Rivista "IBC" XII, 2004, 4

Dossier: Per qualche riga in più - Quando le istituzioni comunicano i beni culturali

biblioteche e archivi, dossier /

Lo "Stato" delle biblioteche

Francesco Sicilia
[già direttore generale per i beni librari e le istituzioni culturali del Ministero per i beni e le attività culturali]

Il rapporto tra comunicazione ed economia dei beni culturali tra pubblico e privato è oggi un elemento centrale nella politica culturale del Paese. Prima di entrare nel tema vorrei sottolineare che i principi dell'economia e della comunicazione sono ambiti complementari che, di fatto, regolano l'intera programmazione delle nostre attività. Oggi operare in favore del patrimonio significa infatti:

- svolgere un'azione di servizio finalizzata alla tutela, alla valorizzazione e alla promozione del patrimonio per rispondere all'essenziale funzione di favorirne la fruizione da parte della collettività;

gestire il patrimonio secondo criteri di efficacia ed efficienza, creando redditività, programmando le iniziative con una visione di mercato, stimolando la collaborazione tra le istituzioni coinvolte nel sistema-cultura e con il privato.

In questo senso, la cultura è una risorsa strategica e un fattore di sviluppo economico per le ampie potenzialità di indotto ad essa collegate.

Con tale indirizzi, l'Amministrazione statale negli ultimi anni ha compiuto passi veramente significativi, supportata anche dall'evoluzione della normativa che ha posto in essere strumenti legislativi adeguati a rendere più dinamica e redditiva la propria attività: penso, solo per citare alcuni esempi, alla legge n. 4 del 14 gennaio 1993, detta legge "Ronchey", al decreto legislativo n. 368 del 20 ottobre 1998, istitutivo del Ministero per i beni e le attività culturali, alla legge sulla defiscalizzazione dei contributi privati per progetti culturali (gli articoli 38 e 37 della legge n. 342 del 21 novembre 2000, più nota come "Collegato alle legge finanziaria", e il successivo decreto ministeriale dell'11 aprile 2001 ma anche, nel settore degli istituti culturali, alla legge n. 534 del 17 ottobre 1996, relativa alle "Nuove norme per l'erogazione di contributi statali alle istituzioni culturali".

Gli organi di stampa hanno inoltre dato nei giorni scorsi la notizia della riorganizzazione del Ministero, le cui linee prevedono, tra l'altro, un mutamento dell'intero organigramma ed un'apertura sempre più accentuata alla partecipazione da parte del privato, con la creazione, ad esempio, di fondazioni per la gestione dei musei di cui faranno parte amministrazioni regionali e locali, fondazioni bancarie, privati. In questo senso si raccolgono oggi gli esiti determinati, a partire dagli anni Ottanta, dal coinvolgimento del privato nel settore dei beni culturali; coinvolgimento progressivo, costante, ancora perfettibile, ma che ha permesso di conseguire importanti risultati soprattutto nel campo della promozione, dell'implementazione del patrimonio, della diffusione della cultura, con effetti positivi e direi con un mutuo arricchimento nel campo della "cultura d'impresa per la Cultura".

Con tali indirizzi l'ottimizzazione dei rapporti tra pubblico e privato è stata determinata dalla capacità di comunicare le iniziative e i progetti comuni secondo il principio che ogni istituzione od organizzazione che opera per la collettività, sia essa erogatrice di servizi o di prodotti, oggi deve necessariamente potere e sapere comunicare e diffondere esiti e ragioni delle proprie attività. La comunicazione è una voce essenziale dell'attività culturale; essa merita attenzione e risorse poiché proprio dalla capacità di veicolare informazioni sulle iniziative e sui progetti dipende la diffusione presso la collettività dei servizi, e quindi il successo e il raggiungimento di quei risultati economici in grado di stimolare nuovi investimenti privati.

A mio avviso l'evoluzione delle biblioteche statali costituisce una concreta testimonianza della crescita in termini economici e "di immagine" dei beni culturali: in questi ultimi anni esse hanno confermato i loro compiti essenziali per la tutela e la valorizzazione del patrimonio bibliografico, ma hanno anche modificato funzioni e identità, sotto la spinta degli indirizzi internazionali, nell'ambito della creazione della società dell'informazione e della conoscenza.

In contrasto con un'immagine tradizionale e con una percezione sociale statica e desueta, le biblioteche, direi l'intero sistema bibliotecario italiano, sono oggi elementi attivi e dinamici del panorama culturale, in diverse direzioni:

- poli informativi di primaria importanza per la collettività, con specifici compiti e funzioni nel contesto europeo ed internazionale;

- centri applicativi di innovazione tecnologica per l'informazione e la conoscenza, con un valore aggiunto determinante per rispondere al bisogno di accesso alle fonti e per l'aggiornamento dei cittadini-utenti;

- protagoniste di un processo di riqualificazione e di ottimizzazione dei criteri gestionali, organizzativi e dei servizi finalizzati alla razionalizzazione dell'azione pubblica ed al raggiungimento di alti standard di qualità nel settore.

Tale evoluzione è stata il frutto anche di un'attenta politica economica che ha utilizzato fondi ordinari ma che ha aperto vie per reperire ulteriori fonti di finanziamento: mi riferisco, in particolare,

- all'accesso ai fondi comunitari per realizzare progetti caratterizzati da un alto grado di innovazione tecnologica a livello internazionale. Fin dagli anni Novanta l'Italia ha compiuto passi importanti, partecipando con successo alle iniziative comunitarie, che hanno contribuito, da un lato, al reperimento di risorse aggiuntive e, dall'altro, a maturare una cultura manageriale ("Rinascimento virtuale" e "Minerva");

- al rafforzamento della collaborazione con il privato modulando la programmazione di iniziative di tutela, di conservazione, di valorizzazione e di promozione, in funzione anche delle aspettative di eventuali partner privati e secondo strategie di marketing.

L'apertura di un nuovo servizio al pubblico, il restauro o l'acquisto di un bene raro e di pregio, la realizzazione di una mostra, la pubblicazione di prodotti editoriali anche elettronici, la stessa partecipazione a progetti di innovazione tecnologica, rappresentano altrettante opportunità di collaborazione pubblico- privato con ritorni anche in termini di mercato e di riconoscimento sociale da parte della collettività per servizi di pubblica utilità. Un positivo incoraggiamento per favorire erogazioni per progetti culturali da parte delle imprese è oggi rappresentato dalle opportunità offerte dall'articolo 38 della legge n. 342 del 2000 e dal decreto ministeriale dell'11 aprile 2001, che regolano le modalità e i criteri per la defiscalizzazione delle risorse messe a disposizione della cultura e dello spettacolo.

Tali provvedimenti hanno dato un importante contributo allo sviluppo della collaborazione con il privato e hanno fatto tesoro di esperienze avviate all'estero, e in particolare nel mondo anglosassone e americano, creando i presupposti per un significativo allargamento degli interessi delle imprese, ad ogni livello, nei beni culturali. È evidente tuttavia la necessità di migliorare anche l'azione comunicativa per equilibrare la distribuzione degli interventi in tutti i diversi settori di competenza, ove si pensi che nel 2001 gli investimenti privati hanno raggiunto i 17 milioni di euro ed hanno prediletto lo spettacolo, che ha ricevuto il 62,6% dei finanziamenti.

Pur con alcune correzioni è necessario continuare su questa strada: essa consente di superare le difficoltà derivanti dall'esiguità degli stanziamenti in bilancio, che registrano peraltro costanti tagli: il budget del Ministero corrisponde oggi a meno dello 0,18% del prodotto interno lordo, uno stanziamento assolutamente inadeguato a conservare, tutelare e promuovere un patrimonio composito e unico quale quello italiano. La situazione è aggravata dal fatto che il bilancio è ancora organizzato per capitoli e non per budget, così da non permettere ai diversi centri di responsabilità quella flessibilità dell'azione amministrativa richiesta da adeguati criteri gestionali. Solo rendendo sempre più funzionale ed equilibrato il meccanismo di incentivazione degli investimenti nel settore pubblico, il connubio pubblico-privato nei beni culturali, e in particolare nelle biblioteche ed anche nelle istituzioni culturali, troverà una sempre maggiore articolazione di interventi.

L'intero processo deve svolgersi nel rispetto delle leggi di mercato: incentivare gli investimenti privati in cultura deve avere, come effetto indotto,

- il sostegno alla realizzazione di progetti strutturali con ricadute permanenti nel territorio; penso a questo proposito all'importante realizzazione della Mediateca di Santa Teresa di Milano [la struttura è stata inaugurata il 13 giugno 2003: www.mediabrera.it, ndr];

- la creazione di nuova occupazione a seguito di attività culturali rese possibili dalle erogazioni stesse (ad esempio, progetti di catalogazione), con la previsione di assunzioni di collaboratori e di pagamenti di beni e servizi a terzi;

- la realizzazione di iniziative di promozione che possano avere ampie ricadute in termini di prodotti e di servizi; penso, solo per citare un esempio, alla recente partecipazione della Cassa di risparmio di Firenze che in occasione del semestre di presidenza italiana della Unione europea permetterà di realizzare presso la Biblioteca nazionale centrale una mostra sul libro d'arte del Fondo Bertini, con i prodotti derivati, unitamente a un laboratorio permanente per i giovani delle scuole elementari e medie della città [la mostra, ">Figurare la parola: editoria e avanguardie artistiche del Novecento nella Collezione Bertini", si è tenuta dal 17 ottobre 2003 al 18 aprile 2004: www.bncf.firenze.sbn.it/notizie/testi/fondobertini.htm, ndr].

Un ulteriore passo in avanti verso il posizionamento delle biblioteche sul mercato, finalizzato a nuove forme di integrazione pubblico-privato è rappresentato dalle prospettive aperte dalla promozione di servizi di rete con valore aggiunto offerti a pagamento, quali, ad esempio, la ricerca e l'erogazione di servizi informativi in rete destinati a specifiche aree della società civile ed economica, nonché lo sfruttamento delle banche dati digitali, le cui modalità applicative saranno oggetto di approfondimento da parte del comitato guida della Biblioteca digitale italiana nell'immediato futuro.

Si devono aggiungere inoltre le opportunità relative alla gestione e all'aggiornamento del portale delle biblioteche italiane nonché il potenziamento della collaborazione nel settore editoriale, non solo per la pubblicazione di testi, ricerche, atti, cataloghi di mostre e CD ROM, ma anche per la realizzazione di collezioni di facsimili di esemplari rari e di pregio, già oggetto di una proficua collaborazione con l'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato.

Il privato può dunque superare la tradizionale pratica della sponsorizzazione occasionale per impegnarsi nell'area culturale in progetti a lungo termine, offrendo un importante contributo alle risorse ordinarie del Ministero. A tal fine è necessario un impegno nella comunicazione delle biblioteche a supporto dei servizi, dei progetti e degli interessi di cui esse sono portatrici, per proporre ai diversi ambiti del mercato l'ampio spettro delle opportunità offerte e per stimolare l'allargamento della domanda di partecipazione al settore.

In primo luogo è stato più volte sostenuto che oggi fare il bibliotecario significa fare il comunicatore non secondo un'attribuzione generica ma per riunire conoscenze professionali di due mestieri per lungo tempo separati. Essere comunicatori significa infatti essere un responsabile competente degli accessi alla cultura e rispondere altresì adeguatamente al portato della legge n. 150 del 7 giugno 2000 che disciplina le attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni. In secondo luogo, la comunicazione delle biblioteche deve poter contare su una maggiore attenzione degli organi di stampa e radiotelevisivi, e comportare una corretta opera di marketing che sappia indirizzare e valorizzare la capacità produttiva, la competenza del personale, l'efficienza organizzativa e tecnologica e promuovere sul mercato le proprie attività.

All'inizio del mio intervento ho chiarito che la cultura è una risorsa strategica e un fattore di sviluppo: economia e comunicazione sono ambiti interagenti e complementari e come tali hanno costi di gestione che attualmente il settore pubblico può affrontare solo attraverso la collaborazione con il privato. La cultura non è un magnifico lusso ma una risorsa per produrre valore, e quindi ricchezza, e solo attraverso una consapevole integrazione tra pubblico e privato le biblioteche potranno liberare le proprie potenzialità nei processi di sviluppo sociale ed economico del Paese, come beni primari per la crescita e la formazione culturale della società ma anche come risorse economiche produttive di reddito e di occupazione.

L'auspicio è che, dopo le esperienze acquisite, siano ormai maturi i tempi affinché le sinergie tra le varie istituzioni pubbliche e il privato possano contribuire a costruire un sistema che consenta alle professionalità che operano nel settore di inserirsi sempre più compiutamente nel mercato con un adeguamento ottimale alle aspettative dei giovani ed alle esigenze della collettività, e che fornisca al Paese nuove risorse per il futuro.

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