Rivista "IBC" XXVII, 2019, 4

musei e beni culturali / mostre e rassegne

A distanza di 20 anni dalle grandi mostre di Bologna e Venezia, il Museo Civico Archeologico di Bologna presenta un articolato progetto espositivo dedicato alla civiltà etrusca.
Dal Po al Sele

Valeria Cicala
[IBC]

Quante sono le Etrurie? Potrebbe essere proprio questa la domanda da porsi entrando al Museo Civico Archeologico e avvertendo quasi subito, varcata la soglia dell’esposizione Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna( 1), che stiamo per immergerci in un percorso, possiamo definirlo viaggio virtuale, attraverso l’Italia con profonde novità di scavo e di studio. Non un singolo territorio, ma i due versanti della penisola: l’Italia adriatica e quella tirrenica; separate ma direi meglio saldate da quella dorsale appenninica che regala brividi di scoperte ma a volte anche sismici.
La civiltà etrusca ha navigato per mari ma anche per fiumi ha irradiato e permeato del suo portato intere aree dell’Italia antica in cui l’organizzazione del territorio, delle città con la loro vita artistica ed economica, la politica e la religiosità hanno lasciato esiti che ci abbagliano e ci portano ad andare oltre l’impatto emotivo della bellezza senza tempo, della creatività complessa di questa civiltà.
La cartella stampa parla di 1400 oggetti provenienti da 60 musei ed enti italiani e internazionali, lo si può verificare anche dal catalogo ( 2). Ma la consuetudine a frequentare mostre più che strabiliarci per il numero esorbitante dei materiali, ci stimola a verificare come tutto questo è stato proposto, quali le soluzioni per un percorso che vuole far conoscere e riconoscere un intreccio di modelli, di frequentazioni a volte stereotipate, in cui le terre dei Rasna, come gli Etruschi stessi si chiamavano, sono stati imbrigliati. Gli antichi ci riguardano” recita il titolo di un saggio di Luciano Canfora e questo evento ne è la riprova. Non per guardarci, come in uno specchio, compiaciuti alla ricerca di soluzioni consolatorie, bensì per sondare la complessità da cui veniamo, per farne risorsa al fine di non perdere capacità critica.
Tornando alla mostra nella sua fattualità, la sua scansione si avvia in modo che il visitatore, che si ritroverà ad essere un viaggiatore, possa conoscere i lineamenti principali della cultura e della storia del popolo etrusco, attraverso oggetti e contesti archeologici che ben identificano quell’arco di tempo nel quale si svolge la parabola etrusca che dal IX secolo a.C giunge al I secolo a.C.
Forse è da premettere quanto l’intera esposizione dialoghi con la preziosa sezione etrusca del museo. Ma questa da un lato testimonia il ruolo che ebbe Felsina, poi Bononia nel contesto etrusco, divenendo l’ideale appendice al percorso di visita della mostra temporanea, dall’altro consolida quella centralità che le collezioni permanenti assumono e svolgono nella quotidiana relazione creativa tra il pubblico e l’istituzione.

Non intendiamo proporre qui una “visita guidata”, è l’impatto con il racconto visivo e i suoi supporti che sollecitano gli occhi e la mente, attivano associazioni e domande. I contenuti sono proposti in un allestimento moderno e sapiente, in cui anche il colore gioca bene il suo ruolo e, nelle declinazioni che assume, scandisce le fasi principali della lunga storia etrusca: cinque colori per cinque periodi storici, che intendono fornire al viaggiatore/visitatore gli strumenti per meglio comprendere l’itinerario vero e proprio .
La prima parte del percorso espositivo racchiude in sé la cronologia ma soprattutto l’analisi della società e della cultura del tempo: sono le semplici forme dei vasi biconici degli albori della storia etrusca a dare il via al racconto e ad essi si affiancano le tombe che sono tra i primi segni tangibili di differenti strati sociali e le prime importazioni dal bacino del Mediterraneo, indice della creazione di una solida rete di scambi.
Segue il tempo delle aristocrazie che si autorappresentano potenti, ricche e guerriere. Nascono le città e si raccontano attraverso le strutture templari e le loro decorazioni architettoniche, espressione di un potere unitario e urbano. Ma un elemento davvero pregnante di questa società è la sua ideologia funeraria che ha assimilato influssi dal mondo greco e “arreda” i suoi spazi di oggetti di straordinaria bellezza, e si può ammirare la ricostruzione degli apparati decorativi di una tomba dipinta, grazie alle copie ottocentesche della tarquiniese Tomba del Triclinio, prestate dai Musei Vaticani.
Anche le aree periferiche rispetto al cuore etrusco d’Italia conoscono un tempo di non secondaria importanza. La compagine etrusca si sgretola e si compenetra poi nel confronto e nello scontro con Celti, Sanniti e Romani. Ma soprattutto con quest’ultimi l’osmosi politica e culturale è basilare per comprendere Roma.
Come già si accennava l’Etruria non è una e la ricchezza e la mutevolezza dei paesaggi è straordinaria non solo per quanto riguarda i due versanti (tirrenico e adriatico con la componente appenninica) ma anche nei paesaggi, nella geografia delle cinque sezioni, la cinque Etrurie che l’esposizione propone con materiali inediti con approcci di ricerca innovativi.

Dedichiamo qualche flash al vostro viaggio. Attraverserete l‘ Etruria Meridionale esemplificata da Tarquinia, Veio, Cerveteri, Pyrgi e Vulci. É l’occasione per ammirare i nuovi rinvenimenti come la tomba della sacerdotessa di Tarquinia, i materiali votivi dal santuario- emporio di Pyrgi, la tomba dello scarabeo dorato da Vulci, città dalla quale arriva anche una straordinaria scelta di suppellettili e oggetti in bronzo, tra i quali spicca la maschera-visiera di uomo barbato.
L’ Etruria Campana dove i popoli si incontrano e le culture si mescolano, accanto a Pontecagnano, Capua, Nola, troverete anche Pompei con le sue coloratissime decorazioni templari, che rivendica in mostra le sue origini preromane. Da segnalare il corredo funerario principesco, non è il solo, proveniente dalla tomba femminile 74 da Monte Vetrano (Salerno), databile tra la metà e il terzo quarto dell’VIII secolo a. C., segno tangibile di una comunità fiorente e strutturata inserita in un sistema commerciale dinamico tra Oriente levantino, Sardegna e l’area tirrenica e adriatica.
Dalla città di Velzna, come gli Etruschi chiamavano Orvieto, situata nell’ Etruria Interna, quella attraversata dal Tevere, arriva in mostra una delle scoperte archeologiche più importanti degli ultimi anni: il fanum Voltumnae, santuario federale di tutti gli Etruschi ricordato dalle fonti letterarie, è oggi una realtà anche archeologica. Le ricche offerte votive, le iscrizioni agli dei raccontano di una vivacità culturale e spirituale che giunge dall’età arcaica fino alla romanizzazione. Nella stessa area si inanellano poi Perugia, Chiusi e Cortona. Le splendide urne policrome dall’area perugina e i volti impassibili dei canopi di Chianciano restituiscono fisicità agli Etruschi e ci raccontano come l’uomo si poneva di fronte alla morte e quali fossero le aspettative oltremondane.
L’ Etruria Settentrionale si distende tra il mare, i fiumi, le vie appenniniche; qui ritroviamo Populonia da cui provengono alcune delle novità più interessanti della mostra come l’importante sepoltura bisoma di bambini in pithos, databile al IX secolo a.C., o il deposito delle armi rinvenuto sulla spiaggia di Baratti (V-IV sec. a.C.). Anche se già noti in precedenza non sono di minore interesse i materiali dalla tomba del Tridente (fine dell’VIII - inizi del VII sec. a.C.), con manufatti di alto valore simbolico che fanno di questa sepoltura una delle più ricche dell’Orientalizzante di Vetulonia. Di straordinaria importanza è il grande tridente, una vera insegna regale che identifica il personaggio che la possedeva come di altissimo rango, probabilmente posto ai vertici della comunità. I centri disposti dalla costa tirrenica fino alla dorsale appenninica si rivelano attraverso ricchi corredi come quello della tomba di guerriero da Volterra (Pisa), via Poggio alle Croci e importanti monumenti in pietra come la stele di Avile Tite, per la prima volta in mostra fuori dal Museo Guarnacci di Volterra, che costituisce uno dei monumenti funerari più significativi dell’epoca arcaica del distretto settentrionale.
Ultima tessera di questo straordinario mosaico o ultima tappa del viaggio è l’ Etruria Padana: siamo in quell’ampio territorio che a partire dalla appenninica Verucchio, terra dei signori dell’ambra, e dalla “nuova città” di Marzabotto giunge fino al mare Adriatico (Spina e Adria) e alle realtà della pianura occidentale (Emilia Occidentale e Mantova), passando per Felsina, la Bologna etrusca che le fonti antiche chiamano Princeps Etruriae, per sottolinearne l’importanza e la nascita antichissima. È da Bologna che vengono i rinvenimenti eccezionali della tomba 142 della necropoli di via Belle Arti con un corredo di suppellettili in legno la cui conservazione rappresenta una novità e una eccezionale rarità per il panorama archeologico bolognese.

E al termine di questo viaggio possiamo anche affermare che gli Etruschi siamo noi!

Mostra:
Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna
Museo Civico Archeologico
7 dicembre 2019- 24 maggio 2020

Catalogo:
Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna, a cura di Laura Bentini, Marinella Marchesi, Laura Minarini, Mondadori Electa, Milano, 2019.

Note

1 Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna è una mostra promossa e progettata da Istituzione Bologna Musei -Museo Civico Archeologico, in collaborazione con la Cattedra di Etruscologia e Antichità Italiche dell’Università di Bologna, realizzata da Electa e posta sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana. Il progetto scientifico è a cura di Laura Bentini, Anna Dore, Paola Giovetti, Federica Guidi, Marinella Marchesi, Laura Minarini (Istituzione Bologna Musei - Museo Civico Archeologico), Elisabetta Govi, Giuseppe Sassatelli (Cattedra di Etruscologia e Antichità Italiche Alma Mater Studiorum Università di Bologna). Il progetto di allestimento è a cura di Paolo Capponcelli, PANSTUDIO architetti associati.

2 Accompagna la mostra il catalogo Electa con saggi introduttivi di Giuseppe Sassatelli, Vincenzo Bellelli, Roberto Macellari, Marco Rendeli, Alain Schnapp e Giuseppe Maria Della Fina; saggi dedicati alle singole sezioni di mostra; un approfondimento sui musei etruschi italiani e un importante apparato di schede dedicate alle opere in mostra.

 

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