atto insieme individuale e sociale.

Chi voglia dunque procedere alla catalogazione sistematica del materiale esplorato e raccolto nel continente diffuso delle stampe, non può che partire da questa prospettiva erudita, fondandosi sulla molteplicità fattuale dei fenomeni, sapendo, per usare le parole convenienti dello storico, che la codificazione dei dati ne presuppone la definizione, la quale implica a sua volta un certo numero di scelte e di ipotesi. Da una parte vi è il conoscitore con le sue distinzioni e le sue categorie, e dall'altra il catalogatore che ne diviene la controfigura e l'interprete. Si tratta allora di unire il meglio della tradizione storicoartistica e di quella biblioteconomica in una descrizione che sia costruita su standard internazionali condivisi, alla confluenza di più discipline e contesti di sapere, sino ai codici dell'apparato informatico. Né si deve credere che la possibilità di un'anagrafe seriale mortifichi l'individualità intraducibile di un'opera o di un testimone: al contrario essa consente, attraverso il confronto, di singolarizzare un'immagine, di fissarne rapporti, scambi, repliche, trasposizioni, metamorfosi, varianti in un mondo fluido e complesso, tra i due poli della bottega e della stampa. Alla razionalità dell'ordinamento e della registrazione tipologica può corrispondere ancora la misura storica della filologia, la ricerca del senso che si cala sempre nella concretezza visibile del particolare.

Un libro che ragiona di percorsi operativi è esso stesso un percorso, un doppio ragguaglio su ciò che si è fatto e su ciò che resta da fare nella logica di un'erudizione moderna illuminata dalla disciplina unificatrice o di un metodo. Perciò propone casi, ipotesi, situazioni, problemi, modelli, sulla strada di una ricognizione globale, tradotta in un inventario puntuale e analitico, all'interno della provincia grafica emiliana. Ancora una volta dietro la scrittura e le sue voci dialoganti s'intravede un laboratorio, un programma di lavoro, un cammino per il futuro.

 

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