Rivista "IBC" IX, 2001, 1

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / restauri, editoriali

Un'etica del restauro?

Ezio Raimondi
[italianista, presidente dell'IBC]
A rileggere oggi i testi memorabili di Giovanni Urbani raccolti nel volume postumo Intorno al restauro, puntigliosamente ed appassionatamente curato da Bruno Zanardi, viene da pensare che anche in un'età come la nostra, per la quale i problemi della conservazione sono fondamentali, la pratica complessa e mai facile del restauro non sia ancora entrata nell'orizzonte della cultura per così dire quotidiana. Resta un problema di specialisti e di amministratori. E tuttavia il nostro destino di "nati tardi", di "epigoni", come diceva drasticamente e profeticamente Nietztche, ci obbliga ad un rapporto permanente con il passato e con i "beni", gli oggetti e le forme attraverso cui esso continua a parlarci e a dare testimonianze di se stesso. Al problema conoscitivo e interpretativo del conservare si intreccia, ci sembra, anche un problema etico che riguarda tutti noi e la nostra memoria di cittadini partecipi di un mondo simbolico di valori, in cui consiste appunto la cultura.
È un modo di pensare, un'idea di rapporto critico, una capacità di interpretazione da tradurre in un intervento responsabile legato sempre a un sistema più ampio di relazioni e di valori. Di qui il significato profondo di ciò che diciamo restauro, con le procedure, gli accorgimenti, le invenzioni applicate alla varietà inesauribile della materia e delle sue forme oggettivate. Così, nell'occorrenza del decimo Salone ferrarese, si è pensato di scegliere alcuni esempi recenti del nostro lavoro restaurativo per discuterne i risultati, le impostazioni, le modalità esecutive, e soprattutto per far conoscere anche a un pubblico più vasto quella che alla fine è un'etica, un'intelligenza del fare, del custodire in modo critico, del risarcire i guasti dempo senza mai falsificare ciò che ci resta di altre epoche e altre stagioni, conservandone il volto più autentico, l'immagine più vera e gelosamente individuale. Un'etica è sempre alla fine un atto di rispetto, una volontà di capire, un'attenzione e un riconoscimento dell'altro. Forse tra le riflessioni che possono nascere a Ferrara, in mezzo a convegni, incontri e dibattiti, può esserci anche questa: non solo per lo specialista, ma anche per ognuno di noi, magari anche con l'abito del flâneur di cui parlava, pensando a Parigi, Walter Benjamin con la sua dolorosa chiaroveggenza.

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