Rivista "IBC" XXVII, 2019, 3
musei e beni culturali / inchieste e interviste
L’Istituzione Bologna Musei ha di recente presentato La città e i suoi musei, nuove forme di comunicazione, progetto che si inserisce nell’ambito del Piano Museale 2018 – previsto dal Programma regionale degli interventi in materia di biblioteche, archivi storici, musei e beni culturali (Legge Regionale 24 marzo 2000, n.18) – e reso possibile grazie al contributo dell’ Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna.
Patrizia Tamassia – responsabile Programmazione e coordinamento delle attività di catalogazione dell’IBC – afferma a proposito: «
Uno dei principali obiettivi che ci poniamo in questo momento come Istituto per i Beni Culturali [in riferimento alla LR.18, ndr] è quello di creare sistemi, ovvero modalità di collaborazione e organizzazione che vadano oltre l'attività del singolo museo, in modo da valorizzare di più il patrimonio culturale e ciò che riusciamo a riversare sul territorio, dando alle istituzioni pubbliche che si impegnano in questo campo un modo per essere più incisive e arrivare in maniera più diretta al cittadino.
Negli anni precedenti l’Istituzione Bologna Musei in qualche modo non aveva svolto fino in fondo la sua funzione di aggregazione rispetto alle domande della Legge 18: l'anno scorso - parlando con Maura Grandi, referente dell’Istituzione Bologna Musei - si è pensato di trovare un modo che riuscisse a identificare quest’Istituzione come vero soggetto. Il risultato è stato un progetto di sistema museale cittadino che ha visto l’inserimento di tutta una serie di nuove modalità di comunicazione. Per noi è stato molto importante, perché il progetto è andato in una direzione che intendiamo perseguire e che, a Bologna, era soltanto potenziale».
Grazie a questo progetto
, dunque, l’Istituzione inaugura l’utilizzo di nuovi strumenti per la valorizzazione «
del racconto del patrimonio permanente e delle attività promosse» dagli enti e dalle strutture del circuito comunale, puntando sulle potenzialità dei social media e sulla narrazione per immagini, senza escludere il più tradizionale supporto cartaceo. Un piano d’azione in cui promuovere la cultura significa anche offrire agli utenti nuove risorse, rendere più accessibili quelle esistenti e incrementare gli strumenti a servizio della conoscenza e della fruizione del patrimonio, in una prospettiva in cui residenti e turisti vengono “chiamati in causa” senza alcuna distinzione.
Di questo - e di molti altri aspetti legati ai luoghi della cultura e ai suoi abitanti - abbiamo parlato con il prof. Roberto Grandi, presidente dell’Istituzione Bologna Musei.
Prof. Grandi, lei è presidente di Istituzione Bologna Musei dal 2017: quali sono le tre parole chiave che, a suo avviso, identificano le strategie messe in atto a favore della rete museale in questi ultimi anni?
Le riassumerei con tre coppie che non sempre stanno assieme: oggetti/storie, memoria/futuro, visitare/abitare. I musei, di solito, contengono oggetti che fanno parte della memoria e devono essere visitati. A mio parere gli oggetti devono essere trasformati in storie; la memoria non è nostalgia, ma è qualcosa che ci serve per programmare il futuro. I musei devono essere abitati, e non semplicemente visitati, quindi mi sembra che queste tre coppie illustrino bene il senso del da fare.
In che modo queste strategie hanno influito sul turismo e sulla frequentazione dei musei da parte della cittadinanza?
Una prima risposta fa riferimento ai numeri, anche se questi non sono tutto. Diciamo che un primo confronto è da fare su quelle che sono le collezioni permanenti: i visitatori erano 232.000 nel 2016 e sono diventati 350.000 nel 2018. Poi, se mettiamo anche le mostre e inseriamo anche le presenze alle attività – che nel 2018 erano 122.000 – diciamo che i visitatori totali dei nostri musei sono 611.000: un numero ragguardevole.
Quanti sono i residenti dell'area metropolitana e quanti sono i turisti?
Dal punto di vista generale – a seconda dei periodi – un 35-40% proviene dall’area metropolitana e il restante è costituito dai turisti, italiani e stranieri. L'analisi che abbiamo fatto per due anni di seguito fa riferimento, per esempio, ai mesi estivi, in cui l’area metropolitana si rinchiude al 25%, un altro 25% sono turisti italiani e il 50% sono turisti stranieri. Quello che vediamo è un fenomeno assolutamente diverso rispetto agli altri anni, cioè il fatto che ci sia un incremento dei visitatori e che più della metà siano turisti stranieri. Il che significa che noi siamo, da un punto di vista generale, l’Istituzione più visitata in maniera accreditata dai turisti stranieri e dai turisti italiani, e questo è qualcosa di assolutamente rilevante. Crediamo, da questo punto di vista, che la tassa di soggiorno pagata dai viaggiatori dovrebbe in qualche maniera rafforzare chi, come noi, dà un servizio. Soprattutto per quanto riguarda le collezioni permanenti, che sono quelle che influiscono sul senso di identità dei cittadini e sul conoscere il luogo che, da turista, decidi di visitare.
Una collezione permanente, se promossa e organizzata bene, è la prima cosa che uno straniero va a vedere, perché è l’
hic et nunc: la vedi lì, in quel luogo. Le mostre temporanee le puoi vedere in tante altre parti del mondo. Questo è esattamente ciò che noi abbiamo di specifico rispetto agli spazi museali privati. Non siamo sale espositive, siamo un'istituzione culturale che, avendo musei dall’archeologico al contemporaneo, fa riferimento a quella che è la storia della civiltà.
La sua idea di museo è quella di uno spazio aperto, in cui il cittadino possa entrare anche solo per dieci minuti sentendosi a proprio agio e riconoscendosi in un luogo fortemente identitario. In che modo l’Istituzione Bologna Musei favorisce l’inclusione delle diverse fasce di popolazione?
Il cittadino residente non può vivere il museo della propria città, del proprio territorio, così come vive il museo delle città che va a visitare. Durante un viaggio stai un tempo infinito dentro i musei, perché non sai se avrai la possibilità di tornare. Nella tua città le collezioni permanenti sono sempre lì: per questo quello che diciamo è “prendetevi un quarto d'ora. Con la stessa leggerezza con cui quando è caldo andate al freddo da Zara, recatevi in un museo quando è freddo, anche solo per vedere una cosa”. A chi possiede la Card Musei Metropolitani facciamo delle visite di questa durata: i nostri curatori raccontano un oggetto, e poi a casa.
Il dato fondamentale è assolutamente questo: da visitatore a chi ci abita. L’esempio di cosa significhi abitare i musei ce lo danno le attività didattiche: vai nel museo, ti siedi per terra, lo abiti. In molte mostre anche qui al MAMbo mettiamo meno posti di quelli possibili in cui uno si possa sedere a vedere i video, perché così la gente si siede per terra, compiendo un atto di grande libertà. Credo che i musei debbano essere presi come un guanto e stravolti, se no non vengono vissuti come dovrebbero.
L’obiettivo dell’Istituzione Bologna Musei è quello di coinvolgere il visitatore in un percorso diffuso sul territorio, in cui i 14 musei della rete siano percepiti come un’unica realtà suddivisa per aree tematiche. È in quest’ottica che si inseriscono gli interventi e le iniziative del progetto
La città e i suoi musei, nuove forme di comunicazione?
È un punto nodale. Il passaggio all’Istituzione Bologna Musei non è stato vissuto e percepito da tutti i musei nella stessa maniera. Stiamo lavorando ad un processo che ha come primi destinatari coloro che lavorano all’interno dei nostri musei, affinché si sentano parte dell’Istituzione.
Per la prima volta, insieme all’IBC, abbiamo realizzato una pubblicazione molto bella – in italiano e in inglese, di più di 100 pagine – dedicata ai nostri musei. Oltre a questo volume è stata inaugurata la newsletter dell’Istituzione Bologna Musei: non è stato semplice, perché molte persone pensano che se uno è iscritto alla newsletter dell’Archeologico non è interessato a ciò che avviene nel Medievale o a ciò che avviene al Museo della Musica e viceversa. Mi sono impegnato dicendo che credo che non sia vero: io per primo, e tante altre persone che conosco, mi dicono “ma è possibile che per sapere cosa c'è nei musei dell’Istituzione io debba essere iscritto a sei newsletter”? Per questo, finalmente, c’è una newsletter che riassume sinteticamente cosa avviene all’interno della rete museale e ti consente di rimanere informato su tutte le realtà. Ovviamente, se ami l’archeologia, puoi tenere anche la newsletter specifica, e se non ti interessano le altre cose puoi dare uno sguardo velocemente. Però la curiosità c'è, perché non sono compartimenti stagni verticali.
Tra gli interventi c’è quello di aver aperto un profilo social che rappresenti l’intera Istituzione: perché si è pensato di scegliere Instagram come piattaforma preferita? Quali sono le sue potenzialità?
La risposta nobile è: perché è uno strumento adesso importante per fare comunicazione.
La risposta non nobile è: perché nella pubblicità dinamica trovate le mostre di tutti ma non trovate quelle dell'Istituzione Bologna Musei? Perché non abbiamo un budget per fare quel tipo di comunicazione. Per questo motivo abbiamo scelto uno strumento con cui si può fare comunicazione, avendo dei contenuti e delle idee, senza disporre di grandi budget. Grazie ai finanziamenti dell’IBC abbiamo organizzato un piccolo corso di formazione su Instagram e ogni museo, ora, ha un responsabile comunicazione che è anche responsabile di questa piattaforma. Instagram significa, di fatto, pensare a un piano editoriale. Significa dire: nel prossimo mese che cosa raccontiamo?
Stiamo facendo quest’attività di carattere editoriale da circa tre mesi, raccontando che cosa avviene e cosa c’è all’interno dei musei. In qualche maniera le fotografie di Instagram sono diverse dalle altre, perché devono attirare l'attenzione immediatamente. Sotto le foto realizzate durante la campagna fotografica ci sono dei testi molto belli, perché così chi ha voglia può anche leggere gli approfondimenti. È una campagna in cui un giorno viene condivisa l'arte contemporanea, un giorno Morandi, l'altro il medievale. La cosa importante è che esiste la redazione dell’Istituzione Bologna Musei e che quindi si parli e si racconti quello che facciamo.
Sempre con la partnership dell’IBC, abbiamo realizzato due nuovi video promozionali. Ne avevamo già fatto un altro insieme a Bologna Welcome sulle Collezioni Comunali d’Arte e questi sono firmati dagli stessi autori,
WildLab. Si tratta di video personalizzati, della durata di due minuti circa ciascuno, in cui i luoghi si scoprono accompagnati da attori: abbiamo fatto quello della Certosa, presentato quest'estate in piazza Maggiore, e adesso stiamo finendo quello sul Museo del Patrimonio Industriale. Anche nel libro ci sono alcune immagini iconiche, forti, ed è la stessa cosa che abbiamo fatto con le spille dei nostri musei: ogni museo ha una spilla che viene data a chi fa un’offerta libera e c’è un’immagine iconica di ciascuno dei nostri musei. Abbiamo la possibilità e la capacità di farlo e stiamo tentando di mettere insieme l’online e l’offline.
Quali altre novità sono previste per l’Istituzione Bologna Musei (siano esse parte de
La città e i suoi musei o inerenti ad altri progetti)?
Un nuovo progetto è quello che realizzeremo grazie ai finanziamenti del PON. Saranno istituite circa 700 ore di formazione con l’obiettivo di preparare una ventina di mediatori culturali e di sperimentare modalità diverse di fare vivere i musei, rivolgendoci a pubblici assolutamente diversi tra loro (un esempio sono i giovani di aree disagiate, gli anziani soli e i malati di Alzheimer). Chi verrà formato avrà l’opportunità, grazie a questi finanziamenti europei, di lavorare all’interno della rete museale per almeno due anni e mezzo. Lo faremo perché crediamo sia necessario dimostrare anche agli altri musei che questa è una cosa fondamentale sulla quale investire.
Tra le altre cose interessanti c'è l'apertura della Torre dell'Orologio, l’organizzazione di quella che sarà la più grande mostra di Giorgio Morandi all’estero, la grande mostra
Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna al Museo Archeologico e le proposte per il prossimo anno al MAMbo, nel quale continuiamo ad alternare italiani e stranieri.
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