Rivista "IBC" XV, 2007, 1
biblioteche e archivi / mostre e rassegne, storie e personaggi
La musa ispiratrice: "Brunalba, donna giovane e splendida, che è come l'immagine della vita stessa - giovinezza insieme e sole splendido pieno - ritrovata come per incanto sulla tela, è nata, gioco prezioso del caso, nella pagina bianca e infinita del mare di Punta Nord, la più indicata forse per le grandi operazioni della fantasia". La città ospitale: Ravenna, "perla purissima delle 'grandi' città classiche [...] questa splendida città 'mediterranea' alla quale devo molto ciò che sono diventato come artista e come uomo di cultura". Tono Zancanaro scrive. Scrive di quel "frutto succoso e stupendo" incontrato nell'estate del '60 sul molo di Cesenatico. Scrive poi della "preziosa e regale, davvero regale, Ravenna bizantina", la città dove ha insegnato e ha lavorato il mosaico nel corso degli anni Settanta. Scrive. Ma specialmente, è ovvio, disegna, incide, decora grandi pareti murali, plasma e dipinge la creta, compone cartoni per pannelli musivi, fotografa perfino.
In effetti, un gran numero di opere, eseguite proprio in quel periodo, attestano la particolare intensità del rapporto del maestro padovano con l'ambiente romagnolo, vissuto tra la dimensione mondano-balneare di Cesenatico e quella accademico-officinale di Ravenna: non è solo il ciclo della "Brunalba", un motivo peraltro generalmente ritenuto tra i punti più alti raggiunti dalla fertile e versatile creatività di Zancanaro, ma da considerare ci sono anche le serie delle incisioni, delle chine, delle sculture, delle stampe litografiche direttamente ispirate alla vita marina e vacanziera, alle mode e ai balli estivi, fino alle acqueforti espressamente dedicate ai luoghi e ai "monumenti ravennati". Capitolo davvero sorprendente dell'intera vita artistica di "Tono faber" è poi quello che racconta del rapporto di lavoro avviato sul finire degli anni Sessanta con i mosaicisti di Ravenna e della collaborazione, in particolare, con un maestro dell'arte musiva come Romolo Papa.
Un "riepilogo" delle circostanze e delle situazioni nelle quali si è determinato e via via consolidato il legame che ha unito Tono Zancanaro alla terra e alla vicenda artistica della Romagna è stato proposto di recente nella mostra allestita nella suggestiva cornice architettonica della Manica Lunga all'interno della Biblioteca Classense di Ravenna;1 mostra che, dal 21 dicembre 2006 al 24 febbraio 2007, ha di fatto completato il programma delle iniziative per il primo centenario della nascita dell'artista (tra le altre, sono da ricordare le esposizioni a Padova e a Capo d'Orlando).
Su "Zancanaro in Romagna", è vero, già negli anni passati erano emerse diverse e notevoli tracce: e questo nell'ambito della ricerca "Archivi dell'arte" avviata dalla Soprintendenza per i beni librari e documentari sulla vicenda figurativa novecentesca nella nostra regione. Ma la mostra ravennate ha avuto il merito di riunire insieme un discreto numero di elementi di prova riferiti, appunto, alla presenza dell'artista sulla "linea adriatica", offrendo nel contempo una significativa sequenza di immagini scelte dal particolare "taccuino" di Tono viaggiatore: l'instancabile scopritore di città e di luoghi, l'esploratore di bellezze naturali e di monumenti, lui padovano profondamente attaccato alla sua città e al tempo stesso abitatore dell'Italia e del mondo.
Padova, Venezia e altre località venete, Comacchio e Ferrara, Certaldo, Ancona, Capo d'Orlando, Roma: sono alcune delle città e dei contesti ambientali "vissuti", e da Tono amorevolmente raffigurati nelle sue incisioni, fogli memorabili di una personale e originale geografia dell'anima nella quale hanno un posto di primo piano i ben noti "monumenti" della città di Ravenna. Ma poi alla Manica Lunga è stata lei, e non poteva essere diversamente, la protagonista: lei, la Brunalba di Punta Nord, la regina della Cesenatico balneare in quei favolosi anni Sessanta.
A Cesenatico Tono è forse arrivato per la prima volta nell'estate del '60. Risalgono a quel tempo, infatti, le prime linoleumgrafie brunalbiche. Di sicuro l'artista stringe subito uno stretto rapporto con l'ambiente locale se già a luglio dell'anno successivo si trova a esporre le proprie opere alla Galleria d'arte "Il Bragozzo", all'interno del Palazzo del Turismo, punto nevralgico della locale vita turistica e mondana.
In questo luogo d'impianto turistico (ma così sorprendentemente animato sul piano culturale e artistico), con il suo bel mare, la gaia vita balneare, il caratteristico porto canale, il vecchio borgo dei pescatori, Tono deve ben presto sentirsi come "a casa sua". Ed è proprio dalle onde cesenaticensi che come una Venere emerge Bruna (l'aurorale Brunalba), di certo uno dei personaggi femminili più affascinanti e intriganti di Zancanaro, sua ispiratrice per quasi un decennio di disegni, incisioni, stampe litografiche, decorazioni, vasi ceramicati, sculture in bronzo.
Come già era avvenuto con Levana (prima vera musa dell'artista) l'incontro con Brunalba è ancora per Tono "l'incontro con la vitalità (forse con la vita stessa)", come scrive Mauro Corradini nel catalogo della mostra ravennate. Brunalba è donna reale, giovane, con la straordinaria bellezza d'una dea, forte, altera, sensualissima; appartiene in pieno alla realtà, ma poi figura come scaturita dalla fantasia di Tono, sembra infine appartenere a un mondo impossibile, al regno del sogno, allo stato surreale. Alla donna di Punta Nord Tono l'artista dedica interamente la sua seconda mostra al "Bragozzo" nell'estate del '62 e, in quello stesso anno, le grandi esposizioni di Padova e di Palermo. Per lei, a Cesenatico, disegna un'intera parete del "Lanternino", noto locale sul molo di levante del porto canale, frequentato dalle celebrità del tempo.
Nella mostra ravennate si è vista spesso accompagnata a un giovane, forse un dio anch'esso dell'antica Grecia, l'Apollo dell'iconografia zancanariana; attorno a lei si distendono al sole "teutoniche" villeggianti forestiere e, nella penombra, si agitano festosi ballerini nei loro twist e madison notturni; ma lei, la maga di Cesenatico, sempre in primo piano. Lei, che secondo Corradini, è "la forza dell'amore, la verità travolgente della bellezza e della giovinezza, il sogno impossibile - ma reale - in una realtà che ha troppo spesso più stringenti richiami".
Non scorrono però solo nel "segno" di Brunalba gli anni Sessanta di Tono (che nel '64 pubblica con Neri Pozza la grande monografia del Gibbo; mentre il '65 è l'anno della Divina Commedia con l'uscita del volume contenente 64 tavole a colori e 32 in bianco e nero oltre all'introduzione di Carlo Ludovico Ragghianti). Si arriva al 1968 e Zancanaro è più di frequente a Padova, dove ritrova Ettore Luccini e si incontra con amici scrittori e artisti e giovani studenti universitari al "Bar Liviano", a due passi dalla Facoltà di lettere e filosofia e di magistero. "Un punto di riferimento, e in un certo senso anche di 'resistenza' intellettuale e critica alle fughe ideologiche più azzardate": lo ricorda così Giorgio Segato negli anni della rivolta studentesca e nei difficili anni Settanta.
Il 1968 è però anche, per Tono, l'anno della scoperta del mosaico. L'artista passa così dalle estive carte disegnate sulla spiaggia di Cesenatico alle tessere colorate della cooperativa mosaicisti di Ravenna. Per "Tono faber" inizia un nuovo capitolo di lavoro. Intenso, entusiasmante al punto che nel volgere di un paio d'anni, con la guida esperta di Romolo Papa, realizza una prima, notevole serie di pannelli musivi nei quali si incontrano e si sovrappongono i motivi ricorrenti dell'"ultimo Zancanaro"; con una predilezione, però, per le fonti classiche e per le immagini mediterranee e selinuntee. Già nel 1970 (l'anno che segna l'inizio dell'attività come docente di incisione all'Accademia di Belle Arti) l'artista può dunque presentarsi ai ravennati come mosaicista con una mostra allestita alla Loggetta Lombardesca. E nel '77, quando già s'è conclusa l'esperienza dell'insegnamento, con un'esposizione allestita alla Galleria "La Bottega" è proprio al mosaico che Tono affida un suo messaggio quasi di congedo alla città ("pretesto, il mosaico, per riprendere come artista quel buon rapporto con Ravenna che mai era venuto meno").
Non molte, in verità, sono le notizie riguardanti gli anni ravennati di Tono Zancanaro, specialmente sulla sua presenza nelle aule della Lombardesca al fianco di altri autorevoli artisti e studiosi, come lo scultore Giò Pomodoro, il grafico Remo Muratore, il pittore Umberto Folli, lo scrittore Piero Santi, il critico Raffaele De Grada (ma sulla vita più recente della rinomata istituzione, dopo la "rifondazione" del '70 manca una qualche efficace ricostruzione). Ha però scritto Giulio Guberti che "egli insegnò agli studenti e a tutti l'intransigenza dell'artista e lo scandalo che l'artista si porta dietro"; e, si può senz'altro aggiungere, di Tono incisore persiste tuttora l'altissimo magistero nell'arte di chi visse l'avventurosa e fortunata esperienza d'essere in quegli anni suo allievo e seguace.
Proprio del Tono acquafortista è la "dedica" a Ravenna e ai suoi tesori d'architettura che apre la mostra alla Manica Lunga (non solo cinque tra le più preziose memorie bizantine, ma anche un tratto del bel volto barocco della città). Corre l'anno 1973 ed è forse questo il momento della più stretta intesa con la città: l'accademia, le botteghe del mosaico, i ritrovi (della cultura, ma anche della buona cucina), specialmente il "cenacolo" di solito riunito nel laboratorio calcografico di Giuseppe Maestri e la "Bottega", l'attivissima galleria d'arte di via Baccarini diretta da Angela Tienghi. Qui, per esporre le sue opere più recenti, l'artista tornerà nel 1982, l'anno della grande antologica al Castello Sforzesco di Milano. E sarà l'ultima volta di "Tono faber" a Ravenna, prima della scomparsa, nella notte del 3 giugno dell'anno 1985.
Nota
(1) Zancanaro in Romagna. La carta e la pietra. Ravenna e le città di Tono, a cura di M. Gaddi e O. Piraccini, Bologna, IBC - CLUEB, 2006 (IBC Immagini e Documenti IBC).
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