Rivista "IBC" XV, 2007, 1
musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni
Ha riscosso successo di pubblico e critica l'esposizione che Palazzo Magnani di Reggio Emilia e Palazzo dei Principi di Correggio hanno dedicato ad Alberto Magnelli (1888-1971) dal 17 dicembre 2006 all'11 marzo 2007 (www.palazzomagnani.it). L'appuntamento, accompagnato da un catalogo edito da Skira a cura di Sandro Parmiggiani, faceva infatti il punto su tutto il percorso creativo dell'artista fiorentino, dagli anni della formazione vicina agli intellettuali de "La Voce" e ai cubisti, fino alle tele astratte delle ultime ore.
Rimane comunque il volume per chi voglia analizzare questo artista capace di avvicinarsi a vari linguaggi - dai cubisti, appunto, alle altre avanguardie francesi, al Tre-Quattrocento toscano - senza però appiattirsi su di essi, ma "usandoli" per trovare una sua chiave stilistica evidente nelle astratte Peintures, precedenti un originale "ritorno all'ordine" che poi sfocerà definitivamente nell'astratto del Magnelli maggiormente noto: quello della calibratura geometrica, presente anche nei disegni e collage esposti a Correggio.
Il volume analizza approfonditamente ogni aspetto del fiorentino, attraverso alcuni saggi non tutti inediti: Guido Ballo, Alberto Boatto, Luciano Caprile, Germano Celant, Lorenza Trucchi, il collega Jean Arp, Luigi Ferrarino (di cui è pubblicata un'intervista a Magnelli apparsa quaranta anni fa su una rivista ormai introvabile), André Pieyre, Concetto Pozzati, Valerio Adami e Marco Vallora. I contributi, dedicati a singoli aspetti del percorso creativo, sono preceduti da due analisi approfondite dei curatori. Il libro si lascia apprezzare anche per un supplemento usuale nelle pubblicazioni delle mostre di Parmiggiani, che ha inaugurato l'attività espositiva della Provincia di Reggio ormai dieci anni fa: l'antologia critica degli intellettuali, artisti e storici dell'arte che negli anni si sono avvicinati al lavoro del protagonista. E se si considerano anche gli utili apparati, resta solo un piccolo rimpianto: per essere davvero considerato il testo capitale sul pittore (le ultime monografie, francesi per giunta, sono dei primi anni Novanta, mentre il catalogo ragionato di Maisonnier è dell'80) si potevano forse prevedere schede almeno di alcune opere di riferimento giunte per la mostra.
Davvero visitando l'esposizione si comprendeva Magnelli, sepolto a Meudon a ricordare i molti anni trascorsi Oltralpe: dalle influenze cubiste e matissiane de Il fantino che ha perso, Virginia e Natura morta con cilindro (tutte del 1914), alle esplosioni coloristiche splendide delle Peintures degli anni Dieci, al classicismo neoquattrocentesco del decennio successivo. Il trentennio 1940-1970, quello più noto, era poi ben rappresentato in sale bellissime anche per un allestimento minimale: dipinti come Assurance répétée (1941), Vision inconfortable (1947), Compénétration del '50, Route ouverte del '55 fino alle due Ouvertures del 1969 (conservate nella collezione Magnelli del museo di Vallauris) restituivano considerazioni che Parmiggiani riassume in catalogo. "Progressivamente Magnelli sente l'esigenza di presentare forme che possono apparirci bloccate, ma che noi ben presto più non percepiamo come statiche, ma come fluttuanti dentro lo spazio [...]. C'è nell'artista l'esigenza di un ordinamento architettonico, di una costruzione strutturata".
Alberto Magnelli. Da Firenze a Parigi, a cura di S. Parmiggiani, Milano, Skira, 2006, 304 p., euro 60,00.
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