Rivista "IBC" XXVII, 2019, 3
Dossier: Il Sistema Museale Regionale
musei e beni culturali / interventi
L’avvio del Sistema Museale Regionale, che ha visto il suo primo atto nella giornata svolta a Bologna l’8 aprile 2019, segna un momento importante per il mondo della cultura in Emilia –Romagna e costituisce una nuova, significativa tappa dell’impegno della Regione a sostegno dello sviluppo e valorizzazione del patrimonio delle nostre comunità. Rivolto ai 546 musei di titolarità pubblica e privata diffusi su tutto il territorio, questo processo si pone infatti in continuità con le politiche sviluppate negli anni dall’Ente in materia di cultura, e in particolare con i presupposti programmatici delineati per gli istituti e i beni culturali dalla L.R. 18 del 2000, che portarono ad avviare fin dal 2003 il riconoscimento dei Musei di Qualità. La rete regionale si radica oggi in un contesto più ampio, grazie all’attivazione del sistema a livello nazionale e all’adozione da parte del Ministero competente di livelli uniformi di qualità (LUQ) – elaborati a livello nazionale con l’attiva partecipazione del nostro Istituto Beni Culturali – che fissano standard minimi e obiettivi validi per tutti i musei italiani, in ambiti che vanno dall’organizzazione alla gestione del patrimonio fino alla comunicazione e, appunto, ai rapporti con il territorio.
Nella nostra regione il percorso di costruzione del sistema museale è coordinato dall’IBC e nasce improntato alla condivisione e alla partecipazione di tutti i soggetti coinvolti – Stato, enti locali, università, diocesi, privati e associazioni – chiamati a collaborare su tavoli territoriali e tematici attivati nell’autunno 2019. Percorso basato sulla convinzione che il confronto costante tra amministrazione statale e territori sia condizione e strumento necessario per affrontare la maggiore sfida del presente, in tutti i campi: governare la complessità nel rispetto delle diversità. Il processo di autonomia ‘differenziata’ avviato dall’Emilia –Romagna, sulla base dell’art .116 della Costituzione, si propone così di tenere conto proprio delle diversità territoriali. Ma – in modo profondamente diverso da quanto proposto da altre Regioni – evitando semplificazioni o avventurismi, spesso complici inconsapevoli del conservatorismo che possono preludere alla riduzione degli spazi di democrazia.
Questa diversità emerge con particolare evidenza nell’ambito dei beni culturali: l’Emilia –Romagna non punta a un nuovo centralismo che da Roma porti tutte le competenze (tutela, valorizzazione, promozione) e le strutture stesse (soprintendenze) in capo alle Regioni; all’opposto, noi proponiamo una utile e feconda dialettica tra Stato e territori che – mantenendo la tutela in capo allo Stato – riconosca alla Regione, oltre a precise competenze legislative su valorizzazione e promozione del patrimonio di titolarità non statale, un ruolo di coordinamento di interessi e proposte di tutti i soggetti coinvolti, attraverso l’istituzione di una cabina di regia che nel nostro contesto esiste già grazie alla presenza, alla storia e alle competenze dell’IBC, istituto che è nato nel 1974, ben prima quindi dell’invenzione amministrativa dei poli museali regionali. Non tutte le Regioni, si obietterà, sono attrezzate in termini culturali e operativi per questa assunzione di responsabilità. In questo sta il senso della proposta di autonomie ‘differenziate’: in grado cioè di rispettare anche queste differenze, evitando falsi egualitarismi che mentre reprimono l’azione delle aree ‘virtuose’ finiscono anche per depotenziare quelle più deboli impedendone, di fatto, la crescita.
A questo ci riferiamo quando parliamo di ’autonomia differenziata’ anche nel campo della valorizzazione, promozione e, soprattutto, dell’innovazione in campo museale. Innovazione che non può tradursi in una semplice, asettica iniezione di nuove tecnologie nel sistema museale. È importante che l’introduzione della tecnologia nei luoghi della cultura sia il frutto di una visione strategica, che si proponga di avvicinare il fruitore all’oggetto: innovazione e trasformazione digitale vanno indirizzate a migliorare non solo l’attrattività del nostro patrimonio culturale, ma anche e soprattutto la sua fruizione, da parte di tutti, e il suo ruolo di ‘costruttore di identità’ delle comunità locali. Ciò che vogliamo è andare verso la realizzazione di luoghi museali che siano anche, e sempre più, veri e propri luoghi di comunità: sono tante le realtà territoriali – anche di modeste dimensioni – che in questi anni hanno investito massicciamente in risorse finanziarie e intellettuali, anche con l’aiuto della Regione, per creare luoghi multi e interdisciplinari che diventano luoghi dove la comunità può incontrare la cultura, e attraverso questo incontro definire la propria identità. Per fare questo è importante potenziare, anche con l’aiuto del digitale, l’accessibilità del patrimonio e degli istituti, non solo per le persone con disabilità, ma anche per coloro che da questi luoghi si sentono separati ed estranei: non solo la visita, ma il racconto stesso del museo va perciò reso coerente, immersivo, aumentato, sensoriale, persino personalizzabile. Innovare in ambito culturale significa quasi sempre rinnovare: rinnovare il vissuto dell’oggetto, riscrivendone in certa misura portata e significato. Il digitale che entra nei musei e nei luoghi della cultura, introducendovi la realtà aumentata, se ben utilizzato può aumentare tanto il valore concreto del patrimonio quanto il valore percepito della sua esperienza. L’innovazione nei musei deve avere al suo centro il visitatore, i suoi sensi, una realtà esperienziale molto marcata; spesso anche un livello maggiore di curiosità e comprensione.
Prospettive importanti, che richiedono l’impegno, la partecipazione, la collaborazione di tutti: l’Emilia–Romagna c’è, ed è pronta a fare la propria parte.
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