Rivista "IBC" XII, 2004, 4
musei e beni culturali / didattica, restauri
Il progressivo quanto inevitabile degrado di un dipinto è causato da più fattori concomitanti, alcuni legati all'ambiente esterno, altri invece che afferiscono direttamente alla materialità costitutiva del dipinto e, nel caso di una pittura murale, alla muratura che ne costituisce il supporto. Si comprende come sia proprio il supporto, che nel dipinto murale coincide con la struttura architettonica, a determinare le vicende conservative del dipinto. Esistono tuttavia innumerevoli casi in cui affreschi, decori e finiture di antichi edifici storici, celati da scialbature, tinteggi o intonaci più recenti, sopravvivono come "tesori nascosti" nel muro. In questa situazione il restauro architettonico assume ulteriore valenza di conoscenza e di interessante "riscoperta" di quanto ancora celato sulle murature. Al tempo stesso, però, l'imprevisto emergere di decori e dipinti murali può rappresentare per gli addetti ai lavori un ostacolo al normale andamento delle attività di cantiere.
La Fondazione Cesare Gnudi, con il patrocinio dell'Istituto regionale per i beni culturali, dell'Ordine degli architetti e della Facoltà di architettura dell'Università di Bologna ha organizzato nel maggio 2004 la prima edizione del corso "Quando il muro nasconde l'affresco. Prassi nella conservazione e restauro dei dipinti murali ritrovati". La Fondazione, infatti, nasce non solo come importante istituto di diagnostica, ma anche come luogo di formazione, in grado di fornire mediante attività didattiche validi strumenti per la salvaguardia dei beni culturali. Le tematiche del corso affrontate da studiosi della materia hanno fornito concetti utili e pratici per comprendere le problematiche riguardanti la corretta definizione di pittura murale, l'importanza della diagnostica e della documentazione conservativa, quali strumenti indispensabili nella pratica del restauro. La trattazione delle normative vigenti nel campo di beni culturali ha permesso di chiarire le responsabilità delle diverse figure professionali nell'ambito dell'attività di cantiere, nonché le limitazioni dell'intervento su beni sottoposti a vincolo.
Sino ad oggi tutte le pitture murali sono state classificate come affreschi o tempere a secco: una distinzione generica e inadeguata per la quale Cristina N. Gradin, storica dell'arte e restauratrice, sottolinea la necessità di rivedere il concetto di affresco, valutando la compresenza della tempera organica (non esclusivamente a secco), fino al riconoscimento di tutte quelle varianti tecniche come il falso fresco, il mezzo fresco, la pittura a calce, la tempera ausiliare, ecc. Conoscere le tecniche d'esecuzione, i materiali impiegati, significa comprendere e identificare i fattori e le cause che hanno innescato i processi di degrado. Nell'affrontare l'argomento il direttore della Fondazione Gnudi, Andrea Rattazzi, evidenzia come si sia erroneamente portati a concentrarsi quasi esclusivamente sulla pellicola pittorica che, sebbene rappresenti la parte più interessante dal punto di vista storico-artistico, perde di rilevanza a favore degli strati più interni del manufatto (muratura, intonaco, ecc.), rispetto ai principali fattori che concorrono al degrado e di conseguenza alla durabilità della pittura stessa. Bisogna valutare i fattori ambientali a causa dei quali, osserva l'architetto Antonio G. Stevan, il comportamento termico e igrometrico della muratura determina variazioni di umidità e temperatura degli strati superficiali (intonaci e pittura). Queste variazioni associate alle azioni degli inquinanti atmosferici sono le principali cause del degrado della pittura.
Nella pratica si lamenta la discrezionalità di cui soffre la documentazione grafica degli interventi di restauro, quando ormai tutti gli sforzi dovrebbero essere rivolti alla formulazione di un idoneo sistema normalizzato. L'architetto conservatore Daniela Maisano sottolinea come il documento Uni-Normal 1/88 "Alterazioni macroscopiche dei materiali lapidei" sia solo in parte adattabile per la formulazione di mappature tematiche di un dipinto murale e, precisa la necessità di unificare il linguaggio all'interno di un'equipe, affinché di volta in volta si possano identificare e codificare, attraverso un numero aggiuntivo di termini, i diversi aspetti di un affresco. Gli interventi dell'architetto Stefano Zironi, presidente dell'Ordine degli architetti di Bologna, e dell'architetto Stefano Campagna, libero professionista, prendendo in esame casi concreti hanno messo in evidenza la singolarità di ogni cantiere attraverso le diverse metodologie d'intervento. Storie di muri che nascondono un tesoro: di una lunetta dipinta ad olio sul muro rinvenuta durante il restauro conservativo della facciata e del Portico di Palazzo Guardini di Bologna; di un affresco restaurato raffigurante L'ultima Cena a San Giovanni in Persiceto.
L'architetto Gianfranca Rainone, funzionario della Soprintendenza al patrimonio storico, artistico e demoetnoantropologico, ha fornito dei chiarimenti utili sulla documentazione necessaria per l'approvazione di progetti di restauro su immobili di interesse storico-artistico, illustrando con significativi dibattiti la nuova normativa per i beni architettonici e il paesaggio. Notevole interesse hanno suscitato i workshop teorico-pratici, nei quali la restauratrice Cinzia Orlandi ha mostrato, all'interno dei laboratori didattici della Fondazione Gnudi, le diverse tecniche di pittura murale, di scopertura dell'affresco e di prassi conservativa, e nei i quali i partecipanti hanno condotto un'esperienza diretta di esecuzione di affresco, sperimentando concretamente quanto appreso in teoria.
Nel gennaio del 2005 la Fondazione Cesare Gnudi propone la seconda edizione del corso; successivamente verranno attivati alcuni moduli di livello avanzato, articolati in momenti di studio presso i laboratori scientifici dello stesso istituto e in esperienze pratiche in cantieri di restauro. Per maggiori informazioni si può consultare il sito web alla pagina www.fondazionegnudi.org/didattica.htm.
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