Rivista "IBC" XXIV, 2016, 1
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Il libro Requiem di Giuseppe Bellosi raccoglie tre poemetti lirici appartenenti a stagioni diverse della carriera dell'autore: Il paradiso del 1992, Buiodel 2000 e Requiemdel 2013. Ciononostante, non possiamo parlare di cesure o della giustapposizione di opere nettamente distinte. Niente di tutto questo. Il poeta ha sviluppato, lungo una parabola più che ventennale, una meditazione profonda sul proprio paese d'origine, Maiano − frazione del comune ravennate di Fusignano −, su di sé, anche in rapporto con la comunità del borgo.
Ne Il paradiso la voce poetante può essere quella dello stesso Bellosi, ma può essere anche quella di un qualsiasi membro di tale comunità, agricola e all'apparenza preindustriale. Chi recita in dialetto maianese i versi è o, almeno, è stato in passato, da fanciullo, inserito in questa comunità raccolta, apparentemente chiusa in se stessa, alla quale gli echi e le suggestioni del mondo esterno non sembrano giungere. Anzi, il mondo pare coincidere con Maiano Nuovo, è Maiano Nuovo.
I volti di questa società contadina affiorano di tanto in tanto dinanzi agli occhi della voce poetante; le capita di ricordare nomi ma senza riuscire ad associarvi le voci; tuttavia, questa constatazione non reca mestizia, rimane sospesa. Le persone del passato che tornano alla mente quasi fossero fantasmi sono ormai ombre sbiadite di un tempo tramontato per sempre, chiuso nella sua dimensione temporale e dai contorni sfumati. Il presente, cieco di fronte agli orizzonti di un ipotetico futuro, intreccia piuttosto un costante dialogo con il passato, ma non percepiamo un sentimento di nostalgie per quanto è stato e adesso non è più. Semmai ciò che interessa maggiormente è l'inesausto e inesauribile flusso di cambiamenti che così determinano le categorie di un prima e di un dopo temporali cui siamo naturalmente abituati.
La comunità rurale di tanti anni fa non esiste più, ce ne si fa una ragione, e non diviene oggetto di alcuna mitizzazione se pensiamo all'assenza di rapporti interpersonali profondi tra i suoi componenti (cfr. testo III). Certo è che, comunque, più di un ricordo infantile, immerso in un confronto diretto con la Natura, regala invisibili sorrisi al poeta.
Buio si apre con immagini notturne, di una notte quasi infinita, assediata dall'acqua che scende dal cielo e da quella del fiume vicino a tracimare. Fredde piogge concorrono a immalinconire la voce poetante, che vede prefigurarsi nella mente immagini di morte per affogamento, di un inesorabile declino. Il poeta si sente prigioniero dell'ambiente e oppresso dalla paura di morire, ma capace di intravvedere l'approdo all'altra sponda. Poi, si aprono le finestre alla primavera, al risveglio della natura, benché subito compaiano i ricordi del tempo di guerra, di quando il 10 aprile gli inglesi entrarono in paese. La Storia si affaccia, ma viene ben presto trascinata via dalle acque della microstoria, di quella storia locale i cui protagonisti sono gli abitanti del borgo; costoro costituiscono i veri e precisi punti di riferimento nella cronologia esistenziale del poeta. Il Tempo che affiora da queste pagine è un tempo umano, scandito dalla presenza/assenza dei concittadini. Torna in più di un'occasione il riferimento ai fiori gialli del tarassaco, silenziosi spettatori. Discorso diverso riguarda invece i sogni, concepiti ora come fonti di inganno ora come proiezioni di noi contemporanei sul passato ameno e idealizzato. La voce poetante, inoltre, spesso e volentieri mostra di inseguire delle assenze, di affacciarsi, perplessa, sulle ombre e i misteri della quotidianità, soprattutto quando una cosa, un pensiero o un fenomeno naturale costringono immediatamente la voce a riandare ad anni lontani.
Requiem ci porta in un limbo, in bilico tra il ricordo del passato perduto per sempre e un presente, forse oltremondano. Il testo VIII, in particolare, riflette sul senso della vita: la direzione in cui andiamo talora è chiara e ci sembra di avere raggiunto un proprio equilibrio e benessere, ma è una sensazione che, appena percepita, immediatamente ci sfugge dalle mani.
In conclusione, questa raccolta mostra i segni di un cammino poetico univoco, ricchissimo di risonanze scandite dai mutamenti e di emozioni prodotte da questi.
Giuseppe Bellosi, Requiem, traduzione e note di Loris Rambelli, Editrice La Mandragora, Imola 2014.
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