Rivista "IBC" XV, 2007, 1

Dossier: La storia torna a scorrere

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, dossier /

Conoscere e far conoscere le acque nascoste

Massimo Tozzi Fontana
[IBC]

Il risveglio dell'interesse sulla presenza e sull'utilizzo dell'acqua che, occulta e ignorata, percorre la città di Bologna, è testimoniato da diversi eventi verificatisi negli ultimi anni: per un riepilogo, oltre ai contributi presentati in questo dossier, si segnala l'articolo pubblicato su "IBC" nel giugno 2006.1

L'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna (IBC) è tra le istituzioni protagoniste del tentativo di fare conoscere nel modo più accurato possibile la storia idraulica bolognese e di realizzare in concreto la sua riscoperta. Non si tratta soltanto di rendere visibili tratti di canale coperti dal manto stradale: gli interventi architettonici che hanno ripristinato gli affacci su diversi punti della rete che percorre la città come un sistema venoso, i plastici realizzati per la mostra "Bologna e l'invenzione delle acque" nel 2001 e ripresentati in occasione del Salone di Ferrara, il paziente restauro che ci ha restituito la ruota del mulino in origine collocata lungo il canale delle Moline, la costruzione di una ruota idraulica identica a quella che forniva energia all'antica conceria di via della Grada, sono gli "epifenomeni" di un faticoso processo di trasformazione del paesaggio urbano. Un processo in netta controtendenza con quanto a Bologna si è teorizzato e praticato per oltre un secolo. In sintonia con questo mutamento occorre centrare l'attenzione sulle vicende storiche relative alla produzione, alle consuetudini di vita, alla sociologia e all'antropologia urbana, tentando di rendere pubblici i possibili modi diversi di vedere e interpretare la città, di far capire certi nessi logistici: per esempio, perché un edificio abbia un'ubicazione che oggi appare casuale, ma che in origine è stata determinata dalla presenza di un corso d'acqua in seguito "cancellato".

Le vicende e le tematiche che vanno affrontate travalicano gli aspetti, pur decisivi, della storia del lavoro e delle tecniche, molto bene presentati, anche nella loro problematicità, dal Museo bolognese del patrimonio industriale. Ciò che occorre ricostruire è l'antico rapporto dei cittadini con l'acqua, non per incoraggiare il ripristino di consuetudini o di pratiche urbane del passato, improponibili nel contesto attuale, ma per cogliere quanto dell'enorme patrimonio di creatività e di intelligenza esplicitato nella storia idraulica di Bologna sia ancora oggi praticabile al fine di migliorare la qualità del vivere in città.

L'obiettivo che si è dato l'IBC, come organo preposto alla conoscenza e alla valorizzazione dei beni culturali, è creare in città un centro di documentazione del sistema idraulico artificiale, della sua storia passata e delle sue prospettive future. Questo sistema è costituito essenzialmente dal percorso dei canali di Reno e Savena all'interno delle mura urbane e dal suo interagire con il reticolo "naturale" preesistente a sua volta modificato nel corso del tempo (l'Aposa, il Ravone e altri rii minori), oltreché dal percorso extraurbano del canale Navile, che quei canali raccoglie e convoglia nelle campagne a nord della città. Il centro svolgerà un'azione di informazione e didattica che andrà ad affiancarsi alle imprescindibili visite guidate ai luoghi più importanti in città e fuori.

Il comitato scientifico che ha redatto il progetto museografico ha ritenuto concordemente di privilegiare, tra le innumerevoli tematiche connesse all'acqua, gli aspetti che meglio caratterizzano il "caso" bolognese e che ne fanno un modello forse unico di continuità nel corso dei secoli, evitando di porre al centro dell'esposizione e delle attività i temi più generali e attuali connessi all'acqua, anche se di più forte richiamo per le scuole, come gli aspetti chimico-fisici e quelli strategici e politici legati alla distribuzione mondiale della risorsa.

Tuttavia, grazie alla collocazione del centro didattico nello stesso edificio che ospita i Consorzi dei canali di Reno e Savena (in via della Grada 12), le informazioni sulle contingenze idrauliche in Bologna, costantemente monitorate e governate dai tecnici degli stessi consorzi, saranno presentate al pubblico su appositi schermi (www.consorzireno-savena.it). L'edificio ha ospitato nel corso del tempo diverse attività produttive che impiegavano l'energia del canale di Reno, proprio al suo ingresso in città presso la Grada: soprattutto una conceria, che un modello recentemente realizzato in scala 1:33 raffigura, traducendo in tre dimensioni la perizia di Gian Giacomo Dotti alla data del 4 settembre 1786 (si veda in proposito, nel prosieguo di questo dossier, il contributo di Carlo De Angelis).

Oltre a questo importante oggetto il Centro disporrà di un altro fulcro espositivo di grande importanza: la grande ruota motrice in scala 1:1, di 4,50 metri di diametro, anch'essa costruita "copiando" fedelmente l'antica, e che, oltre a svolgere una funzione didattica, sarà in grado di produrre energia elettrica per l'edificio. Il tema della conceria si articolerà in quattro sezioni: l'edificio, il processo produttivo, le tecniche e le macchine, i lavoratori e i prodotti. Il percorso espositivo si aprirà con una necessaria introduzione sul ruolo dell'acqua e sui luoghi chiave in città, fornendo risposte alle domande sull'approvvigionamento e il consumo per usi igienico-alimentari e produttivi, sui sistemi fognari, sul funzionamento nelle diverse epoche dei microdispositivi idraulici, di cui non resta traccia.

Nel 2001 la mostra "Bologna e l'invenzione delle acque" ha ben sottolineato come a Bologna, a partire dal XVI secolo, scienziati e accademici di straordinario valore abbiano cominciato a porre l'attenzione all'elemento idrico in tutti i suoi aspetti, non escluso quello assai complesso del governo delle acque di fronte ai frequenti eventi alluvionali. Contemporaneamente, senza lasciare tracce scritte, tante maestranze di ingegno contribuirono a realizzare il sistema idraulico nella sua capillarità e a provvedere al suo miglior funzionamento nel tempo. Che una qualche forma di comunicazione ci sia stata oppure no tra gli scienziati - che, oltre a occuparsi di argini e di bonifiche, studiavano il moto delle acque, la natura dei fiumi e dei mari, elaborando importanti leggi scientifiche - e gli anonimi tecnici che andavano costruendo tante minuscole ramificazioni dei canali in città per portare acqua agli opifici, realizzando chiaviche e chiavicotti, è oggetto di discussione tra gli storici. Pare assodato che a divulgare le raffinate descrizioni delle più ardite tecniche idrauliche non siano stati i "theatri" diffusissimi a partire dal XVI secolo in tutta l'Europa, come Le diverse et artificiose machine di Agostino Ramelli o il Novo teatro di machine et edificii di Vittorio Zonca, in cui l'acqua ha il ruolo di protagonista. Queste opere sono soprattutto raccolte di "meravigliose" macchine, destinate all'ammirazione del collezionista e del sapiente. "Chi fosse Archimede o Vitruvio era di certo noto ai dotti umanisti, ma di certo assai minore era la conoscenza dei classici presso i tecnici che lavoravano nelle botteghe".2

La singolarità del "caso" bolognese non sta solo nell'ingegno tecnico dispiegato, ma anche in quello istituzionale. I consorzi degli utenti hanno avviato sul finire del XII secolo la straordinaria impresa di rendere concreto il migliore uso collettivo della risorsa idrica a fini produttivi e commerciali. La loro sopravvivenza è prova della capacità di continuare nel lungo periodo l'opera di coordinamento di interessi diffusi e talora concorrenti. Queste istituzioni hanno risolto un problema tanto antico quanto attuale: l'accesso ordinato a un bene necessario e scarso. Una lezione che assume oggi un evidente carattere di attualità. Nel Centro di documentazione la natura, il funzionamento e le trasformazioni dei consorzi saranno illustrati da una planimetria che documenterà le diverse fasi di costruzione del sistema artificiale (chiuse, canali, chiaviche, chiavicotti, derivazioni urbane e rurali, maceri, compreso anche il canale Navile) e il processo di assemblaggio degli stessi.

Nel percorso dell'esposizione un forte risalto sarà impresso all'originalità del modello territoriale bolognese, caratterizzato da un esito peculiare della relazione tra elemento idrico ed elemento terrestre, esito che rappresenta una soluzione non semplicemente mediana ma anche sintetica rispetto ai grandi e opposti modelli geneticamente e programmaticamente anfibi, per non dire esclusivamente idraulici, delle città del delta padano (Ferrara e ancor più Venezia) da un lato e quello terricolo della Firenze rinascimentale dall'altro. Si pensa, in altri termini, di evidenziare l'analisi del reticolo idrico come fattore portante del complessivo "modo di produzione territoriale" bolognese, al cui interno esso mantiene la sua fondamentale (ma occulta se non occultata) rilevanza anche dopo il predominio, tra Sei e Settecento, della comunicazione per via di terra, mentre alla fine del Cinquecento, nell'intera penisola, questa comunicazione era ancora fondata su di un sistema di vie d'acqua più importante di quello dei cammini terrestri.

Un altro importante fulcro espositivo illustrerà le tracce del sistema idraulico nel territorio, i luoghi visitabili e gli itinerari percorribili a piedi o in bicicletta. Un particolare rilievo sarà dato anche alla dimensione antropologica e culturale dell'acqua in città: le innumerevoli attività produttive legate all'acqua (mulini da seta, gualchiere, tintorie, macine da galla, da rizza, da grano, da olio, cartiere, pile da riso, da miglio, ecc.), hanno prodotto lessici dialettali relativi al lavoro, agli arnesi, alle macchine e ai prodotti. Il trasporto per acqua di merci e passeggeri, che interessa anche il territorio circostante, fino a Venezia e all'Adriatico, così come la costruzione e la manutenzione di imbarcazioni (burci, paron, zatte, ecc.), definiscono altrettanti ambiti settoriali della lingua parlata e scritta. Le acque a Bologna hanno poi svolto un ruolo di natura culturale diffusa, originando una toponomastica urbana che interessa non solo le strade storiche, ma pure (anche se perduti) i ponti, le banchine, gli orti, i tratti di canali, insieme alle grade, ai sostegni e ad altri regolatori idraulici, i quali avevano tutti proprie, specifiche denominazioni, costituendo luoghi di incontro e di transito, come pure di ristoro e di divertimento.

Un cenno particolare, infine, meritano i servizi di documentazione che il Centro offrirà al pubblico: la biblioteca specializzata e il ricco archivio dei consorzi che racchiude documenti e testimonianze già a partire dal XVI secolo, riordinato negli anni passati dall'IBC. Il patrimonio di informazioni in esso contenute travalica gli aspetti tecnici: comprende infatti notizie relative all'urbanistica, alla società e alle vicende politiche, alle corporazioni delle arti e dei mestieri, alle grandi famiglie.

Questi, in estrema sintesi, i contenuti del costituendo Centro di documentazione delle acque di Bologna. Per la sua effettiva realizzazione sarà necessaria una stretta collaborazione tra le istituzioni: Comune, Provincia, Università, fondazioni bancarie e privati. L'obiettivo condiviso è rendere finalmente visibilità a un capitolo così importante della storia passata e del futuro della città.

 

Note

(1) M. Tozzi Fontana, S. Pezzoli, La ruota gira ancora, "IBC", XIV, 2006, 2, pp. 28-33.

(2) V. Marchis, Teatri dell'acqua. Ermetismo e spettacolo, curiosità e sapienza, in Arte e scienza delle acque nel Rinascimento, a cura di A. Fiocca, D. Lamberini, C. Maffioli, Venezia, Marsilio, 2003, pp. 85-93.

 

 

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