Rivista "IBC" XVII, 2009, 1

musei e beni culturali / mostre e rassegne, progetti e realizzazioni

La restituzione di una preziosa vera da pozzo sancisce la collaborazione tra il Comune e i Padri domenicani di Bologna.
Il pozzo di San Domenico

Melissa La Maida
[Settore Cultura e rapporti con l'Università del Comune di Bologna]

Si è concluso il ciclo di visite guidate al Museo e alla Basilica di San Domenico, promosso dal Settore cultura e rapporti con l'Università del Comune di Bologna in collaborazione con i Musei civici d'arte antica e i Padri domenicani: un ciclo che, dal marzo 2008, in dodici appuntamenti, ha permesso a più di ottocento visitatori di conoscere, in compagnia di guide prestigiose, la storia, l'arte e le vicende architettoniche della Basilica e di scoprire i tesori custoditi nel suo museo. Il programma di visite guidate ha rappresentato soltanto il primo passo della collaborazione tra Settore cultura e Padri domenicani, che sarà a breve ulteriormente consolidata da una storica restituzione: verrà presto ricollocata nel suo luogo di origine, il chiostro piccolo della chiesa di San Domenico, e così restituita all'ammirazione dei fedeli, una preziosa vera da pozzo che è oggi conservata nei depositi dei Musei civici d'arte antica.

Il primo riconoscimento della vera e della sua provenienza dalla basilica domenicana sarebbe avvenuto a opera di Ferdinando Rodriquez: in un articolo comparso sull'"Avvenire" l'8 maggio 1955 si legge infatti che, "studiando i monumenti conservati nel secondo cortile del Museo civico [..., Rodriquez] ha avuto la fortuna di riconoscere, mercè la lettura di un'iscrizione che era scomparsa sotto uno spesso strato di polvere, la vera di un pozzo scavato dal Santo". La vera, in marmo di Verona, reca in effetti un'iscrizione, datata 1737 (di poco successiva dunque al completo rifacimento della Basilica operato da Carlo Francesco Dotti): "FOSSVS / A DIVO PATRE / DOMINICO / PUTEVS / INSTAURATVR". Fu insomma posta a ricordo di un pozzo scavato a suo tempo dal santo (l'iscrizione del 1737 riprende una precedente iscrizione del 1507, incisa in un pilastro contiguo al pozzo stesso).

Dopo la soppressione degli ordini religiosi, operata prima in età napoleonica e poi con l'approvazione della legge del 7 luglio 1866, e la conseguente confisca dei loro beni immobili, la vera subì dunque sorti analoghe a quelle di altri monumenti e preziosi oggetti originariamente appartenuti alla basilica, che dapprima confluirono nella sezione medievale e moderna del Museo civico di Palazzo Galvani, oggi Museo civico archeologico (inaugurato nel 1888), e un secolo più tardi nell'attuale Museo civico medievale di Palazzo Ghisilardi, nei cui depositi si trova attualmente. Stessa provenienza e stessa collocazione attuale hanno anche, per esempio: il famoso Piviale con fatti della vita di Cristo e della Vergine, di manifattura inglese (inizi del XIV secolo), tra i più pregevoli esempi di opus anglicanum; il San Pietro martire di Giovanni di Balduccio (documentato dal 1317 al 1349), originariamente parte del perduto altare maggiore della chiesa; l'Arca di Giovanni di Andrea, famoso canonista morto nel 1348, il cui autore sarebbe da ravvisare in Jacopo Lanfrani, al quale è riferita anche la tomba di Taddeo Pepoli, sempre in San Domenico; i frammenti dell'Arca di Giovanni da Legnano (filosofo, matematico e giurista morto nel 1383), attribuita allo scultore veneto Pier Paolo Dalle Masegne.

Con la ricollocazione della vera da pozzo nel suo luogo d'origine, se non si potrà risarcire la basilica dei tesori che le sono stati sottratti nel corso dei secoli, le si restituirà almeno il ricordo di un fatto che l'iscrizione da essa riportata vuole intimamente legato con la vita del santo fondatore dell'ordine domenicano.

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