Rivista "IBC" XIII, 2005, 3

Dossier: Destinazione Cina - Proposte italiane per la riqualificazione urbana

territorio e beni architettonici-ambientali, dossier / progetti e realizzazioni

Dalla Via Emilia alle rive dell'Hai He: il progetto di riqualificazione dell'ex concessione francese di Tianjin

Pippo Ciorra
[docente di Composizione architettonica all'Università di Camerino]
Michele Zanelli
[responsabile del Servizio riqualificazione urbana della Regione Emilia-Romagna]

"L'Italia restaura... la Cina": è il titolo di un convegno di studi che si è svolto a Pechino lo scorso giugno su iniziativa dell'Istituto italiano di cultura. In realtà sembra fuori luogo parlare di restauro dei monumenti in Cina, una nazione che sta investendo tutte le sue risorse in un processo di modernizzazione che procede a ritmo impressionante: la tutela del patrimonio in effetti è stata l'ultima delle preoccupazioni della società e del governo cinese, così concentrati sulla contemporaneità.

Occorre tuttavia considerare che nella cultura cinese il senso di appropriazione dello spazio e del tempo è profondamente diverso dal nostro: alla nostra continua preoccupazione di conservare le vestigia della storia, in quanto testimonianza fisica del nostro passato, la cultura cinese oppone una attenzione alla tradizione spirituale, alle diverse dottrine che taoismo, confucianesimo e buddismo hanno introdotto nel paese in un processo di perenne mutamento che ha trovato la sua espressione politica nella rivoluzione continua del periodo maoista. È il mutamento a caratterizzare la cultura cinese, che di fronte al problema di trasformare l'essenza stessa della città non si pone il problema di conservare il patrimonio storico ma di rinnovarlo continuamente, magari adornando i nuovi edifici, grattacieli in puro international style, con grottesche sovrastrutture decorative in stile cinese.

La demolizione degli hutong (i vicoli storici), che fa gridare allo scempio gli osservatori occidentali, non va vista solo come ottusa speculazione, ma come scelta consapevole di voler trasformare quartieri malsani in nuove costruzioni moderne e funzionali, per poter cambiare lo stile di vita della popolazione. Che in questo processo di modernizzazione i cinesi ripercorrano gli errori commessi dagli occidentali, mettendo a repentaglio non solo il patrimonio culturale, ma anche il tessuto sociale e l'ambiente, ci può dispiacere ma probabilmente è inevitabile. Ciò che preoccupa di più, semmai, è la disinvoltura con cui vengono sfrattati gli abitanti poveri dei vecchi quartieri per far posto ad abitazioni destinate necessariamente alle nuove classi medie rampanti. E la considerazione che assieme al mutamento dei modelli abitativi si realizza uno sradicamento culturale, con ripercussioni negative sia dal punto di vista sociale che nella sfera privata.

Quello a cui stiamo assistendo, tuttavia, è che assieme alla strabiliante velocità del cambiamento, anche le regole dell'urbanizzazione cinese stanno rapidamente modificandosi, rivelando i primi anticorpi che potrebbero portare in tempi relativamente brevi a un ripensamento sulla necessità di conservare almeno alcuni segni della tradizione. È abbastanza singolare che uno dei primi segnali in tal senso riguardi l'architettura coloniale delle concessioni europee che ancora caratterizzano i quartieri centrali di Tianjin: è quindi con grande interesse che l'Italia assiste alle diverse iniziative intraprese da quella municipalità e che la Regione Emilia-Romagna ha promosso un progetto europeo "Asia Urbs" che riguarda la riqualificazione urbana della concessione francese (sito internet: tjre.org).

Il progetto "Urban Revitalisation in the Former European Concession Areas in Tianjin" ("Asia Urbs Chn5-06") si propone di sviluppare un programma di riqualificazione confrontando le esperienze italiane e cinesi nel campo della pianificazione urbanistica, inclusi gli aspetti di sviluppo socioeconomico e di sostenibilità ambientale. Dallo sviluppo di questo programma si vuole poi giungere all'identificazione di una metodologia che sia replicabile in contesti analoghi presenti sul territorio cinese. Il progetto consentirà di recuperare legami e relazioni interculturali tra regioni europee (Emilia-Romagna e Catalogna, partner del progetto) e la città di Tianjin, nel cui tessuto urbano è ancora presente traccia della cultura urbanistica e architettonica europea.

Lo scopo è favorire lo scambio di informazioni tra le amministrazioni europee e quelle cinesi, per elaborare un programma di recupero che integri conservazione, valorizzazione e promozione architettonica attraverso una rifunzionalizzazione dell'area, concertata con gli attori sociali ed economici che operano sul territorio. L'area prescelta, come è stato anticipato, è una parte della ex concessione francese pari a circa 15 ettari e riguarda 11 isolati racchiusi da un'ansa del fiume Hai He, con la presenza di alcuni edifici di interesse storico-architettonico, realizzati intorno agli anni Venti e Trenta del Novecento. Oltre a quelli e già individuati dall'Urban Planning and Design Institute (UPDI) di Tianjin e assoggettati a specifici vincoli, si è provveduto a classificare il numero di edifici meritevoli di tutela, secondo gli obiettivi e la filosofia generale della proposta progettuale, orientata a principi di salvaguardia più convinti e diffusi di quanto non accada generalmente nel contesto asiatico. Sono stati schedati 39 edifici, con indicazioni sullo stato di conservazione, le superfici, la datazione originaria, la destinazione attuale.

L'ipotesi di riqualificazione si basa su alcuni punti focali:

1) La posizione strategica

L'area si trova in posizione baricentrica, sia rispetto al distretto finanziario della città e alle principali arterie commerciali, sia rispetto alle maggiori vie di comunicazione, come la ferrovia Tianjin-Beijing. Ma ciò che più identifica il quartiere è la presenza del fiume Hai He, la cui riva destra lambisce sei degli undici isolati di cui è formato, caratterizzandolo nel paesaggio urbano. Il fiume è attraversato da due ponti che definiscono le due direttrici principali della maglia stradale: il ponte francese a struttura metallica, al di là del quale sorge la vecchia stazione ferroviaria, e quello di nuova progettazione, che dovrà integrare anche una nuova linea di trasporto pubblico sotterraneo.

L'Hai He è navigabile fino al mare e collega al porto di Tanggu, ove sorgono importanti insediamenti produttivi e commerciali e che rappresenta una delle infrastrutture strategiche per la logistica e gli scambi commerciali tra la Cina e l'Europa. I dock del porto franco ospitano una quantità impressionante di container di provenienza internazionale o in attesa di essere trasferiti verso i principali porti dell'Oriente. Tale posizione strategica, insieme alla dichiarata prospettiva di sviluppo e riqualificazione della regione di Tianjin, che privilegia proprio le due sponde del fiume fino a Tanggu per futuri insediamenti residenziali e commerciali, fanno propendere per una prevalente localizzazione, nell'area di progetto, di funzioni direzionali legate all'attività di import/export e alle compagnie di navigazione attive sulla rotta europea: di conseguenza si prospetta una filiera di interessi legati ad alcuni porti commerciali europei.

2) L'assetto urbano dell'area

In primo luogo è necessario qualificare l'area con la previsione di uno spazio pubblico ora assente. Per questo si pensa a uno spazio a funzione prevalente a parco, di circa 4 ettari, che contiene alcuni edifici storici già destinati ad attività ricreative e può prevedere l'insediamento di nuovi edifici di altezza contenuta ma in grado di contrastare l'immagine prevalente del "grattacielo", ossia dell'unico edificio alto della zona. Di fronte a questo "vuoto" sono ricavati due fronti commerciali; in questo modo il sistema fronte - spazio pubblico diviene una sorta di struttura urbana complessa, a funzione mista commerciale-servizi, che costituisce il prolungamento ideale verso il fiume della strada commerciale già realizzata nella parte sud-ovest della concessione; quest'ultima penetra nell'area di progetto a uso pedonale trasformandosi in piazza-parco.

In secondo luogo, pur privilegiando l'insediamento di funzioni direzionali e commerciali, si raccomanda l'opportunità di salvaguardare almeno in parte il tessuto sociale esistente, costituito da residenti di livello sociale medio-basso e dalle loro attività commerciali-artigianali a dimensione familiare. La salvaguardia delle comunità locali, infatti, è un obiettivo complementare alla tutela dell'architettura esistente. Un obiettivo reso possibile con ragionevoli incrementi di densità e trasferendo il numero minimo di cittadini, per dare alla comunità insediata la possibilità di rimanere nel quartiere in abitazioni nuove.

3) La metodologia di progetto

Il masterplan intende definire uno schema metodologico per l'intervento di riqualificazione urbana dell'area secondo le linee guida dell'esperienza maturata dalla nostra regione per il recupero urbano. È un metodo che integra concettualmente le tecniche di recupero e di restauro conservativo e quelle di ristrutturazione urbanistica in un approccio al tema del riuso supportato dal progetto urbano. Il presupposto è la salvaguardia del tessuto edilizio complessivo più che del singolo edificio. Quello che si vuole conservare e rivitalizzare è il valore storico della città coloniale nel suo insieme, e cominciare dai tracciati delle strade e della scacchiera degli isolati, cercando di ricostruire un profilo omogeneo nelle volumetrie degli edifici che si affacciano sulle strade.

A questo scopo si considera equivalente il mantenimento e il recupero degli edifici di pregio e la sostituzione o il completamento degli isolati con architetture non mimetiche ma volumetricamente compatibili con il contesto. Perciò, dopo aver classificato gli edifici e selezionato quelli da conservare, o per ragioni storico-testimoniali, o per motivi di opportunità economico-funzionali, il piano ha definito una serie di norme urbanistiche e di modalità di intervento con riferimento al perimetro degli isolati e al sedime degli edifici:

- vincoli di conservazione e di rispetto (distanze per le nuove costruzioni);

- perimetrazione dell'area edificabile dal bordo all'interno degli isolati;

- rapporto di copertura per le nuove costruzioni fissato nell'indice di 0.6 mq/mq di superficie coperta rispetto alla superficie fondiaria;

- altezza massima dei nuovi edifici contenuta nella media delle costruzioni esistenti nell'isolato;

- disciplina degli accessi pedonali e carrabili con riferimento a un uso prevalentemente commerciale dei piani terra;

- disciplina degli spazi pubblici con particolare riferimento alla piazza centrale e al parco tematico posto di fronte all'ansa del fiume.

A quest'ultimo aspetto, in accordo con la Municipalità di Tianjin, è dedicato un approfondimento sui temi del risparmio energetico e dell'uso sperimentale di risorse alternative: uno stimolo ulteriore per sensibilizzare la società cinese sulla questione dello sviluppo sostenibile.

[Michele Zanelli]

 

Il progetto di riqualificazione del quartiere della vecchia concessione francese a Tianjin nasce, come si è detto, all'interno di un progetto europeo coordinato dall'Ufficio urbanistico della Regione Emilia-Romagna nell'ambito del programma "Asia Urbs". Obiettivo del programma è sensibilizzare i tecnici cinesi sul tema della complessità dell'intervento urbano, che non sempre e non dovunque può avvalersi, come accade di continuo in Cina, dell'unico strumento demiurgico della demolizione (di qualsiasi cosa) e della ricostruzione integrale (di grattacieli).

Tianjin, città "media" di 9 milioni di abitanti a cavallo tra Pechino e il suo porto, rappresenta in questo senso un campione privilegiato, per la presenza di importanti frammenti del tessuto "storico" dei quartieri delle vecchie concessioni commerciali (inglese, italiana, russa, francese, ecc.). Su queste aree è urgente esercitare approcci e tecniche d'intervento complesse, che prevedano demolizioni e nuova edificazione "sensibile" ma anche restauri e ristrutturazioni delle preesistenze più interessanti, pena la perdita totale di memoria e la conseguente caduta di interesse da parte dei potenziali visitatori della città.

Il gruppo di progettazione organizzato dalla Regione e dalla società "Ecuba" si è avvalso di tre consulenti esterni: Roberto D'Agostino per la parte urbanistica, Giampiero Cuppini per il restauro e lo scrivente per la parte relativa alla nuova edificazione. Questa terza sezione del progetto agisce su due scale diverse: da un lato tende a stabilire una regola e uno schema generale per la ricostruzione del quartiere all'interno dei criteri urbanistici individuati; dall'altro sviluppa più a fondo, in termini architettonici, il progetto edilizio di due isolati campione, sperimentando "in concreto" il metodo individuato per tutto il quartiere.

La proposta si basa in realtà su uno schema molto semplice, non troppo difficile da applicare. Le parti esterne dei grandi isolati sono ricostruite secondo il vecchio ingombro, non più alte degli edifici che manteniamo, interamente destinate al commercio (tutti i piani terra e oltre) e a uffici. L'interno dei grandi isolati contiene invece le parti residenziali, considerati come degli hutong sospesi che attraversano trasversalmente l'isolato affacciandosi in molti e diversi modi sulle strade esterne. La "qualità architettonica" del progetto, oltre che alla chiarezza dell'impianto, è affidata alle molte possibilità di variazione e ricchezza spaziale che lo schema consente.

Prima di tutto l'articolazione ricca delle facciate, nelle quali le superfici continue e trasparenti degli edifici "terziari" sono ritmicamente interrotte, "bucate", sorvolate, spezzate dalle schiere residenziali, a seconda del modo di volta in volta scelto per l'"incastro". Poi la flessibilità e complessità delle soluzioni dello spazio residenziale, che può articolarsi in molte soluzioni tipologiche diverse, memori dell'intensità e della densità della città tradizionale cinese. Infine la chiarezza e fluidità dei percorsi, che moltiplicano le possibilità di fruizione dello spazio urbano, che distinguono con chiarezza tra spazio pubblico, semipubblico e privato e che consentono alle grandi rampe dei percorsi ciclabili - cruciali nella mobilità urbana cinese - di salire fino ai piani più alti delle abitazioni senza soluzione di continuità.

Le idee di fondo, come si comprende con facilità sono due, alle varie scale. La prima è quella di mantenere l'attuale consistenza edilizia del quartiere, costruendo edifici che non contrastino, in altezza e footprint, con l'attuale tracciato urbano. La seconda è quella di riallacciarsi alla fluidità densa dei percorsi e del tessuto residenziale tradizionale, dove lo spazio diventa progressivamente più intenso e congestionato, cambia scala, introduce nuove relazioni, senza mai interrompere la continuità dei percorsi pedonali e ciclabili, con i quali ogni casa ha un rapporto sempre diretto e immediato.

La differenza tra il perimetro pubblico e commerciale dell'isolato e il suo "cuore" residenziale si riflette anche nel carattere architettonico e nell'uso dei materiali. Che saranno "moderni", trasparenti, metallici nelle stecche commerciali e invece più domestici e tradizionali nelle parti residenziali. I percorsi e gli elementi di comunicazione verticale hanno nel progetto un'importanza particolare, sempre posti in modo da separare e connettere i diversi spazi funzionali. Scale, rampe e ballatoi appaiono così come una seconda struttura del progetto, rivelandone il funzionamento, ottimizzandone l'uso.

L'applicazione ideale dello schema di progetto prevede naturalmente una sua estensione e tutti gli spazi liberi o liberabili del quartiere. Negli elaborati si vede come questo tipo di sviluppo urbano possa considerarsi da un lato sufficientemente denso da consentire un "effetto-città" importante e cruciale per la vita del quartiere e per la sua attrattività, e dall'altro decisamente "sostenibile", soprattutto se paragonato alla generica diffusione di edifici alti che a Tianjin nel frattempo si sta affermando.

[Pippo Ciorra]

 

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