Rivista "IBC" XX, 2012, 1
musei e beni culturali / editoriali
Con il marzo 2012 si è chiuso l'anno celebrativo del centocinquantesimo anniversario dell'Unità nazionale. L'occasione che, come si è sperimentato, ha dato luogo a un nuovo interesse per la storia, tutt'altro che ovvia, della nostra Unità e ha suscitato in particolare un'attenzione che pareva scomparsa per i musei del Risorgimento, che più direttamente, con motivazioni e ipotesi diverse, raffigurano per oggetti un processo unitario che forse non si è ancora concluso.
È da sperare, a questo punto, che la storia del nostro passato divenga di nuovo una parte viva della nostra cultura e della nostra memoria collettiva, come segno di una identità profonda, quella che il nostro Calvino chiamava una vocazione che dura e si sviluppa nel tempo. Non, dunque, una celebrazione, anche se essa fa parte di una cultura come spettacolo che esisteva già prima dei mass media, ma la consapevolezza di un processo inverato nelle varie vicende, nella vita civile e politica.
Tuttavia il dialogo con il passato e le forze operanti in quello che volle essere un Risorgimento, o un Rinascimento, può avere un effetto anche nel nostro interpretare la funzione non meramente conservativa dei musei, con una percezione nuova di ciò di cui il patrimonio conservato è la testimonianza oggettiva tradotta in discorso storico; un racconto che fa parte della nostra vita individuale e del nostro sentirci finalmente una comunità.
L'esperienza del museo è un esercizio di conoscenza diviso tra verità e immaginazione, non uno specchio statico e conclusivo. È una sorta di proiettore, di rappresentazione dinamica di un visitatore attivo che interroga criticamente il passato per ricavarne un coerente futuro. Un "nuovo", garantito e, per così dire, inaugurato, da una serie di eventi, di personaggi, di avventure che non vogliamo si esauriscano in un repertorio più o meno brillante di testimonianze.
Il museo deve essere una scuola che si aggiunge alla scuola, che si nutre di immagini per ritrarne dei concetti. Si tratta, dunque, di fare tesoro di ciò che abbiamo sperimentato in questo anno di speranze e mortificazioni affinché alla memoria sia restituito il suo valore di creazione, di consenso e di sfida.
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