Rivista "IBC" XXVII, 2019, 3
Dossier: Il Sistema Museale Regionale
musei e beni culturali / leggi e politiche, progetti e realizzazioni
Con l’incontro dello scorso 8 aprile 2019 la Regione Emilia–Romagna torna ad occuparsi in modo attivo e costruttivo del sistema museale regionale, riprendendo e riaggiornando il percorso intrapreso a partire dall’anno 2000 e proseguito negli anni successivi con il riconoscimento dei musei di qualità ( 1). Nell’ultimo decennio la riflessione attorno ai musei ha visto evoluzioni significative a livello nazionale e internazionale ( 2), sia nel concetto stesso di museo che per quanto riguarda il mutare della sua funzione pubblica; alla celebrazione della rilevanza delle singole collezioni museali si afferma progressivamente la centralità dell’insieme delle relazioni che i musei riescono ad attivare rispetto alle comunità di riferimento.
Il sistema museale regionale ha come obiettivo ambizioso proprio quello di intercettare e governare queste trasformazioni culturali in atto, in modo strutturato e organizzato. Promuovere la qualità museale significa certamente migliorare il livello dei servizi resi al pubblico; ma tale obiettivo non può prescindere dall’avvio di un percorso di 'manutenzione culturale' delle proprie cornici di riferimento, mettendo in campo idee e contenuti nuovi – o rinnovati – rispetto al contesto in cui ci si muove oggi (
3).
La prospettiva da cui abbiamo cominciato da tempo a guardare i musei non è più solo quella dei beni conservati e della loro fruizione, ma quella delle relazioni tra contesti, beni e persone. Ci ricorda Carlo Rovelli che "pensare il mondo come un insieme di oggetti sembra funzionare sempre meno. Un oggetto esiste come nodo di un insieme di interazioni, di relazioni, e queste possono essere descritte in termini di informazione relativa a sistemi o processi" (
4). In questo senso, le prestazioni di ciascun museo non potranno più essere misurate solo quantitativamente, in termini di prodotti generati e servizi resi, ma anche (e forse soprattutto) andrà valutata la qualità delle relazioni che ciascun museo riuscirà a garantire e far evolvere nel tempo. È bene chiarire fin da subito che il sistema museale regionale non ha lo scopo di 'controllare' le attività dei musei in termini di performance, dividendo tra musei di serie A e musei di serie B (anche se sarà un utile strumento per identificare le carenze e i margini di miglioramento), ma rappresenta una modalità di lavoro che aiuterà nella crescita quei musei che sapranno creare, rappresentare, comunicare e condividere un nuovo sistema di relazioni tra territori, oggetti museali e persone. Su questo punto è chiarissima la sintesi di Luciano Floridi: "In una politica relazionale e non cosale non è più il grado quantificabile di performance delle cose ad essere il principale parametro di valutazione, ma il grado di solidità e resilienza delle relazioni che costituiscono le cose e che le legano tra loro” (
5).
In tale contesto, il sistema museale non va quindi considerato come un adempimento burocratico per verificare il grado di conformità ai livelli uniformi di qualità (LUQ) definiti dal Ministero per i beni e le attività culturali, e non termina perciò con l’accreditamento secondo le procedure delineate a livello nazionale (
6). L’IBC lo ha piuttosto inteso come un processo circolare, di tipo partecipativo, da praticare e reiterare nel tempo, che si basa su alcuni passaggi chiave: attraverso la partecipazione si promuove la condivisione, prima di tutto tra livelli di governo – come la giornata dell’8 aprile ha voluto rappresentare – con l’obiettivo di mettere a fattor comune idee e contenuti tra operatori e addetti ai lavori, favorendo così lo scambio di buone pratiche, nella consapevolezza che si cresce solo confrontandosi, soprattutto sul piano qualitativo, e che solo nel confronto può migliorare la qualità dei servizi resi all’utenza. Riguardo a ciò, è bene soffermarsi sulla necessità di superare la logica dei così detti "servizi aggiuntivi" (
7) su cui si basava il museo del XX secolo, ossia quei servizi standard da mettere sul mercato (biglietteria, ristorazione, audio–guide, merchandising), concepiti come pacchetti preconfezionati da offrire all’utente–consumatore. La sfida che si apre oggi è piuttosto quella del design di tali servizi, che deve essere concepito non solo
per ma anche
con gli utenti; fruitori di cui, prima di tutto, è necessario cogliere bisogni e aspirazioni attraverso modalità partecipative che coinvolgano le comunità di riferimento. Si ritorna così all’inizio del percorso (la partecipazione), innescando una circolarità del processo che dal coinvolgimento delle istituzioni si sposta progressivamente verso i cittadini.
Per avviare questo programma, necessariamente strutturato e pianificato, l’IBC ha immaginato un percorso in tre fasi, da scaglionare nel prossimo triennio. Il punto di partenza è inevitabilmente l’accreditamento dei musei del territorio sulla base dei livelli uniformi di qualità (LUQ) stabiliti a livello nazionale (
8). Si viene a superare così il concetto di "museo di qualità": l’accreditamento, infatti, non è uno
status che si conquista ma è uno strumento per conoscere e dare una rappresentazione strutturata (e confrontabile) dello stato di salute del sistema museale regionale (
9). Il secondo passo è finalizzato a definire verso quale orizzonte tale sistema è interessato ad evolvere, focalizzando e condividendo gli obiettivi di miglioramento di ciascuna struttura museale e delle reti che via via si formeranno (
10). Il terzo step riguarda infine la definizione degli strumenti da introdurre per rendere effettivo il miglioramento (
11).
La governance di questo processo è senza dubbio complessa e necessita di un tavolo istituzionale dove si prenderanno le decisioni e si definiranno le politiche pubbliche, sulla base dell’ascolto degli operatori dei musei e delle realtà locali. Un ascolto che si nutrirà di tavoli di lavoro territoriali, uno per ogni provincia (modello verticale), a cui si affiancherà una riflessione trasversale su tematiche rilevanti di interesse comune (modello orizzontale), il cui coordinamento sarà affidato a quei musei che hanno maturato una specifica competenza sulle specifiche problematiche (depositi, conservazione, digitalizzazione, nuove forme di fruizione, crowdsourcing, fundraising, ecc.).
Non è un percorso che si farà tra pochi eletti e non sarà calato dall’alto; al tempo stesso non potrà risolversi in un ‘cahier de doléances’ o peggio in una rincorsa al miglior posizionamento nella classifica regionale.
Si tratta, piuttosto, di comprendere quale sarà il futuro della rete dei numerosi musei del territorio, che fuori dai grandi numeri dei circuiti del turismo internazionale rischiano l’irrilevanza se non la dimenticanza. Ritessendo, in chiave contemporanea, la rassicurante coperta del "museo diffuso", si potrà dare valore e senso all’incontro con le opere d’arte del passato e con gli oggetti patrimoniali del presente.
NOTE
1 I musei di qualità della regione Emilia–Romagna 2010–2012, responsabile Laura Carlini, coordinamento del progetto Giulia Pretto, Bologna, Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia–Romagna, 2011.
2 Musei e comunità in Europa: passato, presente e futuro, atti della ICOM European Conference 2017, Bologna 13–14 novembre 2017, a cura di Giuliana Ericani, Bologna, Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia–Romagna, 2019.
3 “La qualità si traduce in sostanza per un museo nella capacità di adeguarsi con attenta sensibilità alle esigenze dei fruitori come istituzione aperta, dialogante e in evoluzione continua”, Ezio Raimondi, 2011.
4 Carlo Rovelli, Ogni cosa è informata, Il sole 24 ore, 30 marzo 2014.
5 Luciano Floridi, Il verde e il blu. Idee ingenue per migliorare la politica in una società matura dell’informazione, Formiche, vol. 135, Roma, 2018; p. 21.
6 Cfr. d.m. 21 febbraio 2018, n. 116 “Adozione dei livelli minimi uniformi di qualità per i musei e i luoghi di cultura di appartenenza pubblica e attivazione del Sistema museale nazionale” e d.d.g. 20 maggio 2018, n. 542 “Prime modalità di organizzazione e funzionamento del Sistema museale nazionale”.
7 La nozione di "servizi aggiuntivi" è stata introdotta nell'ordinamento italiano dall' art. 4 del decreto legge 433/1992, convertito con la legge 4/1993 (la cosiddetta “Legge Ronchey”). Essi sono attualmente disciplinati dall'art. 117 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
8 Con delibera 1450/2018 la Giunta della Regione Emilia–Romagna ha recepito i livelli uniformi di qualità (LUQ) emanati dal Ministero, alla cui redazione ha attivamente contributo partecipando alla commissione nazionale istituita nel 2015; l’Emilia–Romagna si pone pertanto tra le Regioni che seguiranno le procedure dell’art. 4 del citato decreto ministeriale 116/2018, come realtà territoriale in cui è attivo un sistema di accreditamento o riconoscimento basato su livelli di qualità equiparati a quelli fissati a livello nazionale.
9 Parole chiave: conoscersi/rappresentarsi. Strumenti e azioni: analisi partecipata sulle priorità delle istituzioni museali regionali con riferimento agli ambiti individuati dai LUQ; condivisione dei dati analitici sui contesti di riferimento; processo di accreditamento attraverso i LUQ.
10 Parole chiave: condividere/collaborare. Strumenti e azioni: creazione di un contesto favorevole allo scambio di buone pratiche e alla messa in comune di conoscenze e competenze; costruzione di gruppi di lavoro su tematiche di interesse comune; individuazione degli obiettivi di crescita e miglioramento; definizione di reti di cooperazione su obiettivi comuni.
11 Parole chiave: crescere/migliorare. Strumenti e azioni: sostegno alla crescita professionale degli operatori museali e alla creazione di comunità di pratiche; definizione di programmi di miglioramento e di piani attuativi per la crescita dei musei della regione in termini qualitativi e di miglioramento dei servizi; sostegno, sviluppo e potenziamento delle reti di cooperazione e partenariato sul territorio regionale, attraverso un orientamento delle leggi regionali già attive in materia.
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