Rivista "IBC" XII, 2004, 4

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / editoriali

"Bene culturale" è un'espressione largamente imprecisa, che ha bisogno di essere sostanziata da casi concreti: l'attività dell'IBC ha cercato di corrispondere anche nel 2004 a questa esigenza, dando un senso propositivo alla ricorrenza dei suoi trenta anni di vita.
Un lavoro che continua

Ezio Raimondi
[italianista, presidente dell'IBC]

Si è detto più volte che il termine "bene culturale" è un'espressione largamente imprecisa, bisognosa di essere sostanziata di nitidi casi concreti. Il lavoro svolto dall'Istituto anche in quest'ultimo anno ha cercato di corrispondere con attenzione e tempestività a questa esigenza di un ponderato empirismo critico, dando un senso propositivo e insieme lucidamente pragmatico alla ricorrenza dei suoi trenta anni di attività. Così al convegno dedicato nello scorso maggio alle prospettive e alle contraddizioni scaturite dal nuovo Codice dei beni culturali e del paesaggio hanno fatto seguito coerente in novembre le giornate di studio per presentare e porre a confronto le esperienze, i metodi, gli strumenti e i servizi messi a punto, grazie all'innovazione tecnologica, a favore di chi opera per la conservazione avveduta del nostro patrimonio di civiltà e di chi desidera accedere alla conoscenza dei suoi connaturati valori.

Del resto anche l'incontro dello scorso anno con l'Istituto Gramsci Emilia-Romagna si proponeva di riflettere sul tema dell'accesso alla cultura, mettendo in giusto rapporto comunicazione ed economia dei beni culturali. E alcuni di quegli interventi formano ora il dossier di questo numero della rivista, che intende sottolineare come le istituzioni attendano all'impegno di comunicare e di informare sulle proprie attività, più che mai nell'intento di trasformare dei semplici utenti di notizie e dei frettolosi consumatori di eventi in cittadini criticamente informati e consapevoli, partecipi di una memoria comune.

Con questo stesso spirito il nostro Istituto dà vita a un concorso di scrittura intitolato "6000 caratteri per un museo", che diviene a un tempo una nuova occasione di conoscenza del patrimonio museale dell'Emilia-Romagna (ma chi, poi, veramente lo conosce?) e uno stimolo aggiunto allo spirito creativo, all'esercizio della sensibilità e dell'affabulazione, con particolare riguardo al mondo giovanile della scuola. Per questo l'iniziativa, programmata per il nuovo anno, si avvale anche della provvida collaborazione dell'Ufficio scolastico regionale e della Coop Adriatica.

E se, come crediamo, informare e divulgare la conoscenza del nostro ricco e multiforme patrimonio è tra le vocazioni fondative di questo Istituto, il riconoscimento attribuito alla nostra rivista con il premio nazionale "Cento alla stampa locale", nel corso dell'ultimo Salone della Comunicazione pubblica, suona come un invito consenziente a proseguire nella strada intrapresa. L'importante, comunque, è che comunicare significhi anche discutere, dibattere con chiarezza idee e soluzioni, introdurre nell'azione quotidiana l'entusiasmo di un progetto, la forza aggregante e formativa di quello che il sociologo definisce capitale sociale. Trenta anni di vita vogliono essere ricordati perché si diventi migliori.

 

 

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