Rivista "IBC" XIII, 2005, 2

musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni

Piero Manai: una retrospettiva. Opere dal 1968 al 1988, a cura di V. Coen, P. Weiermair, Cinisello Balsamo (Milano), Silvana Editoriale, 2004.
Manai: una retrospettiva

Claudia Collina
[IBC]

La retrospettiva che la Galleria d'arte moderna (GAM) e la Fondazione Cassa di risparmio in Bologna hanno organizzato sull'opera artistica di Piero Manai si è configurata come un'esauriente antologica che ha ricordato la statura del pittore bolognese prematuramente scomparso. Curata da Peter Weiermair e Vittoria Coen, la mostra è stata articolata nelle due sedi espositive della GAM e di Palazzo Saraceni, in due sezioni dove sono state esposte, rispettivamente, le grandi opere dipinte e i lavori su carta; il corpus artistico è riprodotto interamente nell'esaustivo catalogo che si articola nei contributi dei curatori, di Tilman Osterwold, Claudio Cerritelli e Maura Pozzati.

La pittura di Manai si dimostra subito aggiornata alle poetiche culturali presenti nelle espressioni artistiche occidentali dalla fine degli anni Sessanta al termine degli Ottanta del Novecento, che s'intersecano, nelle sue opere, a stimoli pop art, di matrice warholiana, concettuali e oggettuali, che poi sfoceranno nell'elaborazione dell'Omaggio a J.B. (Joseph Beuys), risolto con originale e simbolica figuratività. Assai presente in Manai è anche l'arte del corpo di Arnulf Rainer, e, dall'inizio degli anni Ottanta, la transavanguardia figurativa di soggetti affini a quelli elaborati da Francesco Clemente che danno vita a un personale neoespressionismo, spesso paragonato a quello tedesco, in cui sono ravvisabili infiltrazioni di suggestioni stilistiche vicine a Georg Baselitz, come in Strandbild 7 (Blick aus dem Fenster nach draussen) eseguito nel 1981, nel momento in cui la pittura europea si apriva nuovamente alla figurazione.

Un artista europeo, allora, anzi mitteleuropeo, come avverte, in apertura del catalogo, Peter Weiermair, che ha conosciuto e valorizzato Manai negli spazi del Frankfurter Kunstverein, museo diretto prima della GAM di Bologna; un artista i cui esordi a metà degli anni Settanta avvengono all'insegna di uno sperimentalismo tecnico espresso in disegni iperrealisti e soluzioni fotografiche creativamente alterate, le polaroid, tecnica, quest'ultima, assai usata anche da un altro grande artista concettuale del territorio regionale come Franco Vaccari.

Claudio Cerritelli ci guida nella comprensione dell'azione creativa: "anche quando Manai usa la polaroid è la pittura a guidare il gesto che deforma l'immagine intervenendo sulla pellicola durante il tempo di esposizione alla luce. Ed è sempre la pittura la molla propulsiva che evoca la scultura dentro lo spazio della tela, come durezza plastica che si identifica nella figura di monolite". Un pittore, con la P maiuscola, che ha indagato continuamente il rapporto d'osmosi ineludibile che esiste tra un corpo e il suo spazio, coniugando la leggerezza del vuoto al peso del corpo, alla gravità dell'esistere. Una pittura la cui componente esistenziale è stata illuminata da Vittoria Coen come "umanesimo in interiore nomine [...] molto personale e laico [...] contenuto nella civile ironia della cultura e dell'autocontrollo" che creano l'equilibrio delle opere in cui la vita interiore del pittore converge verso lo spazio pittorico e diventa, come ricordava Francesco Arcangeli, la fonte insopprimibile dell'arte; opere che, se osservate nel loro complesso come ha fatto Tilman Osterwold, sembrano "dipanare a ritroso la storia della pittura, per giungere a un nuovo inizio, alla semplificazione della sostanza, alla creazione di una simbiosi fra oggettività, individualità e figuralità" rappresentata con sfumature drammatiche da topoi ricorrenti con frequenza come i monoliti, le pietre, le teste, le figure umane.

La mostra ha percorso tutta l'opera di Manai senza tralasciare nulla, e ponendo in evidenza anche la rete dei suoi modelli o degli autori da lui stimati: da Paul Cezanne a Medardo Rosso, da Francis Bacon a Joseph Beuys; un'esposizione che ha confermato la grandezza di questo artista bolognese di cui Paolo Fossati, nelle sue indimenticabili "piccole istruzioni per l'uso" delle sue opere, affermava "la pittura di Manai, straordinariamente importante e di punta, come immergerci a occhi asciutti in un paesaggio" che per essere percorso e assimilato necessita dello sguardo che erode la barriera della realtà fenomenica, e del silenzio, come un'altra pittura dell'esistenza: quella di Giorgio Morandi.

 

Piero Manai: una retrospettiva. Opere dal 1968 al 1988, a cura di V. Coen, P. Weiermair, Cinisello Balsamo (Milano), Silvana Editoriale, 2004, 229 p., _ 30,00.

 

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