Rivista "IBC" VIII, 2000, 4
musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / mostre e rassegne
Un'escursione fuori porta permette di rivivere la vita quotidiana di famiglie di agricoltori vissute in Emilia, tra i fiumi Reno e Lavino, tra il I secolo a.C. e i primi secoli dell'era cristiana. Si tratta di quella porzione di territorio posta a nord-ovest di Bologna, intorno a Calderara di Reno, che a partire dagli anni Ottanta, è stata oggetto di approfondite ricerche archeologiche.
Gli scavi, coordinati dalla Soprintendenza per i beni archeologici dell'Emilia-Romagna, hanno portato alla luce numerosi reperti a partire dall'Età del Bronzo, anche se sono le testimonianze di epoca romana a costituire la parte più consistente dei rinvenimenti in questa zona, prevalentemente oggetti di uso domestico e quotidiano realizzati in ceramica, vetro e metallo. I reperti ceramici, in genere contenitori connessi alla conservazione, alla preparazione e al consumo dei cibi, sono i più numerosi, mentre il vetro, più raro, era impiegato per vasellame da banchetto o per oggetti da toeletta, spesso balsamari. In metallo invece erano utensili vari e oggetti per l'ornamento maschile e femminile (anelli, pendenti, fibbie).
Sono ventotto gli insediamenti risalenti all'età romana riconosciuti nel territorio di Calderara, in genere edifici rustici di piccole dimensioni, ma anche villae di campagna con un settore residenziale arricchito da marmi, mosaici e intonaci dipinti. Uno degli interventi di scavo archeologico più significativi è il complesso situato presso le Cave Nord di Lippo di Calderara di Reno. Si tratta di un edificio rustico di dimensioni medio-piccole il cui nucleo iniziale è databile al I secolo a.C. In epoca augustea l'impianto originario fu ampliato fino a contenere cinque ambienti destinati sia a funzioni residenziali che alle attività legate all'agricoltura. Nelle vicinanze sono stati rinvenuti due pozzi: il più antico, in funzione tra la fine del I secolo a.C. e il I secolo d.C., conteneva al suo interno brocche per l'acqua e vasellame da cucina. Le strutture e gli oggetti emersi durante gli scavi hanno permesso di conoscere in modo più approfondito i costumi e le abitudini di questi nostri progenitori, dall'organizzazione del lavoro agricolo alle attività domestiche, come testimoniano gli oggetti riferibili alla filatura e alla tessitura svolte all'interno della casa.
Di un'economia basata principalmente su acquisti di generi alimentari e beni di consumo restano anche le monete, diffuse in modo capillare in tutta l'Emilia-Romagna a partire dal III secolo a.C..
Sono trentacinque gli esemplari in bronzo o metallo rinvenuti nel territorio di Calderara, tutti riferibili alla zecca di Roma e provenienti in alcuni casi dalle necropoli situate nei pressi dei rustici. Per quanto riguarda il culto dei morti risultano di particolare interesse due piccoli nuclei di tombe, databili intorno al I-II secolo d.C., che presentano la caratteristica copertura "alla cappuccina", formata da tegole accostate a doppio spiovente e sormontate da coppi lungo la congiuntura. All'interno alcuni oggetti tipici del corredo funerario romano: monete (il cosiddetto "obolo di Caronte" per il passaggio nell'aldilà), frammenti di vasi in ceramica e anfore.
La maggior parte dei reperti rinvenuti durante vent'anni di scavi nella zona sono stati esposti per la prima volta in una mostra dal titolo "Antiche genti della pianura. Tra Reno e Lavino", aperta presso lo Spazio Reno di Calderara dall'1 novembre al 17 dicembre 2000. L'iniziativa, curata dagli archeologi Paola Poli, Tiziano Trocchi e Jacopo Ortalli, è stata promossa dall'Assessorato alla cultura del Comune di Calderara di Reno e dalla Soprintendenza per i beni archeologici dell'Emilia-Romagna, che si è avvalsa della collaborazione dei volontari del gruppo archeologico calderarese.
"Antiche genti della pianura" ha ripercorso l'evoluzione della pianura bolognese tra Reno e Lavino dalla preistoria al Medioevo, attraverso lo studio degli aspetti geologico-ambientali in relazione alle testimonianze lasciate dall'uomo fin dall'Età del Bronzo, anche se il fulcro dell'esposizione è stata l'età romana, con le fedeli ricostruzioni del paesaggio centuriato e dei suoi edifici, di un pozzo in laterizi di età romano-imperiale realizzato con i materiali originali, e di una tomba per illustrare il tema della sepoltura. Il catalogo della mostra (ed. All'insegna del Giglio) è pubblicato nella collana "Quaderni di Archeologia dell'Emilia-Romagna". Per informazioni: 051 722 770.
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