Rivista "IBC" XXVI, 2018, 1

biblioteche e archivi / storie e personaggi

Josephine Dubray fotografa a Cesena.
Da Parigi con dagherrotipo

Guia Lelli Mami
[Bibliotecaria, studiosa dʼarte e di fotografia]

Una lettera riportata nelle “Memorie risorgimentali” dalla storica cesenate Zellide Fattiboni ha destato il mio interesse sul personaggio francese Josephine Dubray che negli anni quaranta dellʼ800 ha introdotto in Italia, a Cesena e non solo, il procedimento fotografico inventato da Louis M. Daguerre: il dagherrotipo, che viene annunciato ufficialmente a Parigi dal fisico Arago qualche anno prima, nel 1839.

La scoperta del dagherrotipo esce dai confini francesi e si fa conoscere soprattutto grazie a persone come Josephine, allieva di Daguerre, che fa parte di quei fotografi, allora chiamati itineranti, che lasciano la Francia e si dirigono in Germania, Inghilterra e Italia.

Josephine Gabrielle Angelique nasce a Parigi il 31 gennaio 1818, figlia di Jean Pierre Dubray e di Marie Josephine Louise Fourcade. Appartiene a una famiglia di artisti. Il padre e il fratello Vital Gabriel (1813-1892) sono entrambi scultori. Vital diventerà negli anni famoso e sarà insignito della Legion dʼOnore.

Josephine arriva a Genova, prima tappa del suo viaggio italiano, nel 1842 e non nel 1844 come riportato dai manuali di fotografia. Il 5 luglio dello stesso anno, sempre a Genova, dà alla luce un bambino battezzato il giorno stesso nella chiesa di Nostra Signora delle Vigne con il nome di Luigi Augusto: il cognome è Dubray perché di padre ignoto. In città aveva suscitato un certo interesse il manuale di Daguerre subito stampato in francese da Antoine Beuf e nel settembre 1839 tradotto in italiano e pubblicato a Bologna.

Dalle grandi città del nord come Trieste, Milano, Genova i fotografi itineranti si dirigono e sostano nelle piccole capitali come Parma, Modena. Così anche la Dubray lascia Genova per Parma con la raccomandazione dello spedizioniere Stefano Pescio, dilettante di dagherrotipia. Nel giugno 1844 inizia, con questo viaggio, il ciclo di trasferimenti di città in città. A Parma prende alloggio in Borgo Felino, Casa Grassetti e con una lettera di presentazione di Pescio si reca dall'incisore Paolo Toschi. Oltre alle sue credenziali consegna una lastrina “dagherrotipata” creata dallo stesso Stefano Pescio.

Dell’arrivo della Dubray dà notizia il 3 luglio la “Gazzetta di Parma” su inserzione della stessa artista che vuole in questo modo reclamizzare il suo lavoro. Anche “Il Facchino”, giornale locale di scienze, lettere e arti, il 20 luglio segnala la presenza in città della signora, modificandone il cognome: 

Avviso. La signora Giuseppina De-Bruy ritrattista, col metodo Dagguerrotipo, la quale trovasi già da tre settimane circa in questa Città, e che ha dato saggio di non comune abilità, massimamente nei Ritratti delle Signore, riusciti tutti somigliantissimi, sta ora per partire, e ne dà avviso perché quelli che decidessero valersi dell’opera sua, lo facciano senza indugio. Essa dimora in casa Grassetti, borgo Felino, al piano terreno.( 1)

Lo storico della fotografia Rosati scrive: “La giovane parigina con il Dagherrotipo realizza splendidi esemplari che suggella con la scritta “J. Dubray” impressa a bulino, posta trasversalmente sul lato destro della placca”. ( 2)

Secondo gli studiosi Tromellini e Spocci:

La suddetta lavora con le ultime nuove scoperte recentemente inventate, e che accrescono la bellezza del lavoro […]. I Ritratti si fanno tutti i giorni dalle otto della mattina sino alle cinque pomeridiane per qualunque tempo, meno quello della pioggia. La Signora Dubray si offre a dare lezioni ai dilettanti, ed ha anche una macchina completa da vendere. ( 3)

Dopo Parma Josephine Dubray

si reca a Bologna, una prima volta nell’agosto del 1844 prendendo alloggio in Palazzo Zambeccari – al civico 1245 di Piazza deʼ Celestini – ed una seconda nel 1846 quando per due settimane opererà in via Santo Stefano 75, Palazzo Colla. Le soste nelle città sono generalmente in relazione proporzionale all’accoglienza commerciale che i dagherrotipisti itineranti incontrano».( 4)

Da una statistica del 1844 in città risultavano presenti in una popolazione di 71547 persone, 121 professori di scienze, lettere e belle arti; 92 chimici e farmacisti; ben 554 pittori, scultori, incisori, ecc. e tra gli eccetera si intendono anche i fotografi che venivano spesso elencati tra gli incisori, oltre che tra i cartolai o i venditori di stampe. ( 5)

La Dubray, nel suo primo soggiorno a Bologna nel 1844, oltre a fotografare, si impegna anche ad insegnare teoria e pratica del procedimento fotografico.( 6) Applica anche il colore ai ritratti dagherrotipi, “novità che a Parigi molti avevano accolto assai favorevolmente, mentre altri – fra cui il fisico Arago – consideravano un cedimento riprovevole ai gusti del pubblico”. ( 7)

Nel mese di settembre dello stesso anno la giovane si trasferisce a Firenze; la segnalazione è riportata dalla “Gazzetta di Firenze” che informa i fiorentini sulla competenza e precisione nella realizzazione dei ritratti col dagherrotipo da parte dell’artista, allieva di Daguerre.

Fra il 1845 e il ’46 Josephine lavora in Romagna; nel dicembre del ʼ45 è a Forlì dove ottiene una lettera di presentazione da Luigi Pio per Vincenzo Fattiboni di Cesena, padre di Zellide, lettera che la storica riporta interamente nelle famose Memorie ( 8):

Preg.mo Sig. Vincenzo,      

La presente le verrà recata da madamigella Giuseppina Dubray parigina colla quale Ella ha dei vincoli sociali che forse non conosce, avendo questa egregia signora seco lei cooperato alla riuscita di una medesima operazione. L’oggetto, per cui Ella si è trovata, senza saperlo, associata a madamigella, è stato il perfezionamento del nostro Achille Manuzzi nella dagherrotipia. Ella, se ben si ricorda, gli ha provveduto da Parigi alcuni trattati di quell’arte, e questa signora gli ha insegnato a meglio trarne profitto e metterli in pratica. In una parola, madamigella Giuseppina Dubray è un’egregia dagherrotipista la quale occupa un posto distinto tra i cultori più perfetti di quest’arte tutta giovane e leggiadra. Essa ha incontrato il più alto favore nelle altre città della Romagna e, conscia dell’animo colto e gentile dei nostri concittadini, confida di trovare tra essi eguale amore delle arti e favore ai proprii esercizi. So quanto Ella, carissimo sig. Vincenzo, predilige e favorisce tutto ciò che è industrioso, colto e gentile, e quindi non Le increscerà ch’io Le raccomandi questa distinta artista, che si reca costì, onde, per qualche giorno darvi saggio dell’arte sua; confido anzi che con le sue aderenze vorrà prestarle appoggio, e procurarle qualche lavoro. Sono certo che il nostro Oscarino gradirebbe moltissimo il di lei ritratto. Angeli potrebbe fare un analogo presente alla sua fidanzata da collocarsi nel Gabinetto nuziale, e quest’ultima, nel partire dalla casa paterna sarebbe bene vi lasciasse la propria impronta. Madama riesce assai bene nei ritratti femminili. Confidando pienamente nella di Lei gentilezza per veder favorita la mia raccomandata, le confermo la mia stima ed affezione.  

Forlì 12 dicembre 1845
Il suo aff.mo Luigi Pio                                                                                                

Il legame affettivo della ragazza francese con lʼItalia diventa ancora più stretto dopo aver conosciuto ed essersi innamorata del pittore cesenate Antonio Pio con il quale allestirà, a Cesena, uno studio e con lui concepirà un figlio.

Il pittore, nato a Cesena il 18 settembre 1809, ha una buona reputazione di artista, stima che ha raggiunto con anni di studi a Firenze e a Roma presso lʼAccademia di San Luca. È un ottimo copista e autore, nel 1844, del velario del teatro Comunale di Cesena ( 9) e, probabilmente, collabora con la fotografa nel colorare i dagherrotipi.

La coppia inaugura uno studio fotografico a Cesena in Contrada Dandini 3 dove il nuovo processo fotografico passa per tutte le fasi dello svolgimento ed infine, parole dell’avvocato Enea Silvio Loli Piccolomini, “ella lo lasciò molto evoluto nelle mani degli speculatori che ne fecero un’industria”. (10)  

La Dubray a volte si assenta da Cesena: torna a Bologna, nel 1846, per due settimane. È a Milano quando, il 15 gennaio 1847, dà alla luce un figlio, Alberto Emilio Giuseppe. L’atto di nascita e di battesimo, rinvenuto nella chiesa di San Carlo al Corso, riporta che Alberto viene battezzato il giorno dopo la nascita nella chiesa di Santa Maria dei Servi: il bimbo è considerato illegittimo perché figlio di genitori non sposati ma è registrato con il cognome Pio. I padrini sono Emilio Terzi e l’erudito parroco di Santa Maria dei Servi Giacinto Amati. La famiglia vive allora a Milano, nel territorio della parrocchia di Santa Maria dei Servi al n. 598 di corso Francesco.

A Cesena la famiglia non tornerà più. Nel 1847 Antonio è a Parigi; nel 1856 il laboratorio cesenate viene venduto a Luigi Zanoli che lo gestisce fino al 1876, quando decide di allestire un nuovo Stabilimento fotografico con Luigi Gazzoni che si chiamerà Fotografia cesenate.

Luigi, primo figlio della Dubray, nel 1860 circa, in società con Adolfo Pescio, figlio di Stefano, apre uno studio di fotografia a Genova in via Assarotti 19. Sono trascorsi circa 20 anni dalla scoperta del dagherrotipo, la fotografia ha fatto grandi progressi tecnici. La prima carta su cui viene stampata la fotografia è un foglio imbevuto di soluzione salina, detta 'carta salata'. Questa, nel 1850, viene soppiantata dalla carta all’albumina inventata da Blanquart-Evrard (1802-1872).

Finalmente Josephine all'età di 47 anni convola a nozze con Antonio Pio, a Parigi, il 23 agosto 1865: presente alla cerimonia il fratello Vital Gabriel. Nell’atto di matrimonio ( 11)si legge che Josephine è “sans profession”.

Non vi sono notizie degli anni giovanili del figlio Alberto Pio e del suo trasferimento in Francia. Nel 1868 è studente della prima classe di Architettura dellʼEcole des Beaux Arts dei maestri Alexis Paccard e Leon Vaudoyer e in quel periodo riceve diverse “menzioni” e “riconoscimenti”. ( 12)

Antonio Pio muore a Parigi il 31 dicembre 1871; dal certificato di morte risulta che Alberto è presente ed è residente nella stessa casa del genitore in Rue Rodier 30 mentre Josephine è assente. ( 13) Nel 1880 il giovane architetto si trasferisce a Vienna in Margarethenstr. 25.      

Il 27 febbraio 1886 sposa a Genova Maria Pescio, figlia di Adolfo. Sull’atto di matrimonio risulta che Josephine è viva e risiede a Vienna. Anche i due coniugi risiedono nella capitale austriaca ed abitano in Rubensgasse 9.

Nel 1906 Alberto lascia Vienna per tornare in patria. ( 14) Muore a Genova nel 1911.                  

Luigi Dubray arriva a Milano nel 1875. Si sposa con Pompea Ottino, torinese, dalla quale ha tre figli. Nel 1890 circa rileva lo studio fotografico del dottor Francesco Maderni in Corso Venezia 11. Sul verso dei cartoncini delle montature è scritto: “Successe a Maderni-Antica fotografia Spagliardi e Silo”.

Lavora con successo, riproduce opere dʼarte, fa ritratti. Diverse sue fotografie si ritrovano in archivi e biblioteche dʼItalia: a Bologna nei fondi Zeri e Cervi, a Milano nella Biblioteca Bonomi-Ceruda e al Museo Poldi Pezzoli, a Trieste nel fondo Zamboni; inoltre le sue immagini vengono stampate anche in pubblicazioni dʼarte come Emporium. ( 15) Famoso è il ritratto fotografico in tre pose del pittore Giovanni Segantini del 1895. Dal 1900 nel suo studio subentra Adolfo Ermini.

Luigi Dubray muore a Milano il 25 novembre 1900.

Maria Pescio, ultima superstite della famiglia Pescio-Pio, morirà a Genova il 19 maggio 1948.

L’unica testimonianza che ci è giunta dell’attività professionale di Josephine Dubray, fotografa, è il coperchio di una scatola, conservato alla biblioteca di Macerata, sul quale vi è applicata la seguente etichetta:                                                        

GIUSEPPINA DUBRAY
DI PARIGI
ESEGUISCE
RITRATTI AL
DAGHERROTIPO
In Contrada del Teatro n.27. 1. piano ( 16)

Contrada del Teatro potrebbe essere l’indirizzo di Milano.

Le poche notizie sugli ultimi anni di vita della Dubray sono: la sua assenza alla morte del marito avvenuta a Parigi nel 1871 e la conferma della sua residenza a Vienna nel 1886, dati che si ricavano dai certificati di morte di Antonio e di matrimonio del figlio Alberto. Non è stato possibile quindi rintracciare la data e il luogo dove è avvenuto il suo decesso, presumibilmente Vienna.

Note

1 R. Rosati, Camera oscura 1839-1920, fotografi e fotografia a Parma, Parma, Artegrafica Silva, 1990, p. 56.

2 R. Rosati, Daguerrotipia a Parma, in LʼItalia dʼargento 1839-1859, storia del dagherrotipo in Italia, a cura di M.F. Bonetti, M. Maffioli, Firenze, Alinari, 2003, p. 209.

3 A. Tromellini, R. Spocci, La città rappresentata: note di storia della fotografia a Bologna nellʼOttocento, in Fotografia e Fotografi a Bologna 1839-1900, a cura di G. Benassati, A. Tromellini, Casalecchio di Reno, Grafis, 1992, p. 40.    

4 Ivi, p. 40.      

5 I. Zannier, Storia della fotografia italiana, Roma–Bari, Laterza, 1986.

6 C. Bassi Angelini, Donne nella storia: nel territorio di Ravenna, Faenza e Lugo dal Medioevo al XX secolo, Ravenna, Longo, 2000.                                  

7 A. Tromellini, R. Spocci, La città rappresentata, cit., p. 41.

8 Z. Fattiboni, Memorie storico-biografiche al padre suo dedicate da Zellide Fattiboni, parte seconda, Cesena, Tipografia Nazionale di G.Vignuzzi, 1887, pp. 61-62.

9 A. Ciavarella, Sulle tracce di Antonio Pio, pittore cesenate. Ricerca biografica, «Studi Romagnoli», Cesena, Stilgraf, 2016.

10 E. Loli Piccolomini, Sullʼindustria del circondario di Cesena. Breve rassegna pubblicata per cura del locale Comizio Agrario, Cesena, Tipografia B. Biasini-Tonti, 1907, p. 81.

11 Archives Numérisées de Paris. Tables décennales de l'état civil.

12 http://www.architektenlexikon.at/de/466.htm

13 Archives Numérisées de Paris. Tables décennales de l'état civil.

14 http://www.architektenlexikon.at/de/466.htm

15 Emporium, vol. XII, n. 69 (1900), p. 231.

16 Fototeca della Biblioteca Comunale Mozzi Borgetti, Macerata, Fot. B20.5.  

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