Rivista "IBC" VIII, 2000, 3

Dossier: Musei in Emilia-Romagna

musei e beni culturali, dossier /

Ma l'Emilia è tutta un museo

Orlando Piraccini
[IBC]
"Quanti? Trecentosessantatre? No, non è possibile, qui bisogna fare qualcosa!", pare abbia sbottato Lorenza Davoli. A pochi mesi dalla fine del suo mandato, informata che l'Istituto per i beni culturali era in procinto di diffondere un repertorio generale dei musei dell'Emilia-Romagna, l'assessore regionale alla cultura telefonò al presidente Ezio Raimondi. "Sono tanti, tantissimi. Come si fa a gestire una situazione come questa. Ma davvero siete sicuri?". "Non ci sono dubbi. Le cose stanno proprio così", confermarono da via Farini. "Questa è la fotografia della realtà. Bisogna prenderne atto e con essa misurarsi". Sette mesi dopo: una copia della fotografia, ovvero la voluminosa pubblicazione su tutto quanto fa museo in Emilia e nella Romagna è sul tavolo dell'assessore Vera Negri Zamagni, accanto alle carte stampate con la nuova legge che il Consiglio regionale aveva appena fatto in tempo a varare in fine di legislatura. Un repertorio per conoscere e una normativa per operare. Sono questi gli strumenti oggi in possesso della Regione per la costruzione del Sistema. "Bisogna che i musei e tutte le risorse culturali di un luogo" - afferma il neoassessore - "siano messe in rete e coordinate".
Il Museo di Provincia
La nuova legge regionale affida la costruzione dei piani museali alle amministrazioni provinciali. Alle Province si chiede specialmente di affermarsi come capisaldi territoriali del sistema regionale, di diventare punti di coordinamento e centri di raccordo fra enti locali ed istituzioni museali. Meno controllo burocratico del territorio e una maggiore capacità di verifica e di progetto. Ma riusciranno i "Magnifici Nove" della provincia emiliana e romagnola a "mettere in rete" la realtà museale regionale? Quali e quanti strumenti, mezzi, uomini metteranno al servizio del sistema? Investiranno in proprio o, come avviene adesso, batteranno alle casse di via Aldo Moro? E metteranno, comunque, definitivamente in archivio la vecchia e tanto discussa pratica della distribuzione a pioggia delle risorse? Dubbi, incertezze anche sul cosiddetto peso contrattuale, quello che le amministrazioni provinciali sapranno mettere sul piatto della bilancia nel rapporto con le città capoluogo e con le loro principali istituzioni museali. Si svilupperanno le necessarie intese tra i palazzi delle Province e i grandi musei civici della regione emiliana per far sì che essi diventino poli d'attrazione e punti d'irraggiamento sui diversi ambiti comprensoriali? E come saranno misurati, entro comuni progetti di sistemi cittadini e territoriali, i rapporti con le istituzioni statali, con i musei delle università e quelli ecclesiastici, per non parlare delle fondazioni, delle banche, dei privati? Dalla vecchia Piacenza alla neonata Rimini, attendono gli amministratori provinciali impegni comunque diversi per entità e mole. Non è solo questione di numeri, ma un po' anche questo. Così, se tra città di Bologna, pianura e montagna, la capacità di intervento di Palazzo Malvezzi appare certamente consistente con una trentina di musei civici, comprese le grandi istituzioni di Piazza Maggiore e dintorni, a Parma la rete provinciale comprende per ora solo quindici istituti museali e appena dieci Comuni direttamente coinvolti nella costruzione del Sistema. Ci sono poi le Province di Reggio Emilia, con sedici punti museali, oltre al supermuseo di via Spallanzani nel capoluogo; di Modena, che in fatto di musei comunali supera addirittura Bologna, avendo come interlocutori ben ventidue amministrazioni locali; di Ferrara, coinvolta con undici musei di città e tredici sul territorio; di Ravenna con ventiquattro istituzioni, largamente concentrati nel capoluogo, a Faenza e nei piccoli centri sulla San Vitale; di Forlì e di Cesena, che insieme sovrintenderanno su oltre venti musei comunali; di Piacenza (dodici) e di Rimini (diciotto), sulle parti estreme della regione.
Quali sono, dove sono, di chi sono
È appunto uno schema "per Province" quello che caratterizza il repertorio generale dei musei in Emilia-Romagna, prodotto dall'IBC. Quali sono, dove sono, di chi sono i trecentossantatre istituti museali che, diviso per nove da Piacenza fino a Rimini, insieme formano la rete regionale? Per vederci più chiaro, all'interno di ogni capitolo provinciale dell'anagrafe museale, i vari soggetti sono raggruppati per ambiti comunali. Per ciascun Comune, poi, si propone un doppio livello di lettura sulla base sia delle effettive pertinenze giuridiche che delle aree tipologico-tematiche dei singoli istituti.
Prendiamo il caso di Piacenza e del suo territorio. Qui, ventitre musei interessano i Comuni di Bettola, Bobbio, Castell'Arquato, Gazzola, Lugagnano Val D'Arda, Monticelli d'Ongina, Piacenza, Pianello Val Tidone, Travo, Vigolzone, Villanova sull'Arda. Propongono arte in dieci, mentre quattro sono d'antichità, tre i musei storici, cinque tra tecnica, scienze e natura e demoantropologia. Con Villa Verdi a Sant'Agata di Villanova D'Arda è rappresentata anche la categoria delle cosiddette case-museo. Appartengono al demanio statale gli scavi di Velleia con il suo antiquarium, ma anche i castelli-museo di Bobbio e di Travo. Di pertinenza ecclesiastica sono il museo della Colleggiata di Castell'Arquato e quello Capitolare di Piacenza, oltre al celebre complesso alberoniano. E il privato? Cinque presenze, interessanti e originali, come nel caso del Museo di auto e moto d'epoca nei pressi del suggestivo borgo di Grizzano Visconti.
Dal territorio parmigiano, sostengono il Sistema, oltre al capoluogo, Bardi, Bedonia, Berceto, Busseto, Collecchio, Colorno, Compiano, Fidenza, Fontanellato, Langhirano, Neviano degli Arduini, Salsomaggiore, Soragna, Traversetolo, Zibello con trentasei punti museali. Undici per l'arte, quindici per scienza, tecnica, natura, storia dell'agricoltura e del lavoro, cinque case-museo, fra le quali quelle natali di Giuseppe Verdi a Busseto e di Arturo Toscanini a Parma, i rimanenti tra archeologici e storici-risorgimentali. Alla rete dei sedici musei comunali lo Stato aggrega un patrimonio di straordinaria importanza a Parma, tra Pilotta, complesso di San Paolo e Spezieria, ma anche con lo splendido castello di Torrechiara. Cinque sono gli istituti universitari che aprono al pubblico le loro raccolte storiche e naturalistiche, mentre di creatività contemporanea si occupa il Centro studi e archivio della comunicazione. Tra le titolarità private figura la Fondazione Magnani Rocca di Traversetolo.
In territorio reggiano (tra capoluogo, Boretto, Brescello, Canossa, Correggio, Gattatico, Gualtieri, Guastalla, Luzzara, Montecchio Emilia, Novellara, Poviglio, Rolo, San Martino in Rio), prevale la storia dell'arte con quattordici musei e le splendide raccolte cittadine di via Spallanzani. Cinque i nuclei archeologici, sei quelli demoantropologici. La casa-museo Cervi è tra i quattro musei che illustrano la storia risorgimentale e resistenziale. Figura tra le pertinenze private, ma, come altre in ambito regionale, in regime di convenzione con il pubblico, mentre è sotto tutela statale il castello di Canossa con il "Naborre Campanini".
Dopo Bologna, Modena è la più ricca di musei: ben cinquantaquattro nel capoluogo e nei territori di Bastiglia, Campogalliano, Carpi, Castelfranco Emilia, Castelvetro, Fanano, Finale Emilia, Fiorano Modenese, Fiumalbo, Formigine, Maranello, Marano sul Panaro, Mirandola, Montefiorino, Montese, Nonantola, Pavullo nel Frignano, Ravarino, San Felice sul Panaro, Sassuolo, Savignano sul Panaro, Sestola, Spilamberto, Vignola. Prevalgono i musei d'arte e quelli scientifici e della tecnica (tredici). Nove gli archeologici, otto i naturalistici, cinque quelli storici e risorgimentali. Galleria Estense da una parte e Museo storico dell'Accademia militare di Palazzo Ducale figurano fra le principali pertinenze dello Stato, accanto alla titolarità universitaria di ben sette raccolte naturalistiche e a quella privata; tra i nove musei aperti al pubblico, figurano quello della Ceramica di Fiorano Modenese e specialmente la Galleria Ferrari di Maranello.
Quarantacinque dei settantasei musei rilevati nella provincia di Bologna hanno sede nel capoluogo. Sono "in rete" Argelato, Bazzano, Bentivoglio, Budrio, Castel del Rio, Dozza Imolese, Imola, Lizzano in Belvedere, Marzabotto, Medicina, Monterenzio, Ozzano dell'Emilia, Pieve di Cento, San Giovanni in Persiceto, San Lazzaro di Savena, Sasso Marconi, Zola Predosa. Arte antica e moderna (ventinove), natura, scienza e tecnica (ventisette), antichità (otto), storia e demoantropologia (dieci) sono le aree tematiche più consistenti. Al complesso dei "civici", si aggiungono le pertinenze dello Stato (oltre alla Pinacoteca nazionale, il museo dell'Accademia di belle arti di Bologna e la città etrusca di Marzabotto), quelle universitarie (con le raccolte di Palazzo Poggi e almeno altre dodici raccolte attualmente aperte al pubblico), quelle ecclesiastiche (nove), quelle private (sei) o di altri enti (come per le Collezioni d'arte della Cassa di risparmio o dell'Azienda USL di Bologna).
Ferrara e la sua provincia vantano quarantadue musei distribuiti tra Argenta, Berra, Bondeno, Cento, Codigoro, Comacchio, Copparo, Mesola, Ostellato, Sant'Agostino, Vigarano Mainarda, Voghiera, ma più della metà riguardano la città estense. In sedici propongono arte, mentre quattordici si occupano di tecnica, scienza, natura e aspetti demoantropologici, sei riguardano l'antichità, quattro tematiche storiche varie fino a quelle riguardanti l'ebraismo. Lo Stato è presente ai Diamanti, a Casa Romei, a Palazzo Ludovico il Moro dove sono esposti i reperti di Spina. Per la serie grandi musei, Ferrara Comune risponde con le raccolte di Palazzo Massari. L'università apre al pubblico almeno quattro notevoli nuclei collezionistici scientifici e naturalistici. Per conto suo, la cattedrale propone Tura ed altre magnificenze.
Discrete concentrazioni a Ravenna (nove) e a Faenza (sei), ma la provincia ravennate vanta in tutto ben quarantadue musei, da Alfonsine a Bagnara di Romagna, Brisighella, Casola Valsenio, Castel Bolognese, Cervia, Cotignola, Lugo, Massa Lombarda e Russi. In numero uguale (dieci) sono quelli d'interesse artistico e quelli su natura e scienza. Tre le case-museo: Luigi Varoli a Cotignola, Vincenzo Monti ad Alfonsine, Alfredo Oriani al Cardello di Casola Valsenio. Un nazionale (effettivamente di pertinenza statale) a Ravenna, un internazionale (quello delle Ceramiche, ma di pertinenza civica) a Faenza: sono i due maggiori musei della provincia dove anche il neoclassico Palazzo Milzetti, a Faenza e la Villa Romana di Russi sono di titolarità statale e sei sono i nuclei ecclesiatici e privati.
Passando al forlivese e al cesenate, la mappa segnala trentasei musei che interessano i due capoluoghi e i comuni di Bagno di Romagna, Bertinoro, Borghi, Castrocaro Terme e Terra del Sole, Cesenatico, Forlimpopoli, Galeata, Longiano, Modigliana, Premilcuore, San Mauro Pascoli, Santa Sofia, Sarsina, Savignano sul Rubicone: tredici tra natura, scienza, tecnica e lavoro, dieci per l'arte, otto sull'archeologia, cinque storici, comprese le due case-museo di Marino Moretti a Cesenatico e di Giovanni Pascoli a San Mauro. Un nazionale (quello sarsinate), sei privati (a Longiano, quello recentissimo della Ghisa) o di fondazioni, vari ecclesiastici.
Distribuiti nei territori comunali di Bellaria-Igea Marina, Cattolica, Gemmano, Mondaino, Montefiore Conca, Montescudo, Riccione, Rimini, Saludecio, San Giovanni in Marignano, Santarcangelo di Romagna e Verucchio, la provincia più meridionale d'Emilia si propone con venticinque musei: cinque archeologici, sette artistici, sei naturalistici e scientifici, cinque demoantropologici, due storici. Alla rete civica concorrono due nuclei ecclesiastici ed altrettanti privati.
Ai Grandi Musei
"Mai visti tanti visitatori come negli ultimi mesi", dicono alla portineria della Pinacoteca nazionale di Bologna. E sugli ingressi volano numeri da capogiro (almeno rispetto a qualche tempo fa) anche alla Pilotta di Parma, ai Diamanti e a Palazzo Ludovico il Moro di Ferrara, all'Estense di Modena. Si va ai grandi musei, dove stanno i capolavori d'Emilia, i più rari cimeli dell'antichità opportunamente selezionati e propagandati dal mercato turistico culturale. Utenze misurate, invece, per certi nazionali di periferia. Capita nella Sarsina plautina che patrimoni straordinari, gemme rarissime, siano visti da pochi. In generale, più del museo - che sarà pure accogliente, avrà pure le sue brave visite guidate e tanto di ristoro e di punto shop, book o gift che sia - garantisce l'audience la chiara e pubblicizzata fama dei suoi tesori. Questo succede nelle reti metropolitane: a Bologna, nel Duemila della Cultura, pubblico da record per l'Archeologico, per il Civico medievale e specialmente per il Morandi di Palazzo d'Accursio. A Ferrara, mai vista tanta gente davanti a Boldini e ai de Pisis della reclamizzata Collezione Malamotta. E a Piacenza non solo i piacentini hanno riscoperto i fasti di palazzo Farnese e dintorni. A gestire le quote più facoltose del patrimomio culturale regionale è lo Stato, titolare delle quattro maggiori pinacoteche emiliane: Bologna (con la Pinacoteca nazionale e l'"appendice museale" di Palazzo Pepoli Campogrande), Modena (Galleria Estense), Parma (Pilotta più Complesso di San Paolo e l'antica Spezieria) e Ferrara (Palazzo dei Diamanti con la splendida Casa Romei). Per l'antichità, oltre al ferrarese museo di Spina, all'altro grande "archeologico" di Parma e alla città etrusca di Marzabotto, l'italico demanio vanta musei nel piacentino, con gli scavi di Velleia; nel parmigiano e nel reggiano ci sono castelli, quello di Torrechiara e quello di Canossa che contiene il Museo "Naborre Campanini". In Romagna, su tutti il Nazionale, adiacente al complesso di San Vitale, che raccoglie gli immensi tesori di Ravenna e, nel cesenate, come si è detto, l'Archeologico di Sarsina con le memorie lapidee della necropoli di Pian di Bezzo.
Identikit per il museo
Dove e quando è nato. Da chi si è generato e come è cresciuto. Quale aspetto ha oggi e quale si pensa avrà domani. Che cosa mette in mostra e che cosa nasconde. Di che vive e con quali mezzi si alimenta. Caratteristiche, tratti salienti, tendenze: ogni museo viene minuziosamente descritto nel repertorio. Ma più dell'aspetto emerge il carattere. Non tanto, dunque, una foto formato tessera, ma una descrizione a mano libera del museo e d'ogni sua singola componente sulla base di indizi certi, testimonianze dirette, sopralluoghi e accertamenti documentali. "Ma sono anche in corso i controlli sui dati raccolti che più direttamente riguardano gli 'standard' museali, la gestione, i servizi, i livelli di funzionamento, il personale, i bilanci", afferma il direttore dell'IBC, Nazzareno Pisauri. Prossimamente verrà pubblicato un dossier conoscitivo sullo stato del sistema museale regionale. Numeri e cifre ci diranno in dettaglio com'è cambiata la situazione rispetto ai dati pubblicati una quindicina d'anni fa. Partendo da un dato, quel quasi quaranta per cento che include nuove istituzioni e piani radicali di ristrutturazione e riordino di musei esistenti prima del Novanta, che dimostra quanto sia profondamente mutato il quadro generale del sistema regionale nel corso dell'ultimo decennio.

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