Rivista "IBC" XII, 2004, 4
musei e beni culturali / mostre e rassegne
Ha scritto di recente Sandro Parmiggiani, curatore delle attività espositive di Palazzo Magnani di Reggio Emilia: "Abbiamo dedicato mostre ad alcuni dei protagonisti della fotografia moderna, tra cui Eugene Smith, e presentato esposizioni quali 'Memoria dei Campi' o 'Li Zhensheng, l'odissea di un fotografo cinese nella Rivoluzione culturale' [... per] riaffermare la convinzione che le proposte espositive sono un momento inscindibile di arricchimento culturale e di consapevolezza civile". Per gli appuntamenti citati e per l'ultimo, "James Nachtwey, fotografo di guerra", visibile fino al 16 gennaio 2005, si può davvero parlare di "consapevolezza civile" e di un tentativo di accrescere l'attenzione dei visitatori su temi che si tende a dimenticare, perché la televisione trasmette immagini sempre più "neutre" oppure perché la grande potenza della parola scritta è maggiore se affiancata da fotografie in presa diretta degli eventi.
Visitando in questi ultimi mesi le sale espositive di corso Garibaldi, gli amanti del fotogiornalismo (disciplina non ancora morta nonostante le prefiche imperanti) si sono trovati a ripercorrere, come in una moderna Via Crucis, le tappe delle guerre degli ultimi vent'anni attraverso le foto di Nachtwey. Un autore che si può definire l'erede di Robert Capa per quella sua capacità di scattare nel momento in cui per una frazione di secondo si comprende che quell'immagine racconterà meglio di altre la realtà che sta documentando.
Americano, nato nello stato di New York nel 1948, Nachtwey inizia l'attività di fotografo di guerra nel 1981 in Irlanda, all'epoca dello sciopero della fame di alcuni militanti della Irish Republican Army, e da allora ha realizzato reportage in El Salvador, Nicaragua, Gautemala, Libano, Israele, Indonesia, Thailandia, India, Sri Lanka, Afghanistan, Filippine, Corea, Africa, Russia, Cecenia, ex Jugoslavia, Romania, Iraq e perfino Stati Uniti (era a New York l'11 settembre 2001), sempre ben attento a "registrare la storia attraverso il destino degli individui". La tensione morale che sottende le sue immagini si radica nella memoria e i contenuti, spesso così tragici, a volte fanno volgere lo sguardo altrove. In questo modo si evidenzia tutta la forza della fotografia, che se purtroppo non ha il potere di fermarle, le guerre, ha almeno quello di testimoniare l'umanità sofferente che potrebbe essere deterrente al conflitto armato stesso.
L'ente espositivo della Provincia reggiana ( www.palazzomagnani.it), come si diceva, ha inaugurato questa via al fotogiornalismo nel 1999 con l'appuntamento dedicato a Eugene Smith (1918-1978), presentando un profilo completo dell'attività dell'autore americano noto per reportage come Villaggio spagnolo, Haiti o Minimata. Di ampio impatto sono state anche le mostre dedicate nel 2002 alle foto provenienti dai campi di concentramento nazisti della Seconda guerra mondiale, e lo scorso anno al cinese Li Zhensheng. Quest'ultima ha rievocato, attraverso centinaia di scatti, l'odissea del fotografo che ha documentato il fallito tentativo di uniformare le vite degli uomini con la Rivoluzione culturale cinese (1966-1976): le immagini mostrano dignità calpestate, falsi miti, sopraffazioni e altre sofferenze di un popolo con cui oggi, volenti o nolenti, dobbiamo fare i conti.
"James Nachtwey, fotografo di guerra", Reggio Emilia, Palazzo Magnani, 17
ottobre 2004 - 16 gennaio 2005.
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