Rivista "IBC" XXIV, 2016, 1
territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / pubblicazioni
Fra i vari rituali che cadenzano la cronaca delle vicende del nostro territorio, ormai da alcuni anni si sono inseriti i report di ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), con la collaborazione dell'ISTAT (Istituto nazionale di statistica), sul consumo di suolo in Italia. Cui seguono, immancabilmente, titoli a piena pagina di tutti i principali quotidiani sul disastro incombente denunciato da cifre terrificanti (8 metri quadrati del suolo patrio consumati ogni secondo), mappe da incubo e articoli allarmistici. Il rituale si svolge, quasi anastaticamente, al successivo rapporto.
Del resto, come ci aveva insegnato Cederna, anticipatore di questi temi, quarant'anni fa, ai giornali piace solo "la notizia, maledetta notizia".
E invece il fenomeno del consumo di suolo in Italia ha ormai assunto un carattere di tale ampiezza e continuità (dall'inizio degli anni ottanta abbiamo ricoperto di cemento e asfalto un quinto della superficie agricola) da essere ormai equiparabile, per pericolosità, al rischio sismico e idrogeologico, a quest'ultimo in particolare, strettamente collegato. Proprio per questo necessita di una divulgazione articolata e adeguata che superi, ad esempio, le ambiguità e i fraintendimenti presenti in una percentuale ancora troppo alta dei materiali attualmente in circolazione: si confonde ancora fra suolo agricolo e suolo non edificato e i vari monitoraggi sul consumo di suolo prodotti in questi anni sono caratterizzati da metodologie differenti che rendono acrobatici i confronti e difficilissime le sintesi.
Fra i tanti meriti del volume di Paola Bonora, Fermiamo il consumo di suolo, vi è quello di definire con chiarezza i termini della questione e le aporie che lo caratterizzano in ambito italiano (compresa l'ambiguità, non solo lessicale, che sovrappone e confonde "paesaggio", "ambiente", "natura"). Ma l'analisi dell'autrice si spinge ben oltre l'illustrazione del fenomeno e della sua gravità, peraltro inserita in un ampio quadro storico (dal secondo dopoguerra, e soprattutto dagli anni ottanta del secolo scorso ad oggi) e geografico (non solo l'Italia, ma l'Europa, contesto imprescindibile e quasi sempre impietoso rispetto al Bel Paese e l'intero globo, in quanto globalizzate sono le caratteristiche dell'urbanizzazione odierna).
Le cause del consumo di suolo sono identificate - in estrema sintesi - fin dal sottotitolo: speculazione, incuria e degrado.
È soprattutto nei capitoli I e VII che l'autrice affonda il bisturi al cuore del problema: sprawl e sperpero di suolo sono conseguenza diretta del neoliberismo immobiliare che ha caratterizzato l'ultimo trentennio di vita delle nostre città, non solo in Italia, ma nel nostro paese favorito dalla storica agevolazione della politica nei confronti della rendita fondiaria. La delegittimazione progressiva della pianificazione pubblica con l'avvento dell'"urbanistica contrattata" prima e la "finanziarizzazione" della città, poi, hanno provocato una deregolazione progressiva dell'uso del territorio: degrado del paesaggio e perdita degli spazi pubblici sono fra le conseguenze più evidenti. Come, ovviamente, il sempre più incontrollabile aumento del consumo di suolo.
Chiarissima, nell'analisi di Paola Bonora, la connessione fra l'evoluzione delle politiche economico-sociali - dal welfare state al neoliberismo - e quella del governo del territorio, ma anche fra queste e la mutazione, che verrebbe la tentazione di definire antropologica, che caratterizza in questi ultimi decenni le pratiche di vita collettiva e di uso degli spazi urbani. L'atomizzazione sociale si riverbera sul territorio e la città, dove è rappresentata dai fenomeni dello sprawl e della perdita degli spazi pubblici. La crisi economica, infine, intacca, in fasce sempre più ampie di popolazione, il diritto all'abitare.
L'autrice denuncia amaramente da un lato, il paradosso della compresenza di un'emergenza abitativa, sempre più drammatica in questi ultimi anni, e di una sovrapproduzione immobiliare (11 milioni di abitazioni vuote in Europa secondo il Guardian, p. 102) e dall'altro la mancanza di una coerente proposta politica a livello di governo del territorio. In questa latitanza non solo politica, ma anche culturale, appare ormai inattingibile l'obiettivo del consumo di suolo zero nell'anno 2050, fissato a livello europeo nella tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse (COM (2011) 571).
Pubblicato nel 2015, il volume di Paola Bonora rappresenta uno strumento di conoscenza ancor più importante e attuale oggi. Da un paio di mesi la Camera ha approvato in prima lettura il disegno di legge sul consumo di suolo: si tratta dell'esito a dir poco deludente del testo di legge presentato dal ministro Catania dell'allora governo Monti, salutato all'epoca, con molte aspettative, come il tentativo di riallineare il nostro paese alle più aggiornate legislazioni europee in tema di controllo del consumo di suolo.
Dopo alcuni anni e molte modifiche, il testo evaso dalla Camera appare del tutto insufficiente per tale obiettivo: privo di chiari meccanismi regolatori, quasi mai prescrittivi, contorto nella suddivisione dei compiti istituzionali, improntato a una logica derogatoria e addirittura pericoloso in taluni articoli, che potrebbero addirittura favorire il consumo di suolo agricolo e la costruzione di nuove infrastrutturazioni.
Insomma, un esempio clamoroso di quella "discrasia fra il dire e il fare" di cui si parla nel nostro testo (p. 105).
Il cammino verso un'efficace regolamentazione del consumo di suolo nel nostro paese appare ancora accidentato e addirittura contraddetto, negli obiettivi, da provvedimenti invece già operativi quali lo "SbloccaItalia" o le semplificazioni delle autorizzazioni paesaggistiche (decreto del presidente della Repubblica del 25/5/2016) o la radicale riforma della conferenza dei servizi (decreto attuativo della cosiddetta "legge Madia").
Strumenti come Fermiamo il consumo di suolo diventano pertanto preziosi per illustrare, con chiarezza e finezza di analisi, a una platea ancora troppo poco consapevole dell'importanza della posta in gioco, temi cruciali: come ci ricordava Lucio Gambi, occorre "conoscere per agire politicamente".
Azioni sul documento