Rivista "IBC" XIII, 2005, 1

biblioteche e archivi / interventi, pubblicazioni

Un volume della collana IBC "Emilia Romagna Biblioteche Archivi" presenta il catalogo delle opere teatrali francesi dei secoli XVII e XVIII conservate dalla Biblioteca bolognese dell'Archiginnasio.
Altri scenari di Francia

Frédéric Barbier
[direttore del Centre de Recherche en Histoire du livre presso l'Ecole nationale supérieure des sciences de l'information et des bibliothèques di Villeurbanne (Francia)]

Per gli amanti della storia del libro, come per quelli della storia dell'arte e della storia della letteratura, l'Italia è davvero il paese dei sogni. Innanzitutto troviamo in Italia una densità straordinaria di biblioteche sontuose, sistemate in palazzi storici, le cui ricchezze bibliografiche, per dirla con l'abbé Grégoire, sembrano infinite: Modena, Parma, Reggio, Ferrara, Guastalla, Cesena, Ravenna e, naturalmente, Bologna, con in testa la Biblioteca dell'Archiginnasio. Se proseguiamo un po' più a sud, arriviamo presto a Prato, a Firenze e a Fiesole. Questa ricchezza, di cui non abbiamo uguale in Francia, si spiega in parte con l'esplosione politica e la moltiplicazione delle corti principesche nei secoli XV e XVI e durante tutto l'Ancien Régime. Ma la ricchezza dei fondi antichi trae vantaggio da una valorizzazione - il burocratese in voga parlerebbe volentieri di valorizzazione e visibilità - che ci sembra esemplare ed è resa possibile dall'incontro di tre fattori:

1) Per prima cosa, una tradizione editoriale ricca, raffinata ed efficace: troviamo oggi in tutte le città italiane e nello specifico a Bologna, almeno quattro o cinque case editrici di qualità, interessate alla pubblicazione di lavori scientifici o cataloghi. Nulla di simile avviene purtroppo oltralpe, dove la concentrazione parigina è estrema e dove, persino una città come Lione è, per così dire, completamente sprovveduta in materia di editoria.

2) Questi editori sanno lavorare e si interessano a quello che fanno. Il risultato è una rilettura accurata dei testi pubblicati e una resa a stampa spesso elegante e sempre efficace, in genere a un prezzo abbordabile.

3) Entra infine in gioco una politica intelligente che coniuga aiuto pubblico e mecenatismo e che permette a una serie di lavori scientifici di qualità di vedere la luce: ne è la prova il volume recentemente edito dall'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna (IBC) a cura di Daniela Camurri, che presenta il catalogo delle opere teatrali in francese dal XVII al XVIII secolo conservate all'Archiginnasio.1 È una grande ricchezza documentaria che si trova così a disposizione della comunità scientifica e questo da molti anni, dato che la collana "Emilia Romagna Biblioteche Archivi", promossa dalla Soprintendenza per i beni librari e documentari dell'IBC, conta più di cinquanta volumi. In breve, per gli studiosi e gli universitari francesi, soprattutto nel campo della storia del libro, siamo nel mondo dell'utopia e dei sogni, specie se si considera che potremmo ancora citare una infinità di altre pubblicazioni, per esempio sulle grandi biblioteche dell'Emilia-Romagna e del Montefeltro o ancora sulla Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna, sulle collezioni della Biblioteca Estense, ecc.

 

Un nuovo repertorio

Daniela Camurri, col suo nuovo repertorio sulle edizioni teatrali francesi del XVII e XVIII secolo conservate all'Archiginnasio, completa il suo precedente lavoro sulle traduzioni in italiano del teatro francese dello stesso periodo. Si impone dunque come specialista dei fenomeni relativi al "commercio culturale" fra Italia e Francia sotto l'Ancien Régime; è inoltre autrice, ad esempio, di un recente e importante articolo dedicato alle traduzioni italiane dei romanzi del vescovo di Belley, Jean-Pierre Camus, nel XVII secolo.

Con le opere teatrali in francese conservate all'Archiginnasio, abbiamo qualcosa che è allo stesso tempo studio esemplare e raro lavoro. Studio esemplare: per rimanere ai dati che ci fornisce l'autrice, ci sono 448 edizioni, 471 schede bibliografiche e più di mille opere teatrali che vengono repertoriate. La presentazione segue l'ordine alfabetico e le schede standardizzate indicano la collocazione dei volumi. Raro lavoro: la ricerca di opere teatrali nei cataloghi delle biblioteche è sempre problematica, poiché i cataloghi non coincidono assolutamente fra di loro né con le collezioni effettivamente presenti nei magazzini, poiché la classificazione sistematica non è mai assicurata in assoluto e soprattutto perché bisogna scovare gli opuscoli (le "unità bibliografiche" in linguaggio specialistico) fra raccolte di ogni tipo e, particolarmente, nelle raccolte di opere complete o di brani scelti. Infine, l'inventario non è tutto, bisogna ancora identificare le opere i cui autori non sono definiti, per non parlare degli errori, delle false attribuzioni, ecc. Anche se il catalogo non può essere certamente esaustivo, è evidente che ci dà in pratica l'insieme dei documenti in oggetto.

Una introduzione ricca e densa sfrutta in una quarantina di pagine lo schedario così costituito, privilegiandone vari aspetti principali. Il primo di questi, naturalmente, poggia sulla storia del teatro in quanto istituzione a Bologna, città che, dopo Venezia, è la prima ad avere inizialmente uno e poi diversi teatri pubblici intorno al 1640. Un altro aspetto affrontato da Daniela Camurri riguarda lo studio delle pratiche di lettura di questo teatro in francese, tanto che si trattasse di letture ad alta voce, notoriamente nei salotti, quanto di utilizzazione dei testi per lo studio nei collegi, oppure - come è ovvio - per la lettura strettamente privata. Beninteso, alcuni volumi sono entrati direttamente in una biblioteca privata e, per quanto questo voglia dire sul piano dell'affermazione di uno status sociale privilegiato, sono stati apparentemente poco letti. È evidente che l'esame sistematico delle caratteristiche degli esemplari ci darebbe, in questo caso, alcuni elementi di informazione molto importanti: alcuni esemplari, ad esempio, sono serviti da supporto per rappresentazioni teatrali, mentre altri non hanno lasciato il loro scaffale. L'indicazione dei formati, forse anche quella delle coperte e delle legature, darebbe un'informazione utile per questo aspetto. Ma, nel suo insieme, la domanda di letteratura francese è tale che, come è noto, vari "librai francesi" si installeranno a Bologna nel corso del XVIII secolo, sull'esempio di un Nicolas du Solier, di Baralli, di Bouville (un nome apparentemente della Normandia: si tratta probabilmente di un originario di Cotentin) o ancora di Guibert - un Guibert associato ai Bouchard di Firenze e di Livorno e parente dei Guibert di Torino.2

 

L'economia del libro

Uno storico del libro è più particolarmente sensibile a quanto pertiene l'economia del libro in senso lato, che si tratti del ruolo degli autori, del gioco in campo letterario, delle logiche della costruzione del libro, delle pratiche di lettura, del ruolo infine di quei professionisti e intermediari diversi che sono gli stampatori, i librai, coloro che diffondono, ecc. Soffermiamoci un attimo su questo ultimo punto; il lavoro della Camurri, grazie alla lista dei professionisti e grazie all'indice delle provenienze tipografiche dà la possibilità di tracciare le grandi linee di una geografia tipografica per certi aspetti originale: la "libreria francese" vista dall'esterno, quel commercio librario di cui Stendhal dirà più avanti che "Roma e [lui] non conoscono la letteratura francese se non per le edizioni belghe". In una certa misura, la situazione sembra paragonabile ai secoli XVII e XVIII.

Ciò che colpisce, innanzitutto, è la diversità delle provenienze: 32 luoghi di stampa, sparsi in tutta Europa, da Lisbona a Stoccolma, da Londra a Dresda, Lipsia e Berlino, una diversità quanto mai reale anche se, evidentemente, alcuni indirizzi sono falsi, a cominciare da quello di Pierre Marteau a Colonia e ad Amsterdam. Gli studi specialistici e i lavori sistematici di bibliografia consentirebbero forse di chiarire un certo numero di queste indicazioni fittizie. Daniel Droixhe ha dimostrato che bisogna attribuire a Liegi alcune edizioni pubblicate sotto nomi di luogo apparentemente affidabili.3 Dominique Varry fa lo stesso lavoro per Lione e, basandosi sullo studio del materiale tipografico, è stato in grado di attribuire ad alcuni torchi di quella città un certo numero di edizioni a prima vista parigine - fra l'altro di Montesquieu. Aggiungiamo che i librai del tempo non si lasciavano abbindolare: anche se un certo volume recava un indirizzo parigino, il librario lionese lo avrebbe iscritto nel proprio catalogo a stampa sotto l'indirizzo reale, conoscendo le abitudini e le pratiche tipografiche degli uni e degli altri e identificando quindi senza difficoltà la provenienza dei volumi che gli passavano per le mani.

 

Concentrazione parigina

Tuttavia questa "libreria" assai dispersa era allo stesso tempo fortemente concentrata. 239 edizioni sono di Parigi, città che domina dunque in larga misura il mercato. Ritroviamo fra i tipografi parigini tutti i grandi nomi che sono in testa alla professione, a cominciare dai Duchesne (Nicolas Bonaventure Duchesne e la vedova Duchesne), ma anche Ribou, Prault e i Cailleau, Briasson (editore del Nouveau théâtre italien nel 1733), senza dimenticare la dinastia dei Didot... André Charles Cailleau è sicuramente un uomo in vista, che si distingue, oltre che per la sua attività strettamente professionale, per la propria attività scrittoria: ad esempio, dà alle stampe uno Spectacle historique (compendio di storia universale) in due volumi (1764) e collabora con l'abbé Duclos per il Dictionnaire bibliographique des livres rares in quattro volumi (1790-1802).4 Inoltre, la sua attività di editore di opere teatrali arricchisce una strategia editoriale sfaccettata. Nicolas Bonaventure Duchesne, che sposerà la figlia di Cailleau e succederà al suo maestro, è l'editore di Madame de Graffigny (1747), di Caraccioli (1760), delle Pensées philosophiques di Hume in francese (1767, con un ritratto dell'autore eseguito da Cochin) e di numerose opere teatrali. Disponiamo di un bel catalogo della sua libreria, al quale sarebbe utilissimo fare riferimento. Non parliamo poi di Merlin "L'Enchenteur" [il Mago Merlino, ndt] caro a Voltaire, né dei Didot, né della dinastia dei Prault (apparentati con Boucher e che, a volte, pubblicano con l'indicazione fittizia di "Á la minutie")...

Il repertorio di Daniela Camurri mette ben in evidenza il ruolo di questi grandissimi librai parigini, vicini alla più alta società, alcuni di loro integrati nel gruppo dei filosofi e che sono all'origine tanto dell'editoria del XIX secolo quanto, per certa parte, del fermento degli intellettuali. Un modello a tutto tondo ci viene offerto da Charles-Joseph Panckoucke,5 ma si potrebbe pensare anche ad altri nomi a partire dal decennio 1760-1770. Questi professionisti si impongono come attori di primo piano nel campo letterario dei Lumi, il che ci porta logicamente al nuovo ruolo che sarà il loro all'epoca della "seconda rivoluzione del libro", della rivoluzione industriale e soprattutto a quella dell'editoria di massa e della diffusione mediatica.6 Di tutto questo, la Camurri ci dà una vivace illustrazione. Anche se si può pensare che alcuni degli indirizzi parigini siano in realtà fittizi, Parigi schiaccia la provincia francese e lo squilibrio tende ad accentuarsi: la seconda città per dimensione nel corpus è Lione, con 12 edizioni di cui solo 4 nel XVIII secolo e una sola posteriore al 1730 - ma per altro verso con una edizione del 1589, la più antica che compare nel repertorio (n. 282). Dopo Lione, troviamo Marsiglia (7 edizioni), Bordeaux (5), Montpellier, Rouen e Tolosa (una sola edizione per ciascuna di queste città).

 

La clandestinità

Succede che, come ci si poteva aspettare, le rotte commerciali - al di fuori di Parigi - presenti nel corpus delle opere teatrali siano quelle della clandestinità. Non meraviglia dunque la posizione di Avignone, terra francofona straniera isolata in mezzo al reame e uno dei maggiori centri di contraffazione. È il libraio Chambeau, di Avignone, che si pone come il principale fornitore dei nostri bolognesi. Se, curiosamente, non troviamo nulla che venga dalla Lorena, un altro principato francofono da lungo indipendente, i tre poli maggiori della contraffazione europea di libri francesi figurano ai primi posti nel repertorio:

1) L'Olanda e i "vecchi Paesi Bassi", con la città di Amsterdam (23 edizioni, alle quali bisognerebbe probabilmente aggiungere quelle di Arckstée e Merkus di Lipsia e sicuramente quella di Pierre Marteau di Colonia), L'Aja (16 edizioni), Bruxelles (6 edizioni) e Liegi (una edizione).7 Si nota il doppio indirizzo di Amsterdam (Desbordes) e di Mons (Gaspard Migeot)8 per le Ouvres di Racine nel 1702 (n. 359).

2) La Svizzera, con i quattro centri di Ginevra (7 edizioni), Yverdon (3 edizioni), Neuchâtel (3 edizioni) e Losanna (una edizione).

3) Londra, beninteso, con 7 edizioni. Sarebbe forse opportuno aggiungervi la città di Kehl, con l'edizione del "Voltaire" della Société littéraire typographique (n. 458).9

 

Francia Parigi 55,8% 62,1%
provincia 6,3%

"clandestinità" Avignone 19,2% 33,6%
Paesi Bassi 11,2%
Svizzera 1,6%
Londra 1,6%

altri paesi Italia 2,6% 4,2%
altre provenienze 1,6%

Ripartizione geografica dei titoli per grandi aree di provenienza (percentuali)

 

L'ultimo insieme riunisce le città europee che non appartengono ad alcuna delle nostre prime due aree geografiche e dalle quali provengono diverse edizioni: alcune città italiane, per prima cosa, con Parma (4 edizioni), Livorno (3), Cittadella, Firenze, Milano e Torino (una edizione per ciascuna città). La Germania fornisce un certo numero di volumi, sotto Lipsia (2 edizioni), Berlino, Colonia,10 Dresda e Vienna (una edizione). Bisogna aggiungere a questo insieme le città di Lisbona e Stoccolma. In totale, otteniamo una buona istantanea dell'attività di stampa e dei rapporti di forza esistenti nel mondo della produzione libraria in Europa. Bisognerebbe estendere lo studio affrontando i problemi posti dall'evoluzione della congiuntura: flessione dei titoli, eventuali spostamenti nella geografia della produzione da un periodo all'altro, ecc. Si potrebbe anche pensare di incrociare i dati messi a disposizione con quelli relativi alla natura dei testi - ad esempio a seconda che si tratti di autori più o meno contemporanei. È assai probabile, come sottolinea la stessa Camurri, che questa congiuntura si snodi di pari passo con quella del teatro degli Italiani di Parigi, in particolare al momento della chiusura dell'Hôtel de Bourgogne nel 1697, poi con la riapertura della Comédie Italienne nel 1716, l'anno che segue la morte del Re Sole.

 

Qualche traccia

Il lavoro di Daniela Camurri si conclude con un ultimo studio, tanto più prezioso quanto raramente intrapreso, che si fonda sulle provenienze. In effetti, la storia di una biblioteca, soprattutto se inquadrata nella prospettiva di uno studio sull'interculturalità, non ha pienamente senso se non con i mezzi per realizzare una sorta di archeologia delle collezioni. Fra queste, all'Archiginnasio spicca la collezione Rusconi, affascinante per la sua ricchezza: a fianco dei 23 volumi di raccolte di opere teatrali (che raccolgono 252 titoli del corpus), vi troviamo in effetti 3.542 titoli a carattere letterario o artistico dei secoli XVI-XIX, oltre a un centinaio di incunaboli e 59 manoscritti. La statistica delle provenienze ci introduce dunque a uno studio della bibliofilia erudita, delle sue scelte e delle sue pratiche, studio che la Camurri non può che tratteggiare, ma che sarebbe particolarmente utile sviluppare.

Il corpus del "teatro francese" potrebbe essere interrogato per altri aspetti comuni quali, ad esempio, la tipologia dei volumi. Certi titoli sono conservati sotto forma di opere sciolte, a volta vendute in occasione delle rappresentazioni: ad esempio L'heureux événement... di Armand-Derozée, data a Parigi, presso Jorry e a Versailles, "alla sala dello spettacolo" nel 1752 (scheda n. 14). In altri casi, si tratta di opere complete, come la teoria delle edizioni di Racine, Voltaire o, ancora, Rousseau, queste ultime soprattutto al tempo della Rivoluzione.11 In altri casi ancora si tratta di collezioni quali, ad esempio, quella del Théâtre français (scheda n. 428): forse ancora più che per le produzioni di "Opere complete", interviene qui il concetto di operazioni commerciali in campo librario, ma operazioni che parlano anche delle pratiche di lettura e del processo di canonizzazione letteraria in corso o meno.

Un'altra traccia di ricerca porterebbe alla tipologia dei testi e, ad esempio, allo spazio lasciato o meno alla musica. L'editoria musicale è la specialità dei Ballard, stampatori del re per la musica, ma ariette e strofe di canzone si ritrovano anche all'interno di numerosi titoli teatrali pubblicati a Parigi da Duchesne oppure ad Avignone. Oltre al problema della musica, il lavoro di Daniela Camurri darebbe anche la possibilità di uno studio sistematico della tipologia dei testi, dalle opere di circostanza all'opera comica, alla tragedia... Aggiungiamo che questa tipologia delle opere teatrali si coniuga naturalmente con la tipologia degli autori, tipologia evidentemente molto ricca tanto per l'ampiezza quanto per la ricchezza stessa che caratterizza il periodo preso in esame (dal 1600 al 1800).12 La crescente varietà del "piccolo mondo" degli autori è stata descritta, come si sa, in chiave ironica da Louis-Sébastien Mercier, dal "classico" all'autore di successo, dall'autore propriamente detto all'autore di circostanza, all'adattatore, al traduttore oppure ancora al paroliere incaricato di accompagnare la musica. Il tomo II del Théâtre français stampato a Lione nel 1780 introduce poi il concetto, curioso ai nostri occhi, di "riparatore" con il titolo Sophonisbe, "tragedia di Mairet nuovamente riparata da Voltaire" (n. 428). Un'analisi diacronica della tipologia dell'autore di teatro attraverso il corpus proposto dalla Camurri permetterebbe anche di precisare il rapporto fra gli "antichi" (un Esopo trasposto in commedia nel 1706 e 1708, n. 42 e 43, oppure ancora Ėsope au collège, n. 166, nel 1764) e i "moderni" prima e dopo lo snodo costituito dalla "Querelle".

Altre strade meriterebbero di essere esplorate, particolarmente quelle relative alla costruzione del libro e all'impaginato. Pochi campi, effettivamente, si prestano meglio del teatro a sviluppare questo tipo di problematiche: l'impaginato sarà radicalmente diverso a seconda che si tratti di opere in versi o in prosa, che siano suddivise o meno in atti, scene, quadri, che vi si precisino o meno il nome dei personaggi, i cambi di scena ecc., che il volume sia venduto o meno in occasione della rappresentazione, che sia illustrato (attraverso un frontespizio, una o più incisioni) o meno, ecc.

Lo sfruttamento sistematico del corpus bolognese presupporrebbe, tuttavia, il determinare in via preliminare la sua rappresentatività nei confronti della produzione d'insieme del "teatro francese" dei secoli XVII e XVIII: potrebbe funzionare come sondaggio rappresentativo di una produzione di insieme? In ogni modo, ecco uno strumento prezioso che si basa su un campo troppo spesso negletto (ed ugualmente negletto dai catalogatori) e del quale l'Archiginnasio conserva un insieme eccezionale. Non possiamo che essere riconoscenti nei confronti dell'autrice, per avere reso accessibile ai fini della ricerca l'insieme di questi fondi e per averci dato una nuova occasione di verificare la celebre affermazione di Anatole France secondo cui la lettura di un catalogo bibliografico è la più interessante che ci sia (Le Crime de Silvestre Bonnard).

[traduzione a cura di Margherita Spinazzola, IBC]

 

Note

(1) D. Camurri, Archiginnasio: altri scenari di Francia. Opere teatrali francesi dei secoli XVII e XVIII alla Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna, Bologna, Pàtron editore, 2004 ("Emilia Romagna Biblioteche Archivi", 50).

(2) Su questi personaggi, si veda R. Pasta, Hommes du livre et diffusion du livre français à Florence au XVIIIe siècle, in L'Europe du livre: réseau et pratiques du négoce de librairie, XVIe-XIXe siècles, Paris, Klincksieck, 1996, pp. 99-135. Sul commercio librario bolognese del periodo, si veda Produzione e circolazione libraria a Bologna nel settecento..., Bologna, Istituto per la storia di Bologna, 1987.

(3) D. Droixhe,  Elle me coûte dix mille écus. La contrefaçon des ouvres de Molière offerte par l'imprimeur Bassompierre à Marmontel, "Revue française d'histoire du livre", 2002, 114-115, pp. 125-164.

(4) S. Juratic, Du livre à l'écriture: libraires-auteurs à l'âge des Lumières en France, "Revue française d'histoire du livre", 2002, 114-115, pp. 181-204.

(5) Cfr. F. Barbier, Lumières du Nord: imprimeurs, libraires et "gens du livre" dans le Nord au XVIIIe siècle (1701-1789). Dictionnaire prosographique, Genève, Droz, 2002, pp. 404-412 (reca la bibliografia e le fonti complementari).

(6) Les Trois révolutions du livre. Actes du colloque international de Lyon/Villeurbanne (1988), Genève, Droz, 2001 ("Revue française d'histoire du livre", 106-109).

(7) Numeri ai quali bisogna aggiungere l'edizione olandese catalogata al n. 306.

(8) G. Migeot (1640-1703), conosciuto soprattutto come attivo giansenista e libraio del "Nouveau Testament de Mons" (1667).

(9) S. Tucoo-Chala, Charles-Joseph Panckoucke et la librairie française..., Pau, Paris, Marimpouey, 1977. Si veda anche Histoire de l'édition française, t. II, 1ère éd., Paris, Promodis, 1984, p. 310.

(10) Indicazione fittizia (Pierre Marteau).

(11) A proposito della "Collection complète" delle opere di Jean Jacques Rousseau, si veda R. Birn, Por le bien-être de la veuve et l'honneur de la mémoire de notre ami: la "Collection complète" des Ouvres de Jean Jacques Rousseau, in  L'Europe et le livre: réseaux et pratiques du négoce de librairie, XVIe-XIXe siècles, Paris, Klincksieck, 1996, pp. 383-398.

(12) Per questo periodo si veda naturalmente il documento costituito dalla Lettre modérée sur la chute et la critique du Barbier de Séville (n. 22).

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