Rivista "IBC" XXIII, 2015, 1
Dossier: Veli di seta, venti di guerra - Il restauro dello stendardo della Beata Vergine di Fontanellato
musei e beni culturali, dossier / restauri
Il restauro non è solo uno strumento per prolungare la conservazione nel tempo di un'opera d'arte o d'artigianato artistico ma rappresenta anche una formidabile occasione per approfondirne lo studio e la conoscenza. È nel corso dei lavori di restauro, infatti, che si creano le occasioni più propizie per esaminare con attenzione tutti gli elementi, eseguire analisi di laboratorio e intraprendere ricerche storiche e documentarie approfondite.
Ogni restauro implica dunque necessariamente un percorso lungo e complesso, che coinvolge diverse figure e rappresenta un vero e proprio banco di prova per le maestranze che lo realizzano e gli esperti che ne indirizzano le scelte metodologiche, tenuti a trovare, insieme, specifiche soluzioni, anche di là dalle prassi consuete e collaudate. Questo percorso rappresenta anche un'occasione unica per gli studiosi, ai quali è consentita un'osservazione diretta e ravvicinata dell'opera, osservazione da cui si possono dedurre informazioni preziose.
Tutte queste competenze sono rappresentate nel gruppo di esperti che ha promosso e seguito il complesso intervento conservativo realizzato sul grande stendardo da nave del Museo della Rocca di Fontanellato. Restauratori del tessile e delle superfici dipinte, storici, storici dell'arte e rappresentanti di tutte le istituzioni coinvolte hanno collaborato per diversi mesi, animati dallo stesso identico scopo: salvare un manufatto davvero raro ed eccezionale, assicurarne il godimento pubblico e promuoverne la conoscenza.
Realizzata con ogni probabilità per la galera di Stefano Sanvitale a metà degli anni Cinquanta del Seicento, la grande bandiera di Fontanellato rappresenta, infatti, una testimonianza storica importante, raffrontabile con i rari esemplari antichi conservati in Italia, come per esempio lo stendardo della Lega Santa sopravvissuto alla battaglia di Lepanto, oggi a Gaeta, e in ambito locale i grandi vessilli del Castello dei conti Zanardi Landi di Rivalta, anch'essi contrassegnati dalla presenza di immagini religiose e simboli araldici eseguiti con tecniche pittoriche.
Quando nel 2013 ebbero inizio le prime verifiche preliminari per accertare le reali condizioni di salute della grande bandiera, essa giaceva da anni in un ambiente non idoneo, in una soluzione espositiva che ne metteva a rischio la sicurezza. L'avvio tempestivo di un intervento conservativo, giudicato urgente e improrogabile, fu possibile grazie a un finanziamento dell'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna (IBC), che ne ha anche coordinato i lavori in stretta collaborazione con l'amministrazione comunale di Fontanellato e la Soprintendenza per i beni storici artistici ed etnoantropologici di Parma e Piacenza, avvalendosi della partecipazione dell'Associazione culturale "Jacopo Sanvitale".
I brevi saggi ospitati in questo dossier illustrano in modo sintetico ma efficace i momenti salienti del lavoro che si è protratto per diversi mesi ed è stato presentato pubblicamente il 7 marzo 2015 a Fontanellato, nell'ambito di "Prima del museo", un'iniziativa di sviluppo della rete regionale dei musei a cura dell'IBC.
Il contributo di Davide Gnola contestualizza l'eccezionale manufatto nel complesso panorama storico del Mediterraneo della prima metà del XVII secolo, quelli di Mario Calidoni e Mariangela Giusto, a loro volta, ne evidenziano i legami con il territorio parmense e in particolare con la figura di Stefano Sanvitale, formulando inoltre interessanti ipotesi sui modelli iconografici che hanno ispirato l'ignoto autore delle immagini pittoriche presenti su entrambi i lati del vessillo.
Infine l'accurata relazione di "RT Restauro Tessile" di Albinea e "B Restauro Dorature" di Reggio Emilia ripercorre passo dopo passo le fasi più importanti del restauro: dalla rimozione dell'incongrua cornice lignea che bloccava i bordi della bandiera, sottoponendola a dannosissime tensioni al successivo trasporto in laboratorio, al consolidamento del prezioso damasco di seta cremisi utilizzato come sfondo, al ripristino, là dove necessario, della superficie pittorica nel rispetto delle tecniche originali, sino alla restituzione del manufatto restaurato e al suo ritorno in Rocca.
È stata senz'altro questa la fase più delicata e impegnativa di tutto l'intervento, poiché l'intrinseca fragilità dell'oggetto, acuita dalle sue dimensioni eccezionali, ha reso indispensabile la progettazione di una grande teca dotata di un piano inclinato e l'individuazione di un nuovo spazio espositivo dedicato, che coniugasse il rispetto degli standard conservativi a un'esposizione ottimale dell'opera. Il recupero della bandiera si è rivelato dunque un'impresa articolata, che ha implicato scelte impegnative non solo in tema di conservazione e restauro, ma anche in campo museografico.
Con l'inserimento di questo manufatto davvero straordinario nel percorso di visita della Rocca, la realtà di Fontanellato, pur così ricca di arte e di storia, si accresce di ulteriore attrattiva per le numerose e interessanti relazioni che la bandiera evoca e che certamente vanno oltre l'ambito del territorio parmense e dell'interesse locale.
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