Rivista "IBC" XII, 2004, 4

musei e beni culturali / immagini

Luoghi di rivelazioni e disvelamenti, le stanze in cui l'arte si sostanzia in opere sono testimoni mute di apprendistati estetici e di tramandi culturali. Abbiamo chiesto ad alcuni fotografi di varcarne le soglie.
Nello studio dell'artista

Vittorio Ferorelli
[IBC]

Le stanze in cui nascono le opere dell'arte sono da sempre considerate una arcana residenza del mistero. Oltrepassarne le soglie richiede il rispetto di chi sa di avere ottenuto un privilegio: lo stesso lasciapassare guadagnato dai tanti che nei secoli, per iniziarsi alla scuola della creazione, sono andati a bottega. Luogo di rivelazioni e disvelamenti, lo studio di un artista diventa così il testimone muto di apprendistati estetici e di tramandi culturali: come accade al Narratore della Recherche proustiana, incantato dalle parole del pittore Elstir e dalle opere esposte nel suo atelier. E non è un caso che proprio da queste stanze prenda le mosse la storia di molti personaggi letterari votati alla conoscenza di sé, o destinati ad imporla ad altri: basti pensare al Dorian Gray di Wilde, o alla Lulu di Wedekind.

Le immagini di questo numero raccontano dunque la visita di diversi fotografi negli studi di alcuni artisti della nostra regione. Bruno Ferri è entrato nelle case di Francesco Verlicchi a Ravenna, e di Giulio Ruffini a Mezzano (sempre nel Ravennate). Marcello Galvani ha ritratto Francesco Bocchini nella sua bottega di Gambettola (Forlì-Cesena). Pirro Cuniberti e Dante Mazza hanno aperto le porte dei propri atelier bolognesi all'obiettivo di Marco Pizzoli. Le immagini scattate da Andrea Samaritani registrano infine, e siamo di nuovo a Bologna, i gesti e gli oggetti quotidiani di Dino Boschi e di Norma Mascellani.

Guardando queste immagini la sensazione di respirare in un luogo e in un tempo sospesi rimane. Lo ha detto bene proprio un artista, Sandro Chia, che guardando i quadri di Klimt sulle pareti di un museo si sforzava di immaginarli nello studio in cui erano nati, prima di essere esposti, acquistati e consacrati: "Volentieri, quando mi capita, mi soffermo a osservare le foto degli studi degli artisti. Ho notato che si somigliano: tele appoggiate al muro o sui cavalletti in attesa di essere completate, tavoli coperti di tubi di colore, pennelli, tavolozze incrostate, libri, fogli di carta, disegni e sento l'odore di trementina che mi è familiare. È ricorrente quella certa atmosfera di ordine al limite del caos, la tensione mista a calma e quella strana atmosfera d'ozio, eppure di lavoro. Gli studi si somigliano, ma sono anche intercambiabili?".1


Nota

(1) S. Chia, Travestito da Gustav e col gatto in braccio, "Corriere della Sera", 13 aprile 2004, p. 34.

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