Rivista "IBC" XXVII, 2019, 2

biblioteche e archivi / progetti e realizzazioni

La biblioteca civica di Rimini ha compiuto quattrocento anni. Qualche considerazione. 
Auguri, papà Gambalunga!

Oriana Maroni
[Direttrice Biblioteca Gambalunga, Rimini]

Una Biblioteca per la città, una città per la biblioteca.

Questo il senso della festa di compleanno organizzata lo scorso 23 aprile, giornata mondiale del libro, per inaugurare le celebrazioni dei 400 anni della Biblioteca Gambalunga di Rimini. Rivolgersi all’intera comunità ci è sembrato il modo più significativo per omaggiare il suo fondatore, Alessandro Gambalunga, la cui donazione è stata l’espressione di un’attenzione per il bene pubblico e la manifestazione di una fiducia nella forza della cultura per il riscatto dell’uomo.

Nel suo testamento, redatto nel 1617, il giureconsulto riminese destinò infatti il suo splendido palazzo a uso perpetuo della biblioteca, per i suoi eredi e per tutti i cittadini che vi andassero a studiare, affidando al Magistrato di Rimino “la gestione della biblioteca”.

Il coinvolgimento della città è nato dalla volontà di sottolineare che la biblioteca è un bene comune fondamentale, di cui condividere la responsabilità e l’eredità culturale, poiché non esiste discendenza che sia soltanto naturale. Una eredità e una responsabilità che ci consentono di essere non solo “gli uomini del momento”, ma anche di “distendere l’arco del tempo” e saper guardare contemporaneamente nel futuro e nel passato.

La Biblioteca è un “infinito” tempio d’amore per il sapere, i cui libri, le cui carte, testimoniano i dialoghi e le parole del mondo, il trapasso delle civiltà e la loro reinterpretazione e trasferimento su nuovi supporti.

Questi, i temi ispiratori della festa suggeriti dal comitato scientifico delle celebrazioni, formato da Alice Bigli, Marcello Di Bella, Paolo Fabbri, Piero Meldini, Oriana Maroni, Marco Missiroli, Alfredo Serrai. I protagonisti della festa: il grande filologo classico e storico Luciano Canfora, che ha parlato del potere del libro e dei rapporti fra potere e libri; l’attore e sperimentatore linguistico Alessandro Bergonzoni in dialogo con Marino Sinibaldi, direttore di Radio3 Rai, due personalità che col loro lavoro rappresentano in maniera originale un tentativo di preservazione di valori culturali attraverso i libri e la cura della parola. Vinicio Capossela, che ha letto la biblioteca come un archivio dell’immaginario, e in dialogo con Piero Meldini e Paolo Fabbri ha condotto il pubblico in un itinerario fuori mano tra libri dimenticati e musica moderna, tra cultura popolare e letteratura.

Una biblioteca borghese, nel solco della tradizione umanistica, ereditata dalla città nel 1619.

Alessandro Gambalunga volle che la biblioteca fosse pubblica e civica, ponendosi con tale scelta nel solco della lezione umanistica, che aveva raccolto l’insegnamento di Petrarca, il primo intellettuale a individuare nelle istituzioni sostenute dalle comunità la migliore garanzia per la conservazione della tradizione scritta, la salvaguardia dell’eredità culturale del mondo civile, dopo la catastrofe della perdita della cultura classica nel V secolo, causa della dispersione di testi, biblioteche, lingue. Fu dunque il primo esempio di biblioteca pubblica e civica aperta in Italia da un borghese. Ciò la distinse dalle due biblioteche ecclesiastiche che la precedettero: l’Ambrosiana, aperta al pubblico dal cardinale Federico Borromeo nel 1609, e l’Angelica, donata nel 1604 agli agostiniani dal Cardinale agostiniano Angelo Rocca.

La biblioteca del mecenate riminese, descritto dalle testimonianze coeve come un uomo colto, “protettore delle lettere”, è il patrimonio di un intellettuale profondamente attento alle lingue classiche. Numerose le grammatiche: latine, greche ed ebraiche. Ai libri di diritto, disciplina in cui era laureato, si affiancavano i classici greci e latini, gli autori italiani: da Dante a Tasso, gli storici antichi e moderni, i libri di viaggiatori, i trattati di grammatica, poetica, retorica, i manuali di teologia e devozione, testi scientifici, soprattutto di medicina e astronomia. Alessandro non era un bibliofilo, nella sua libreria si è trovato un solo codice membranaceo della fine del Quattrocento: Le metamorfosi di Ovidio (SC.MS. 108), ricevuto in dono.

Mise insieme una raccolta di duemila libri, che per quel tempo era un numero imponente. Basti pensare che la biblioteca di don Ferrante, che comprendeva poco meno di trecento libri, è definita da Manzoni “considerabile”.

I libri giunsero prevalentemente dalla prestigiosa Fiera di Francoforte, dalla Francia, da Venezia, e come era allora consuetudine presso i nobili, vennero fatti rilegare “alle armi”, cioè con materiali di pregio (pelle o pergamena) su cui venivano impressi gli stemmi di famiglia sui piatti.

Una storia plurisecolare e multiculturale.

La Gambalunghiana vanta un patrimonio di grande ricchezza, per varietà e valore culturale, formatosi per successive stratificazioni. Le sue ricche collezioni di libri a stampa, manoscritti e codici miniati, periodici letterari e scientifici, stampe, provenienti da ogni parte di Europa, sono giunti grazie a generose donazioni, scambi e acquisti di bibliotecari, che “la onorarono con il loro valore”.

I suoi codici, un corpus di 1350 esemplari, sono redatti sia in tutte le scritture “latine”, sia negli alfabeti greco, ebraico, arabo, armeno, etiopico e tamil. Comprende esemplari cartacei e membranacei, ma anche materiali scrittori meno comuni, quali il papiro, la carta di riso e le foglie di palma. Vi sono rappresentate tutte le principali “scuole" di miniatura: la cassinate e la bolognese, la fiorentina e la ferrarese, la veneta e la lombarda, la franco-fiamminga e l'austro-tedesca.

Per limitarsi ai codici di maggior interesse storico e artistico, si segnalano i due manoscritti appartenuti ai Malatesti, che serbano i temi araldici: la Regalis historia scritta da frate Leonardo e impreziosita da una miniatura a piena pagina arabescata e squillante di colore di un artista bolognese della fine del Trecento, e il De civitate Dei, scritto per Pandolfo Malatesta, splendidamente miniato da un pittore emiliano del principio del secolo XV. Entrambi sono giunti per dono o intercessione del cardinale Giuseppe Garampi, Prefetto degli Archivi vaticani e Nunzio Pontificio, a cui si deve anche la donazione della Divina Commedia, trascritta tra il 1392 e il 1394 dal gentiluomo e magistrato veneziano Giacomo Gradenigo. Garampi, oltre alle donazioni fatte in vita, alla sua morte, nel 1792, la arricchì con un lascito che comprende fra l’altro 86 codici raccolti in trent'anni di viaggi, ricerche, scambi in Italia e in vari Paesi d'Europa. Incunaboli, fra cui le tre stampe veronesi del De rerum militari di Roberto Valturio, consigliere militare di Sigismondo Malatesta, compresa la rarissima del 1472 con uno splendido corredo di silografie acquarellate.

Fra Sette e Ottocento approdarono alla Gambalunghiana le ricche librerie degli ordini religiosi soppressi e, con queste, alcuni codici di notevole pregio. Perlopiù provenienti dalle congregazioni religiose sono i 382 incunaboli.Al suo interno, è da menzionare almeno uno dei più bei libri illustrati del Quattrocento: il De claris mulieribus di G. F. Foresti (Ferrara, Lorenzo de’ Rossi, 1497), e uno dei più antichi prodotti dell’arte tipografica italiana: lo Speculum vitae humanae di Rodericus Sanchez de Arèvalo del 1468 (Subiaco, Conrad Sweynheym e Arnold Pannartz).

Una storia pluricentenaria è scritta nelle sue collezioni antiche, a cui appartengono circa sessantamila volumi a stampa e cinquemila cinquecentine, documentata dalle importanti fonti di storia locale, dalle raccolte di periodici letterari e scientifici nazionali e internazionali, in cui si trovano gli “Acta Eruditorum” di Lipsia, i “Journal des Sçavans” e “Journal littéraire” di Berlino, la raccolta quasi completa del “Rimino”, il cui primo numero uscì il 10 agosto 1660, fino ai fogli balneari, parte integrante del genius loci riminese. Nei suoi magazzini secolari si trovanobiblioteche e archiviprivati otto-novecenteschi, che documentano la storia cittadina, le discipline di cui i loro possessori erano studiosi, fra cui sono almeno da citare la Biblioteca e l’archivio del grande filologo Augusto Campana e l’archivio del Centro educativo italo-svizzero, fondato a Rimini da Margherita Zoebeli nel 1946. Un vivace laboratorio di idee ed esperienze educative, in contatto con gli ambienti pedagogici europei d’avanguardia. Imponente è la banca di immagini raccolta nell’Archivio fotografico: un corpus di oltre un milione e mezzo di fotografie su Rimini e il suo territorio, stratificatosi in oltre un secolo. L’archivio totale del vissuto collettivo di una città, per usare l’espressione di Andrea Emiliani, pioniere del riconoscimento della fotografia come bene culturale nella nostra Regione.

Un patrimonio bibliografico e iconografico ricchissimo, che grazie alle campagne di catalogazione e digitalizzazione, realizzate con il contributo dell’Istituto Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna, è oggi in misura rilevante consultabile nei cataloghi online: Scoprirete Romagna, Imago, Biblioteca digitale italiana.

Un centro di cultura nel cuore della città

Questo prezioso scrigno di saperi antichi e moderni è oggi parte di una rete di biblioteche interconnesse, una “casa dei libri” per il tempo libero, che si frequenta per partecipare a conversazioni, presentazioni di libri, gruppi di lettura, laboratori… Lo scorso anno sono stati 6.000 gli adulti che hanno partecipato alle attività promosse, e 3.000 i ragazzi. Dati dunque positivi e incoraggianti, che si vanno ad aggiungere alle 500 persone che in media giornalmente la frequentano. Dati importanti, ma non sufficienti. Rimane purtroppo ancora veritiera l’amara constatazione di Umberto Eco, che ben quarant’anni fa osservava che lo strumento biblioteca sia una cosa ignota ai più.

Le biblioteche storiche e di ricerca come la Gambalunga producono e gestiscono un valore multidimensionale. Sono palazzi della memoria, creatori di conoscenza e immaginazione, archivi culturali che hanno spesso caratteristiche di unicità. La funzione di custodia deve essere dunque in sinergia con quelle di luogo pubblico della città, spazio integrato nelle abitudini dei cittadini.

Celebrare i 400 anni della Biblioteca Gambalunga deve significare anche investire per rendere la biblioteca più funzionale, piacevole e tecnologicamente avanzata. Una “biblioteca a misura d’uomo”, per citare nuovamente Umberto Eco, che “faccia venire voglia di andarci”, in cui trovare occasioni di produzione e scambio di idee e creatività. Con il contributo dell’Istituto Beni Culturali (legge regionale n. 42), sono stati realizzati interventi di riqualificazione degli arredi (Sala Holden e Servizio reference), si sono introdotte norme di accesso più amichevoli. Ma questo dovrebbe essere solo l’inizio di una riprogettazione ben più ampia.

Oltre al sostegno del Comune, della Regione Emilia-Romagna, fondamentale il contributo giunto dai privati: Agora club Rimini, AMMI Rimini, Corriere Romagna, Gruppo Maggioli, Gruppo SGR per la cultura, Inner Wheel Club Rimini, AMIR, Romagna acque, Soroptimist International Club Rimini, Studio architetti Cumo Mori Roversi.

Un anno speciale, il 2019, che si chiuderà con la mostra Per documento e meraviglia. Una storia lunga 400 anni (26 ottobre- 26 gennaio 2020), un viaggio a ritroso nel tempo nelle sale antiche della Gambalunga, in cui la città verrà letta in controluce attraverso “monumenti” bibliografici, modeste carte d’archivio, curiosità e mirabilia. Dal Medioevo dei codici miniati al contemporaneo in digitale.

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