Rivista "IBC" XIII, 2005, 2

musei e beni culturali / convegni e seminari

"Jacopo Zanguidi il Bertoja: un artista al servizio dei Farnese", convegno internazionale, Parma, Palazzo ducale, 8 aprile 2005.
Lo chiamavano "il Bertoja"

Enrico Cipressi
[laureato in Conservazione dei beni culturali all'Università di Parma]

Nel convegno internazionale "Jacopo Zanguidi, il Bertoja: un artista al servizio dei Farnese", tenuto al Palazzo ducale di Parma venerdì 8 aprile 2005, si sono riuniti alcuni dei più noti studiosi del Cinquecento emiliano ed è stata preannunciata l'attesa mostra che gli sarà dedicata. L'intento perseguito, inquadrando il pittore nell'ambiente in cui si trovò ad operare, era anche di chiarire i suoi rapporti con Girolamo Mirola.

In apertura, Diane de Grazia ha ripercorso la fortuna critica di Bertoja e descritto i temi sui quali si sono poi soffermati gli intervenuti, che hanno toccato i nodi principali di un dibattito decennale sui due artisti e sugli affreschi del Palazzo Ducale di Parma. È stato rilevato che Bertoja e Mirola ben conoscevano, e ne assorbirono tendenze e aspirazioni, Parmigianino, i bolognesi del Cinquecento, Pellegrino Tibaldi, Prospero Fontana e, infine, quegli artisti fiamminghi che operavano a Roma, dove Bertoja prestò servizio a favore del cardinale Alessandro, fratello di Ottavio Farnese. I frutti del soggiorno romano sono ben ravvisabili nelle sale cosiddette di Perseo e del Paesaggio in Palazzo ducale, alle quali si è riferito Francesco Barocelli; scoperte soltanto negli anni Ottanta, perché rimaste celate durante i lavori di trasformazione apportati al Palazzo nel 1767 dall'architetto Ennemond Alexandre Petitot, testimoniano le visite di Bertoja alla Domus Aurea e la conoscenza delle numerose opere a soggetto mitologico, che decoravano i palazzi romani.

All'analisi delle influenze stilistiche rintracciabili in Girolamo Mirola ha contribuito Cristina Casoli, con il commento di un disegno a lui attribuito, conservato al Dipartimento di arti grafiche del Louvre. Il rinvio all'antico, le affinità con raffigurazioni simili nei decori dei palazzi cinquecenteschi, la parentela con disegni di analogo soggetto attribuiti a Pellegrino Tibaldi e Polidoro da Caravaggio, confermano i riferimenti e la formazione di questo artista.

Poi, Achim Gnann, occupato nello studio del corpus dei disegni di Parmigianino, ha colto l'occasione per aprire di nuovo le discussioni sul celebre disegno dell'Incoronazione della Vergine, attribuito al Mazzola, dal quale Bertoja prese spunto per il suo dipinto di analogo soggetto realizzato per il Palazzo comunale di Parma, di cui oggi sopravvive soltanto il frammento recante il viso della Vergine.

Ma il nodo centrale dell'intero convegno è rimasto il problematico rapporto con Mirola, non esistendo una sufficiente documentazione sul Palazzo ducale; una novità su questo aspetto è costituita dal ritrovamento, da parte del professor Giuseppe Bertini, della lettera datata 6 aprile 1573, di Gian Battista Pico, segretario di Ottavio Farnese, in cui si rende conto dei lavori allora in corso a Parma e dove Pico racconta di essersi recato in visita dal Bertoja gravemente ammalato; aggiunge, quindi, che il pittore non potrà completare le sue opere.

Sul tema del rapporto tra i due artisti è intervenuto, infine, Vittorio Sgarbi, ad avviso del quale il filologismo estremo di molti critici non contribuisce ad una migliore comprensione delle figure di Bertoja e Mirola. Primaria avrebbe dovuto essere la riconsiderazione delle attribuzioni dei singoli brani pittorici situati nelle stanze al piano nobile del Palazzo ducale di Parma, nei quali si contrappongono, in primo luogo, due diverse concezioni dello spazio: l'andamento spaziale statico e la tensione verso la scultura nelle figure di Bertoja, da un lato; lo spazio dinamico e "futurista" di Mirola, dall'altro.

Poco prima, David Ekserdjian, autore di una fondamentale monografia su Correggio, si era soffermato proprio sugli scambi e sulle reciproche influenze fra pittura e scultura nelle opere degli artisti del Cinquecento e dello stesso Bertoja, senza rilevare in quest'ultimo la perdita di dinamismo evidenziata da Sgarbi. Il quale non giustifica, come Diane de Grazia, la mancata citazione, da parte del Vasari, del nome di Bertoja accanto a quello di Mirola, con l'ancora giovane età dell'artista, ma con il fatto che Bertoja era considerato un pittore di seconda fila, le cui opere appaiono goffe e statiche, accanto a quelle estremamente fascinose dell'altro.

 

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